Dopo il ponte di Crimea, la scontata ritorsione russa, questa volta su Odessa e Mykolayiv. Salve di missili sulle infrastrutture portuali e agli edifici di stoccaggio del grano. Salta l’accordo sui cereali e il prezzo finale lo pagheranno l’Africa e i Paesi poveri
Nel Donbass, la controffensiva ucraina incontra difficoltà, e tra la regione di Kharkiv e quella di Donetsk rischio di un contrattacco russo.
Le diverse guerre nella guerra
L’attacco ucraino nella Crimea di fatto russa e la risposta dura che si poteva temere. Stracciato l’accordo raggiunto con la mediazione della Turchia per il via libera all’export del grano di Kiev, attraverso il Mar Nero. Da ieri, il flusso vitale dei cereali verso le zone più disagiate del pianeta si è fermato. E adesso il rischio concreto è che il prezzo del pane, in molte regioni già sull’orlo della bancarotta economica, schizzi alle stelle. Innescando furiosi tumulti sociali e meno prevedibili (e sempre possibili) esodi biblici. In particolare, ci riferiamo a Egitto, Indonesia, Bangladesh, Filippine è molti Stati africani. Ma questo è solo il colpo di coda, potenzialmente catastrofico, di una giornata spesa a scrutare le possibili reazioni russe alla ferita del ponte di Kerck resa possibile -l’accusa di Mosca-, solo con l’assistenza tecnica satellitare americana o britannica.
La risposta dal Cremlino
Un nugolo di droni d’assalto e qualche missile Kaliber sono stati lanciati da Mosca sul porto di Odessa e nei dintorni di Mikolayv. Danni mirati alle strutture portuali e ai silos di stoccaggio del grano. Il Ministero della Difesa di Mosca, commentando l’operazione, ha detto che si è trattato di una rappresaglia «effettuata con armi di precisione lanciate dal mare», a sottolineare il controllo totale della Marina militare russa sul Mar Nero. La risposta al governo ucraino, che vorrebbe, in qualche modo, continuare a garantire l’esportazione del suo grano. In sostanza, significa: state attenti, perché potremmo pure attaccare le navi-trasporto. Non è stato detto apertamente, ma il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, ha più volte ribadito «che tale azione sarebbe rischiosa, perché la regione si trova vicino a un’area dove sono in corso combattimenti. E se provano a fare qualcosa senza la Russia, questi rischi devono essere presi in considerazione».
Non ha detto che affonderanno le navi cariche di grano, ma lo indirettamente minacciato. Rivelatrice l’accusa secondo cui «I nostri militari hanno ripetutamente affermato che l’Ucraina ha utilizzato questi corridoi del grano per scopi militari».
Chi vuole alzare la soglia dello scontro?
La controffensiva di Zelensky, probabilmente, non otterrà i risultati che la Nato si aspettava. Ieri, abbiamo riportato le parole oneste e chiarificatrici del vice Ministro della Difesa di Kiev, la signora Mylar sulla difficoltà delle truppe ucraine nella regione di Kharkiv. Oggi, basta leggere titolo e sommario del Washington Post, per rendersi conto dove Europa e Stati Uniti stiano andando a parare. «L’Ucraina mira a indebolire le difese della Russia – campeggia sull’articolo – mentre l’America sollecita una svolta decisiva». E poi: «I comandanti ucraini devono ancora usare le tattiche offensive su larga scala, per le quali sono stati addestrati. Perché Kiev afferma che servono più armi per combattere la guerra che Washington vuole». Già, «la guerra che Washington vuole». Giornalismo onesto e notizie di prima mano, ma anche la conferma di una verità solare, che solo chi non vuole vedere non vede: gli ucraini muoiono in prima linea e non avanzano.
Ma i generali Cadorna della situazione, come avveniva per le truppe italiane mandate allo sbaraglio sull’Isonzo, elaborano le loro tattiche al di là dell’Atlantico. Se non si chiude in fretta questa sporca guerra, con la pace più giusta possibile, i “danni collaterali” toccheranno tutti i Paesi del mondo. Specialmente quelli più poveri e fragili, che potrebbero essere messi in ginocchio.
19/07/2023
Abbiamo ripreso l'articolo
da Remocontro