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Rischiare il carcere in Egitto per difendere i gazawi

Rischiare il carcere in Egitto per difendere i gazawi

Centinaia di egiziani stanno facendo pressione sul loro governo affinché permetta loro di formare un convoglio civile internazionale per scortare aiuti umanitari salvavita a Gaza, dopo che sei mesi di privazioni hanno spinto molti sull’orlo della fame, se non della carestia.

In una rara sfida al governo egiziano, dopo una protesta in solidarietà con Gaza il 3 aprile da parte di decine di attivisti, il regime ha risposto in modo tipico: almeno 10 manifestanti sono stati arrestati nelle loro case quella notte e la mattina successiva dopo aver partecipato alla manifestazione. Sono poi stati rapidamente rilasciati.

A Gaza, la ricerca di cibo si fa sempre più caotica, mentre i convogli di aiuti umanitari rimangono bloccati fuori dall’enclave, le gocce di cibo paracaducate dagli aerei raggiungono solo una parte delle persone e il progetto guidato dagli Stati Uniti di costruire un molo galleggiante entro la fine di aprile, al largo della costa, è in fase di intensi negoziati tra Stati Uniti, Nazioni Unite (compresi il Programma Alimentare Mondiale e l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari), Forze di Difesa Israeliane e altre parti politiche e umanitarie.

Le questioni in sospeso riguardano la posizione del molo e la sua messa in sicurezza. L’ONU vuole che il molo sia situato vicino al nord di Gaza, dove la gente è più disperata.

Raed Alhelou, un gazawi evacuato in Egitto di recente, ha detto che gli aiuti che arrivano nell’enclave non sono mai abbastanza e che i 2,1 milioni di palestinesi che vivono nella Striscia lottano per trovare cibo tra i bombardamenti e gli attacchi delle Forze di Difesa Israeliane (IDF).

Alhelou, che prima della guerra lavorava come manager finanziario, ha raccontato al telefono a PassBlue che lui e la sua famiglia, quando erano ancora a Gaza, mangiavano solo pochi cetrioli e pomodori al giorno, se riuscivano a trovarli. La carne non era disponibile, tranne quando i camion degli aiuti la fornivano, e anche quando ne trovavano era difficile comprarla. Alhelou ha detto di aver visto un pollo intero venduto a 100 shekel (27 dollari).

Il gruppo di attivisti che sta cercando di organizzare un convoglio di aiuti civili è composto da medici, avvocati e membri del partito politico socialista Pane e Libertà. Hanno inviato una lettera al Ministero degli Esteri egiziano con più di 13.000 firme da tutta la regione araba, sollecitando la consegna delle tonnellate di aiuti ammassate al valico egiziano di Rafah verso la Striscia di Gaza, inviate lì per evitare le lunghe ispezioni imposte da Israele. Gli attivisti vogliono che al convoglio partecipino civili di tutto il mondo.

La petizione fa parte di una campagna condotta da un gruppo chiamato Cairo-Gaza, precedentemente noto come Global Conscience Convoy, che ha esercitato pressioni sull’Egitto affinché mantenesse aperto il valico di Rafah per far entrare gli aiuti a Gaza senza il permesso di Israele. Finora le autorità egiziane non hanno preso posizione sulle richieste della campagna.

Ufficialmente, l’Egitto controlla il suo lato del valico di Rafah e le autorità palestinesi quello di Gaza. Tuttavia, Israele ha mantenuto un controllo indiretto sul lato gazawirifiutando l’ingresso di alcuni beni umanitari – come i kit per la maternità – e mantenendo il valico scarsamente operativo e non sicuro per l’ingresso dei convogli.

“Il ruolo dell’Egitto in questo caso è debole, dato che è un Paese confinante e non fa pressione su Israele per far entrare più aiuti”, ha dichiarato a PassBlue Mahinour el-Massry, un importante avvocato egiziano per i diritti umani.

Alla domanda sulla petizione per la creazione di un convoglio civile, Ahmed Abu Zeid, portavoce del Ministero degli Affari Esteri egiziano, ha risposto a PassBlue che, secondo la procedura standard, il Ministero ha bisogno di tempo per esaminare iniziative di questo tipo prima di approvarle. Non sono stati forniti altri dettagli.

La consegna degli aiuti a Gaza può essere letale. Il 1° aprile, l’IDF ha colpito tre veicoli appartenenti alla World Central Kitchen, un’importante organizzazione umanitaria internazionale, uccidendo sette dei suoi operatori. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che gli attacchi mortali sono stati “non intenzionali” e che “succede in guerra”.

L’organizzazione umanitaria con sede negli Stati Uniti chiede un’indagine indipendente sugli omicidi, dopo che Israele ha concluso la propria inchiesta il 5 aprile, affermando che “l’incidente non avrebbe dovuto verificarsi”.Almeno 196 umanitari, tra cui operatori delle Nazioni Unite, sono stati uccisi dal 7 ottobre a Gaza.

In seguito ai morti della World Central Kitchen e a una telefonata infuriata del presidente Joe Biden, Netanyahu ha accettato di aprire il lato israeliano del valico di Erez, nel nord di Gaza, e di permettere ai carichi di aiuti di passare attraverso il porto israeliano di Ashdod, anch’esso nel nord, oltre a prendere altre misure correttive.

António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato il 5 aprile: “Spero sinceramente che queste intenzioni annunciate si concretizzino effettivamente e rapidamente, perché la situazione a Gaza è assolutamente disperata”.

Finora non c’è stata alcuna azione da parte di Israele, ha dichiarato un funzionario delle Nazioni Unite a PassBlue.

19/04/2024

da Pagine Esteri

Di Fatma Khaled   Traduzione di Federica Riccardi

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