Vertici ucraini ancora più sotto tiro come risposta di Mosca all’uccisione di Igor Kirilov, il generale che comandava le Truppe di Difesa Radiologica, Chimica e Biologica (Voyska RKhB zashchiti). Kirillov è stato ucciso da una bomba piazzata su un monopattino esplosa a poca distanza da lui. Kiev rivendica: “Era un criminale di guerra e un obiettivo legittimo”. Mossa pericolosissima per i vertici di Kiev bersagli di risposta.
Dove sembra totalmente perdente Mosca è in Siria, con la caduta di Assad. Perché Putin non ha difeso Damasco? Le risposte di tre analisti russi. La pressione sul fronte ucraino costringe Mosca a rivedere le sue priorità, lasciando le basi sul Mediterraneo in bilico. Guardando all’Africa del nord vicina
Il generale tecnologico
Un’unità d’élite la ‘Voyska RKhB zashchiti’, comandata da Igor Kirilov, garantire la sicurezza e l’efficienza dei depositi di armi di distruzione di massa e in particolare di armi nucleari. Specializzato alla NBC Protection Military Academy come esperto di protezione dal rischio, nel 2017 ha contribuito a smantellare gli ultimi depositi di armi chimiche del regime siriano di Bashar al-Assad, dal 2018 al 2021 ha supervisionato l’uso di testate termobariche, e dal 2022 è impegnato in prima linea nella guerra in Ucraina. Figurava ai primi posti nella lista dei generali sanzionati dalle potenze occidentali.
‘Bersaglio specchio’: chi in Ucraina?
Chi aveva interesse a eliminare Kirillov, forse proprio per la vendetta che arriverà? Certo, la Russia la puoi anche colpire in casa. Chi ha voluto colpire Kirillov, ha mostrato la ‘porosità’ russa anche nella fase ormai vincente della guerra. Nei giorni scorsi, tra i raid di Mosca contro l’infrastruttura energetica ucraina, che hanno lasciato al buio e al freddo nel rigido inverno mezzo Paese, e le prime incursioni degli Atacms americani in terra russa. E badate che strano: più si parla di possibile fine della guerra in Ucraina, più colpi di scena alimentano tendenze contrarie. Contraddizioni estreme anche in Siria, dove tutto ciò che appare oggi non è detto sia la realtà di domani.
Caduta di Assad, crisi russa in Medio Oriente
Perché Putin non ha difeso Damasco? Le risposte di tre analisti russi su Limes. La pressione sul fronte ucraino costringe Mosca a rivedere le sue priorità, lasciando le basi sul Mediterraneo in bilico. Mentre i militari russi sul territorio siriano si ritirano verso le basi principali a Latakya e Tartus, segnala Analisi Difesa. Il rischio di dover riconsegnare ai prossimi governanti di Damasco basi militari così utili alla Russia per la sua presenza nel Mediterraneo. Il mancato intervento di Mosca in difesa dell’alleato alawita e dei suoi interessi sono state interpretate dai media russi in modi diversi. Elemento quasi comune, di una scelta obbligata per la massima concentrazione sul fronte ucraino. Anche voci critiche sull’abbandono del fronte siriano.
L’avventura russa in Siria
«Iniziata ben prima dell’invasione d’Ucraina di quasi tre anni fa, l’avventura russa in Siria del 2015 aveva portato alla Russia prestigio e influenza in Medio Oriente, una sicura proiezione mediterranea e l’opportunità di danneggiare gli interessi degli Usa e dei suoi alleati regionali», la sintesi di Mauto De Bonis di Limes. La Russia post sovietica tra le potenze globali. «Con la base navale di Tartus e quella aerea di Hmeimim, a sorvegliare gli stretti che portano al Mar Nero così da raggiungere con più facilità amici africani di vecchia e nuova data».
Tre analisti russi
Ivan Bočarov, esperto di Siria e Program Coordinator al Russian International Affairs Council di Mosca. «Innanzitutto perché in questo momento la Russia ha altre priorità e compiti, poi perché gli sviluppi in Siria sono stati così rapidi da non permettere una risposta adeguata e infine a causa di una situazione del paese mediorientale che negli anni non si è sviluppata: nessuna riforma attuata, nessun dialogo con l’opposizione, nessuna evidente prospettiva per il potere.
Ruslan Pukhov, direttore del Centro analisi di strategie e tecnologie, che senza mezzi termini imputa alla leadership della Federazione una serie di errori fatali per la “disfatta siriana”. A cominciare dal “farsi coinvolgere in una lunga guerra” e di non aver trovato il modo di uscire in tempo dalla campagna siriana. La “lunga guerra in Ucraina” il conseguente indebolimento di Mosca in terra siriana a riprova dei limiti da grande potenza della Federazione.
Fëdor Luk’janov, direttore di Russian in Global Affairs, che colloca però “la brutta notizia”, per Mosca, del crollo degli al-Asad in un contesto più ampio, con i decisori russi spinti a tralasciare l’impegno siriano dalla priorità ucraina. Panorama internazionale dove primeggiare non ha più molta importanza. Meglio stabilità e sviluppo.
Russia solo ‘potenza regionale’ come disse Obama?
Il destino dei centri militari di Tartus e Hmeimim ristrutturati da Mosca con notevoli investimenti, è un tema non secondario nella vicenda dei futuri rapporti russo-siriani. Nell’accordo firmato con Damasco nel 2017 le basi le può occupare per 49 anni. In caso di un niet siriano, la Russia è pronta a difenderle con le armi? Ivan Bočarov: «Se queste basi creano più costi e spese che benefici, allora Mosca le abbandonerà».
Ritiro russo dalla Siria verso la Libia?
Mentre i militari russi presenti sul territorio siriano si concentrano nelle basi di Latakya e Tartus, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov a chi gli chiedeva se era vero che Mosca aveva deciso di trasferire in Libia le forze schierate nelle due basi siriane, in Siria resta: «Siamo in contatto con i rappresentanti delle forze che controllano la situazione nel Paese. Tutto sarà deciso attraverso il dialogo». Sulla Libia presta la sia attenzione Difesa, che ricorda «la presenza russa in almeno tre aeroporti libici controllati dall’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar, con la possibilità di utilizzare una parte del porto di Tobruk (o altri porti della Cirenaica) come base navale per garantire le stesse infrastrutture presenti a Tartus».
Mosca da Al-Jolani
Gli inviati militari russi hanno incontrato esponenti di HTS nel quartier generale dei miliziani all’hotel Four Seasons di Damasco, per negoziare il passaggio sicuro dei loro militari. Kamal Labadid, dell’ufficio politico di Hayat Tahrir al-Sham, ha confermato al Financial Times che la Russia non sta lasciando Hmeimim, ma sta ritirando il personale da altre basi sparse sul territorio. Mentre la rappresentante Ue per gli Affari esteri Kaja Kallas va all’attacco di Mosca: “Ci dovrebbe essere una condizione per la nuova leadership siriana: la liberazione dall’influenza russa”.
«Curioso -osserva Gaiani-, che benché l’UE non abbia ancora riconosciuto la nuova dirigenza siriana, non esiti a porre condizioni. Peraltro di dubbia efficacia considerato che HTS e le altre milizie che hanno in mano la Siria rispondono alla Turchia, non certo alla UE».
18/12/2024
da Remocontro