Informati che solo la metà di noi italiani maggiorenni siamo andati a votare, non si riesce a leggere praticamente da nessuna parte quanti sono e concittadini che sulla scheda hanno scritto Meloni, o Schlein, o chi preferite voi? Che c’entra?
Ma se vogliamo ragionare di politica seriamente, e capire come si muovono i consensi popolari verso un certo partito, un certo leader e una certa politica, sono quelli i numeri che contano. Mentre gli astenuti che crescono sono un ‘meno’ per tutti.
Quanta è la destra che vince?
Con meccanismo esclusivo delle percentuali, può accadere che un partito perda centinaia di migliaia di voti, ma nel calo generale delle persone andate a votare ‘cresca’ in percentuale e possa sbandierare una falsa vittoria. E noi lettori ed elettori medi non sapremo mai quanti sono quelli che la pensano come noi e quanti che pensano il contrario, i reali votanti oggi del partito rosso, di quello blu, o di quello nero.
Tutti perdono votanti ma alcuni si applaudono
Ad esempio Giorgia Meloni, e non per essere maligni e di parte (come apertamente siamo), ma lei offerta al pubblico addirittura europeo come la sola premier che vince mentre tutti gli altri perdono, lei di votanti ne ha persi per strada quasi 700mila, ed è una strage. Stesso discorso vale per l’avversaria Schlein, l’altra ‘vincente mediatica’ celebrata in Italia, ma lei i voti che aveva prima almeno li ha conservati.
Vincenti mediatici
Ma proviamo ad utilizzare il maccanismo delle percentuali in maniera un po’ più seria, onesta potremmo anche dire. Ed ecco che quell’importante al 28,8% di Fratelli d’Italia, ottenuto da qual partito a crescere rispetto alle precedenti elezioni, ragionato sugli elettori reali, scopri che ha perso circa il 10 per cento dei voti che aveva alle politiche, passando da più di 7,4 milioni a 6,7 milioni di voti. Settecentomila elettori persi per strada, e non è una botta da poco. Ma questo non lo abbiamo sentito in alcun giornale radio o telegiornale pubblici o provati. Distratti.
Legge dell’astensione: giù i votanti su le percentuali
Dal caso Meloni-Fratelli d’Italia appena citato la dimostrazione didattica facile: ‘se cala il numero dei votanti si alza la percentuale di chi ha votato’. Detto altrimenti, più alta è l’astensione, meno votanti, più alte risulteranno le percentuali calcolate sui votanti. Consenso relativo.
Memoria storica come ulteriore aiuto a capire
«Bisogna fare un salto indietro di 25 anni, al 1999, per trovare un’altra elezione europea con il partito vincitore al di sotto del 30%. Come Fratelli d’Italia che si è fermato al 28,8%», rileva Andrea Fabozzi, ma lui è direttore del Manifesto ed autorizzato ad essere fazioso. ‘Fazioso’ a ricordare verità scomode. Tipo che dal 1999 in poi, nelle quattro elezioni europee, la prima lista è sempre andata oltre la soglia del 30%: lo ha fatto l’Ulivo di Prodi nel 2004 (31%), il Popolo delle libertà di Berlusconi nel 2009 (35,3%), il Pd di Renzi nel 2014 (40,8%) e c’è riuscita anche la Lega di Salvini nel 2019 (34,26%), sempre con percentuali di affluenza alle urne superiori a quella registrata in questo 2024.
Le ‘altre’ percentuali da nascondere
Resta da aggiungere che negli ultimi dieci anni – 2014 e 2019 – il partito vincitore nel passaggio dalle politiche alle europee ha clamorosamente aumentato la quota dei suoi voti: sia il Pd che la Lega sono cresciuti di colpo di 15 punti percentuali. Invece Meloni l’8 e 9 giugno si è dovuta accontentare di un +3%, nemmeno pieno. Inquadrata in questo modo, la «vittoria» di Giorgia Meloni, la più risicata degli ultimi 25 anni, appare assai meno netta di come l’interessata e la stampa ‘amica’ o superficiale la stia raccontando. Con Fratelli d’Italia e Pd, divisi alla fine da poco più di un milione di voti assoluti e poco meno di 5 punti percentuali.
Dati reali seminascosti
Guardando i risultati con un po’ più di attenzione scopri dettegli decisivi. Fratelli d’Italia, raccontano i numeri, ha perso circa il 10% dei voti che aveva alle politiche, passando da più di 7,4 milioni a 6,7 milioni di voti. Settecentomila elettori persi per strada, avevamo già detto. E ha perso ovunque, in tutte e cinque le circoscrizioni. Soprattutto nelle isole, perché lì il calo dei votanti è stato il più alto, oltre il 28% degli elettori (e FdI ha perso il 24% dei suoi voti assoluti). Nel dettaglio quasi il 12% dei voti delle politiche al centro, il 6,3% di quei voti al nord est, il 5 e il 4 percento di quei voti al nord ovest e al sud.
A sinistra questa volta va meglio
Non così il partito democratico, che ha confermato i voti che aveva raccolto alle politiche 2022 (piccolissime variazioni: 5,6 milioni erano gli elettori del Pd e 5,6 milioni sono rimasti). La tenuta del partito di Schlein è omogenea in quattro circoscrizioni, guadagna addirittura qualche decina di migliaia di voti al nord est, al nord ovest e al centro. Ne guadagna 200mila al sud, ma perde nelle isole a fronte di un crollo verticale dell’affluenza in quella circoscrizione. Verdi e Sinistra i vincitori reali che in un colpo solo ha aumentato i suoi voti del 50%, passando dal milione di voti assoluti di settembre 2022 al milione e mezzo di voti scrutinati ieri.
Studenti fuori sede, mondo al contrario
Smentendo molti luoghi comuni, i ragazzi lontani da casa alla fine a votare ci sono andati. L’80,8 di votanti tra quelli che ne hanno avuto la possibilità (con gravissimi e sospettabilissimi ritardi burocratici da molti comuni che ne hanno ridotto il numero).
E quei giovani, al contrario della tendenza nazionale, nel 40,3 per cento dei casi a Strasburgo avrebbero mandato esponenti di Alleanza Verdi-Sinistra, nel 25,4 del Partito Democratico, nel 10,2 di Azione, nel 7 per cento circa rispettivamente di Stati Uniti d’Europa e Movimento 5 stelle e solo nel 3,3 per cento dei casi di Fratelli d’Italia (per poi scendere al 2,3 di Forza Italia e addirittura allo 0,53 della Lega). Un mondo al contrario, o quasi.
11/06/2024
da Remocontro