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«Rischioso essere nemico dell’America ma può essere fatale esserne amico»

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La battuta di Bernard Lewis usata dal Wall Street Journal per contestare «la guerra commerciale più stupida della storia che rallenterà l’economia americana». Il giornale economico critica in particolare i dazi più alti per i vicini degli Stati Uniti rispetto a quelli contro la Cina. «I famigerati avversari americani… Messico e Canada saranno colpiti da una tassa del 25%, mentre la Cina, un vero avversario, del 10%». Da qui la battuta del titolo. Poi il sempre peggior Musk contro l’Europa

 

Cina, Canada e Messico rispondono ai dazi di Trump

Trump prigioniero del modello ’campagna elettorale’ governa a sparate da comizio. E se in casa ha incassato consensi e presidenza, nel mondo gira diversamente. «La Cina si oppone con fermezza ai dazi al 10% decisi dal presidente americano Donald Trump all’import made in China e assicura l’adozione di contromisure corrispondenti», annuncia il ministero del Commercio di Pechino.

Pretesto ‘fentanyl’, dazio drogato

Gli Usa hanno imposto una tariffa aggiuntiva del 10% sulle importazioni cinesi con il pretesto della questione del ‘fentanyl’, la micidiale droga chimica che sta devastando gli Stati Uniti. «La Cina deplora e si oppone con fermezza a questa mossa e adotterà le contromisure necessarie per difendere i propri diritti e interessi legittimi», la risposta immediata di Pechino. Che giustamente ricorda come «La Cina è uno dei Paesi più severi al mondo sulla lotta al narcotraffico, sia in termini di politica sia di attuazione». In realtà, siamo di fronte al solito pasticcio Trump che mischia assieme Cina, Messico e Canada «colpevoli di non aver fermata l’ondata di farmaci velenosi negli Stati Uniti», in riferimento al fentanyl, la droga più potente dell’eroina che uccide milioni di americani. Produzione interna e inadeguate azioni di polizia è sempre colpa altrui.

Dal pacifico Canada ‘pan per focaccia’

Il Canada imporrà tariffe sulle merci Usa annuncia il primo ministro Justin Trudeau. «Imporremo dazi doganali del 25% sui prodotti americani per un totale di 155 miliardi di dollari canadesi (102 miliardi di euro)», ha annunciato il capo del governo di Ottawa. Il primo giro di tariffe colpirà subito beni Usa per 30 miliardi di dollari canadesi, seguito da ulteriori dazi su prodotti per un valore di 125 miliardi in tre settimane. Certamente non stiamo cercando l’escalation, ma difenderemo il Canada, i canadesi e i posti di lavoro canadesi», ha detto Trudeau. Grave politicamente per Trump, che le tariffe si applicheranno a beni di uso quotidiano come birra, vino, frutta, verdura, elettrodomestici, legname. Insomma, «il conflitto commerciale avrà ‘conseguenze reali’ per i canadesi ma anche per gli americani, tra cui perdita di posti di lavoro, costi più elevati per cibo e benzina, potenziali chiusure di stabilimenti di assemblaggio di automobili e accesso impedito a nichel, potassio, uranio, acciaio e alluminio canadesi».

L’antidroga Usa e il ricco riciclaggio?

La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha denunciato come ‘calunniosa’ l’accusa di Trump secondo cui il governo di Città del Messico avrebbe legami con il traffico di droga (sulle dubbie lontane frequentazioni personali di Trump si stanno scrivendo libri), e annuncia dazi di ritorsione. La presidente messicana ha accusato a sua volta i produttori di armi degli Stati Uniti di «fare affare con questi gruppi criminali in Messico». La Sheinbaum ha sottolineato che il suo governo ha sequestrato in quattro mesi «40 tonnellate di droga, tra cui 20.000 dosi di fentanyl». Le Dea antidroga Usa? Ha sfidato quindi il governo e le agenzie ufficiali Usa «a combattere la vendita di stupefacenti nelle strade delle principali città, cosa che non stanno facendo, e il riciclaggio di denaro». La presidente del Messico ha tuttavia anche proposto a Trump «una task force con i nostri migliori team di salute e sicurezza pubblica».

«Non è imponendo dazi doganali che troviamo soluzioni ai problemi, ma parlando e dialogando come abbiamo fatto in queste settimane con il suo Dipartimento di Stato per affrontare il fenomeno delle migrazioni; nel nostro caso, nel rispetto dei diritti umani».

Partenza col piede sbagliato, e contro l’Europa?

