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Regno Unito nei debiti: 100% del Pil. Poi i gioielli della Corona?

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Politica estera

06/11/2025

da Remocontro

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Il debito pubblico britannico ha superato il 100% del Pil. A Londra il governo laburista di Keir Starmer si dibatte tra vincoli di bilancio e fragilità per una manovra finanziaria realista che aiuti a gestire le passività pubbliche, il cui sorpasso sulla produzione dell’economia ha acceso molti campanelli d’allarme.

Una crisi di origini lontane

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, a fine anno il rapporto debito/Pil di Londra sarà al 103,4% e salirà di ulteriori 2 punti entro il 2030, consolidando una situazione di crescita stagnante, alto indebitamento e fragilità strutturale delle finanze pubbliche. Il debito in rapporto al Pil è cresciuto incessantemente dalla Grande Recessione a oggi, dal 2005 siamo infatti vicini al +150%, il dettaglio di Andrea Muratore su InsideOver. Le previsioni parlano di un buco di 50 miliardi di sterline. Per coprirlo servono nuove tasse, scelta che però rischia di aggravare la già debole crescita britannica. Il Paese si avvita così in una spirale di ‘stagflazione’: inflazione alta, crescita bassa e pressione fiscale crescente

‘Scelte dure’ sulle spalle di chi?

La Cancelliera dello Scacchiere, Ministro delle Finanze, Rachel Reeves ha parlato di ‘scelte dure’ che il governo dovrà fare, facendo trapelare la prospettiva che il governo alzi di circa 26 miliardi di sterline (oltre 30 miliardi di euro) le tasse per evitare una nuova politica di austerità. Una politica ‘tax and spend’ (imposte per finanziare servizi pubblici, programmi o progetti governativi). Il governo vuole investire nel sistema sanitario nazionale, tutelare il welfare dei cittadini e tenere sotto controllo il debito e per farlo potrebbe dover compiere misure come alzare di 2 penny per sterlina l’imposta sul reddito in buona parte delle buste paga. Una dolorosa violazione del manifesto elettorale di non aumentare l’imposta sul reddito, l’IVA o l’assicurazione nazionale per i lavoratori.

Anche effetto dei dazi Usa

Imperativo fermare un ‘fardello debitorio’ che si accumula anche per effetto dei dazi Usa, e rischia di gravare sull’intera economia del Regno Unito. Londra paga per il suo titolo decennale, una cedola del 4,4%, di un punto superiore a quella dell’Italia. Il Daily Telegraph ricorda che 100 miliardi di sterline l’anno sono divorati dal bilancio pubblico dai costi di servizio del debito. E questo rappresenta un pregiudizio per l’intera politica economica del Regno, fuori dall’Ue ma classificabile come ‘malato economico d’Europa’ assieme alla Francia. In cui alto indebitamento e bassa crescita si sommano in un clima di sfiducia. Mentre i governi di Londra e Parigi subiscono le attenzioni interessate dell’estrema destra pronta a approfittare elettoralmente dei loro shock.

Geopolitica della fragilità britannica

Il Regno Unito paga oggi il prezzo di anni di incertezze politiche (dalla Brexit al caos post-pandemico di Boris Johnson) e di politiche fiscali sbilanciate. Resta il ricorso al Fondo Monetario Internazionale. Un colpo geopolitico per una nazione che, dopo la Brexit, aveva proclamato la propria autonomia strategica. Londra, che un tempo si presentava come centro finanziario globale, si ritroverebbe sotto la tutela di un organismo multilaterale dominato da Washington e dagli equilibri internazionali. Il paragone con il 1976 non è solo una suggestione storica. È un monito: quando un Paese perde il controllo del proprio debito e della fiducia dei mercati, la politica interna non basta più. Il Regno Unito si avvicina a un punto di rottura, in cui la sovranità economica rischia di dissolversi nelle aule del Fondo monetario internazionale.

DUE CONTI IN STERLINE

  • Crisi economica segnata da crescita lenta, inflazione elevata, debito pubblico in aumento e un peggioramento della bilancia commerciale post-Brexit. Un problema crescente è la ‘crisi del worklessness’, un numero crescente di persone in età lavorativa si ritira dal mercato del lavoro per motivi di salute.

Fattori chiave della crisi economica

  • Crescita stagnante: L’economia britannica mostra una crescita molto modesta, con un rallentamento evidenziato da dati di produzione che sono stati negativi per diversi mesi nel 2025.
  • Inflazione e tassi di interesse: La Banca d’Inghilterra si trova a dover bilanciare il contenimento dell’inflazione con la gestione del debito pubblico, dato che i tassi d’interesse sono cresciuti e il rendimento dei titoli di stato a lungo termine ha raggiunto livelli record.
  • Debito pubblico: Il rapporto tra debito pubblico e PIL è aumentato in modo significativo, raggiungendo il 101,8% del PIL nel 2025, il livello più alto dal 1962.
  • Crisi del “worklessness”: Un numero crescente di cittadini in età lavorativa è inattivo a causa di problemi di salute fisica e mentale, una crisi che costa miliardi alle imprese e alla società britannica.
  • Effetti della Brexit: La Brexit ha aggravato la situazione commerciale, isolando il Regno Unito e riducendo gli scambi con l’Unione Europea.

Conseguenze e prospettive

  • Costo della vita: L’aumento dei prezzi ha generato malcontento diffuso e un peggioramento delle condizioni sociali, mettendo a dura prova i sistemi di welfare e le pensioni.
  • Sostenibilità del debito: L’elevato livello di indebitamento e la difficoltà nel attuare tagli di spesa necessari preoccupano i mercati e potrebbero innescare un aumento del costo del debito e una crescita tendenziale del debito stesso.
  • Potenziale ritorno degli anni ’70: Alcuni analisti mettono in guardia sul rischio di rivivere le crisi economiche degli anni ’70, caratterizzate da inflazione, deficit e stagnazione produttiva, che costrinsero il paese a chiedere aiuti al FMI.
  • Rischio di salvataggio internazionale: Si ipotizza che, a causa del collasso economico, il Regno Unito possa dover chiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale.
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