Stati Uniti e Russia quasi come in guerra, hanno fatto il più grande scambio di prigionieri dalla caduta del Muro di Berlino. Sedici detenuti in Russia e Bielorussia in cambio di otto russi detenuti in Occidente. Gli Usa hanno ottenuto il rilascio di giornalisti accusati di spionaggio, attivisti e dissidenti russi, Mosca quella di detenuti sospettati di essere al soldo o parte dei loro servizi segreti. L’accordo ha coinvolto cinque Paesi europei.
‘Guerra tiepida’
«Oggi assistiamo alla dimostrazione inconfutabile del perché è vitale avere amici in questo mondo», dichiara il presidente Biden dalla Casa bianca, vantando il rilascio di attivisti come Kara-Murza e Orlov e del giornalista del Wall street journal Gershkovich. Il presidente Putin ha firmato dei provvedimenti di grazia per i prigionieri scelti dagli Usa ma ha preferito non commentare lo scambio. Per Biden lo scambio era uno degli obiettivi principali dell’ultimo semestre di presidenza. Per i detrattori dell’accordo è un regalo a tutti gli autocrati che in futuro vorranno ottenere la liberazione di criminali.
‘Prisoner swap’, difficile scambio
Si tratta del più grande e complesso ‘prisoner swap’, scambio di prigionieri tra Washington e Mosca, e più in generale tra Ovest ed Est, dai tempi della guerra fredda. Un’operazione celebrata da Joe Biden, con i famigliari dei prigionieri liberati alla Casa Bianca, come ‘un’impresa diplomatica e un potente esempio dell’amicizia degli alleati’.
I nomi eccellenti dei liberati
I nomi eccellenti sono diversi: il più famoso forse è Gershkovich, primo giornalista americano arrestato per spionaggio dai tempi della guerra fredda e condannato a 16 anni di galera, dove stava da 490 giorni. Whelan era in cella invece dal 2018, anche lui condannato a 16 anni per spionaggio. Tra i prigionieri di Putin finiti in Usa Vladimir Kara-Murza, il più noto dissidente (con nazionalità russa e britannica) rimasto in carcere con una pena a 25 anni (insieme a Ilya Yashin, anche lui liberato), e la giornalista russo-americana di Radio Free Europe Alsu Kurmasheva (6 anni e mezzo per aver criticato la guerra in Ucraina). Rilasciato anche il veterano dei diritti umani e condirettore dell’ong Memorial Oleg Orlov. Berlino ha accolto 12 tra prigionieri politici russi e cittadini tedeschi: tra loro anche il mercenario Rico Krieger, condannato per terrorismo a Minsk e graziato da Alexander Lukashenko, alleato dello zar.
Ad Ankara la liberazione materiale dei prigionieri
Lo scambio è avvenuto all’aeroporto Esenboga di Ankara, dove sono atterrati ben sette aerei che poi hanno rimpatriato i vari prigionieri. A supervisionare l’operazione i servizi segreti della Turchia, Paese Nato che ha buoni rapporti con Mosca e che nell’aprile del 2022 facilitò anche lo scambio tra l’ex marine Trevor Reed e il pilota russo Konstantin Yaroshenko. Dietro però ci sono lunghi e difficili negoziati multilaterali, con un ruolo cruciale giocato dalla Cia e dal suo capo Bill Burns.
Successo politico diplomatico di Biden
L’operazione segna sicuramente una vittoria politica e diplomatica per Joe Biden e anche per la sua vice ed ora candidata presidenziale Kamala Harris (coinvolta nei negoziati), in un momento in cui l’immagine della Casa Bianca risulta fortemente indebolita dall’escalation in Medio Oriente. Al contrario è un brutto colpo per Donald Trump, che denunciava la debolezza del ‘commander in chief’ anche sul dossier prigionieri promettendo che li avrebbe riportati a casa lui una volta rieletto. Successo anche per Putin, annota l’agenzia ANSA, che mostra lealtà ai suoi agenti arrestati all’estero, ma col rischio di aver graziato e liberato oppositori che potrebbero rianimare la moribonda opposizione russa in esilio. Qualche problema per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, per alcuni condannati impropriamente ‘graziati’. Biden ha lodato “le decisioni coraggiose degli alleati che ci hanno sostenuto durante le difficili e complesse negoziazioni…, tra cui Germania, Polonia, Slovenia, Norvegia e Turchia”. Con un grazie speciale a Berlino che ha dovuto fare “concessioni significative senza chiedere nulla in cambio”.
I prigionieri da Biden e Harris, Trump attacca
Donald Trump attacca l’accordo insinuando che sia sfavorevole a Washington e che siano stati pagati soldi, anche se la circostanza è stata esclusa dal consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan. Washington aveva lavorato a un accordo “che avrebbe dovuto includere anche Alexei Navalny, ma sfortunatamente è morto”, ha rivelato sempre Sullivan.
E’ lo stesso Biden a replicare direttamente Trump ricordando che alcuni dei prigionieri liberati erano in carcere russo dai tempi della presidenza Trump, chiedendo come mai l’allora capo dello Stato non abbia esercitato i poteri che oggi vanta per liberare gli ostaggi durante la sua presidenza.
02/08/2024
da Remocontro