Dall’acciaio alle medicine fino al gas e al petrolio. La guerra dei dazi di Donald Trump è dunque iniziata. Male. Prima contro i vicini degli Stati Uniti e l’avversario cinese ma presto, stando alle minacce del presidente americano, potrebbe scagliarsi anche contro l’Unione europea che si dice pronta a difendersi. Sul come e sul quanto, la discordia Ue sembra regni sovrana. Col ministro dell’Economia Giorgetti che, meno ottimista della premier amica di Trump e Musk, teme che «Europa e Italia possano essere stritolate dalla concorrenza asiatica e americana».

L’Unione versione più a destra

Dopo le rinnovate minacce Usa, la cautelosa presidenza Ue replica con molti strati di morbidezza. «l’Ue resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi». Finezze linguistico diplomatiche molto utili col raffinato nuovo leader alla Casa Bianca. Mentre l’iniziativa di Trump arriva a meno di due settimane dal suo ritorno alla Casa Bianca, con la più grande economia del mondo che vuole tassare i suoi partner commerciali più importanti. Alleati compresi. Secondo il database Trade Data Monitor, infatti, nel 2023 le importazioni di beni statunitensi da Ue, Canada, Messico e Cina sono state di 1,9 trilioni di dollari, circa il 60% del totale.

Differenza tra spacconate ed economia

Dunque, nonostante l’opposizione degli investitori e il rosso di Wall Street, Trump ha mantenuto la promessa di imporre dal primo febbraio dazi del 25% a Canada e Messico e del 10% alla Cina. Mossa politico-economica molto rischiosa. Le tasse sulle importazioni da quei Paesi avranno un peso sulle tasche degli americani che, secondo uno studio dell’università di Yale, si tradurrà in 1.300 dollari di spese annuali in più per famiglia. «Gli americani capiranno, in attesa di diventare tutti più ricchi», è convinto The Donald. Per il Wall Street Journal «si tratta della guerra commerciale più stupida della storia che, in ultima analisi, rallenterà l’economia americana».

Contro l’Europa si muove Musk

Elon Musk scorretto come sempre torna sulla politica del Vecchio Continente dopo aver sostenuto il partito di estrema destra tedesco AfD e gli attacchi al governo laburista in Gran Bretagna. Questa volta l’uomo più ricco del pianeta ha deciso di lanciare ufficialmente il movimento ‘MEGA’, Rendi l’Europa di nuovo grande’, con un evidente riferimento allo slogan MAGA (Make America Great Again) di Donald Trump. Con l’ex Twitter ora X diventato lo strumento di propaganda della destra internazionale Occidentale a guida americana. «Gente d’Europa: unitevi al movimento Mega», ha scritto in un post sulla sua piattaforma sabato. La frase era stata usata anche dal premier ungherese Viktor Orban l’anno scorso, quando aveva la presidenza di turno dell’Unione europea ma con il trust dei miliardari alla Casa Bianca, ora ha tutto un altro peso.

Provocazioni autonome del miliardante?

Sono mesi che Musk lancia provocazioni e cerca di destabilizzare la politica europea, sottolinea la stessa agenzia Ansa. Dal sostegno al partito estremista AfD con spinte Nazi – la cui leader Alice Weidel è stata anche invitata all’insediamento di Trump a Washington – definito «la miglior speranza per la Germania», alle accuse al premier britannico Keir Starmer, colpevole di essere laburista, bollato come «essere spregevole». Ultima, la scemenza totale di rinominare la Manica ‘Canale George Washington’, sulla falsa riga dell’idea del suo boss di ribattezzare il golfo del Messico in ‘Golfo d’America’. Oltre al presunto saluto nazista all’inaugurazione del presidente, che Musk ha negato di aver fatto, o –peggio-, dell’invito alla Germania a «liberarsi dal suo senso di colpa e andare oltre il suo passato». Le incursioni del miliardario sudafricano hanno irritato molti leader politici in Europa (salvo alcune strette amicizie personali), e la settimana scorsa l’Ue ha reagito intensificando le indagini sugli algoritmi di X.

La Commissione europea ha, infatti, richiesto alla piattaforma di fornire una serie di documenti sui ‘sistemi di proposte’, ovvero gli algoritmi e i sistemi non trasparenti che suggeriscono agli utenti cosa leggere o seguire. Il proprietario della piattaforma ha risposto di essere un paladino della libertà di parola e ha accusato Bruxelles di censura. Sui ‘suggerimenti politici’ di Elon Musk, ormai parte ufficiale del governo di Donald Trump, il mondo dovrebbe avere le idee abbastanza chiare. E preoccupate.

03/02/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

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