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Retromarcia Ue sul clima

Retromarcia Ue sul clima

Potrebbe piovere. La «flessibilità» sugli obiettivi green annunciata da von der Leyen mette in difficoltà la sua maggioranza. I tormenti di S&D e Renew

Negli edifici del Parlamento europeo a Bruxelles salta l’aria condizionata. Colpa dell’ondata di calore che travolge tutta Europa e che non è certo un caso o un’anomalia. Lo dimostra l’allarme lanciato dall’Onu sui costi globali dei disastri prodotti dal cambiamento climatico, più che raddoppiati dal 2000 a oggi e quantificati in oltre 200 miliardi di dollari l’anno.

Solo ieri in Italia, il bilancio delle vittime è di due uomini deceduti in due diverse spiagge della Sardegna, mentre una persona di 70 anni alla guida del suo camion è stata stroncato dopo essersi fermato in una piazzola di sosta in provincia di Brescia. A Parigi, invece, una bambina statunitense di soli 10 anni è morta per il caldo nel cortile della reggia di Versailles. Le previsioni meteo annunciano per il weekend un veloce passaggio da caldo estremo a pioggia altrettanto estrema su parte dell’Italia.

In questo clima, la Commissione europea presenta una revisione di medio termine sulla strada dell’obiettivo emissioni zero nel 2050. Un annuncio al ribasso, subito bocciato da ecologisti e gruppi politici Left e Greens. Forte anche lo scetticismo dei socialisti europei, già impegnati insieme ai liberali di Renew in un braccio di ferro politico con von der Leyen sul Green Deal. Ieri sera la leader del gruppo Renew, Valerie Hayer, ha avuto un lungo colloquio con la presidente della Commissione. Si è parlato della legge anti-greenwashing, bloccata dall’azione di Ppe e destre sovraniste. Lo stop ha fatto infuriare la parte progressista della maggioranza Ursula, sempre più preoccupata dei passi indietro nella transizione ecologica.

Ieri la Commissione ha fissato il nuovo target climatico per il 2040, quando si dovrebbe arrivare alla riduzione delle emissioni di CO2 del 90% rispetto ai livelli del 1990. Per arrivarci, l’esecutivo europeo introduce dei meccanismi che chiama di «flessibilità».

Il più controverso prevede la possibilità per gli stati di conteggiare, a partire dal 2036, una quota (il 3% del totale) di riduzione delle emissioni ottenute in paesi extra-Ue, in modo da pareggiare eventuali deficit nazionali. A questo «trucco» la Commissione ricorre sotto pressione di diversi paesi Ue, primi tra tutti la Francia e la Germania. Parigi ottiene l’inserimento del concetto di «neutralità tecnologica» nella proposta, ovvero un’apertura al nucleare. L’idea dei «carbon credit» internazionali è invece mutuata dal programma di coalizione dell’attuale governo tedesco, presieduto dal cancelliere Merz.

ORA A LIVELLO LEGISLATIVO, la proposta dell’esecutivo Ue si concretizzerà in emendamenti di revisione alla Legge europea sul clima, e dovrà passare all’esame di Parlamento e Consiglio Ue.

La politica è spaccata in due. La destra plaude al «pragmatismo» di von der Leyen. Per il governo italiano, il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin apprezza i minori vincoli, anche se il suo omologo ungherese Boka giudica il taglio dei gas serra del 90% addirittura «una follia».

Ma le reazioni di sinistra e progressisti all’Eurocamera non sono certo favorevoli. Il gruppo Left ricorda il pronunciamento del Comitato Ue sui cambiamenti climatici: l’organismo indipendente aveva consigliato un target di riduzione maggiore, ma i meccanismi di flessibilità ora concessi mettono a rischio perfino il raggiungimento del 90%. Infatti, il taglio degli inquinanti è «solo sulla carta» avverte Greenpeace, che poi sottolinea come «i cittadini di tutta Europa pagano un prezzo elevato per l’inadeguatezza delle misure climatiche. Quando il continente non è colpito da pericolose ondate di calore, è devastato da tempeste e inondazioni sempre più frequenti e distruttive».

Sul piede di guerra i Verdi, che respingono ogni ipotesi di esternalizzare nella protezione del clima e promettono di lavorare per ottenere un obiettivo climatico più alto possibile. «Con la Cop30 di novembre alle porte, non c’è tempo da perdere», avverte Bas Eickhout, copresidente del gruppo Green all’Eurocamera. «L’Europa deve dimostrare di essere ancora seriamente impegnata nella leadership climatica globale e spingere Paesi come la Cina e l’India a seguirne l’esempio».

UN RUOLO CHIAVE lo avranno i socialisti europei, che guidano la commissione Ambiente (Envi) all’Eurocamera: sarà quella la prima tappa di approdo parlamentare degli emendamenti alla Legge sul clima. Il Pd Anotnio Decaro, presidente di Envi, fa appello a gruppi politici e governi europei per raggiungere «un accordo ambizioso sull’obiettivo 2040». Ma soprattutto, l’ex sindaco di Bari mette in guardia: «La flessibilità non può diventare una scappatoia per la deregolamentazione».

DALLE COLONNE del Guardian, la vicepresidente della Commissione, la socialista spagnola Teresa Ribera, responsabile per la transizione ecologica, si era scagliata contro «la codardia politica» di chi ostacola «gli sforzi europei per affrontare la crisi climatica». Con un occhio alla devastazione nella sua Spagna, certo, e magari le migliori intenzioni. Poi però, sugli obiettivi 2040, la firma deve mettercela lei.

03/07/2025

da Il Manifesto

Andrea Valdambrini 

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