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Sciopero generale contro la manovra, “gli stipendi non permettono più di arrivare a fine mese”. Scuola, sanità, trasporti: chi si ferma

Sciopero generale contro la manovra, “gli stipendi non permettono più di arrivare a fine mese”. Scuola, sanità, trasporti: chi si ferma

Risorse insufficienti per la sanità pubblica e gli altri servizi, finanziamenti inadeguati per il rinnovo dei Ccnl pubblici, riduzione del turnover che non consentirà di affrontare la grave carenza di personale in molti comparti. E azioni troppo timide per sostenere i salari dei lavoratori, il cui potere d’acquisto è stato falcidiato dall’inflazione. Sono le motivazioni dello sciopero generale del 29 novembre 2024 indetto da Cgil e Uil contro la manovra. La protesta durerà 24 ore, dalle 21 di giovedì 28 novembre alle 21 di venerdì 29 novembre. I settori a rischio stop sono i trasporti pubblici locali, gli aerei, la scuola e la sanitàgià interessata dalla mobilitazione del 20 novembre. Solo il trasporto ferroviario resta fuori, su richiesta della commissione di garanzia sugli scioperi. Dopo la precettazione decisa dal ministro Matteo Salvini, che ha aperto un nuovo scontro con i sindacati, i bus, i tram e le metropolitane dovrebbero fermarsi solo per quattro ore, con orari differenti da città a città e fasce di garanzia. Sono previste per tutta la giornata manifestazioni sui territori.

Le sigle chiedono al governo di modificare una legge di Bilancio “del tutto inadeguata a risolvere i problemi del Paese” e premono per “l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni oltre al finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali”. Il leader della Cgil Maurizio Landini come è noto ha invitato alla “rivolta sociale” perché ritiene del tutto insufficiente la conferma del taglio del cuneo – peraltro con modalità che comportano piccole perdite per molti lavoratori: “Ci vendono le stesse cose ogni anno, mentre aumentano i profitti e chi lavora non arriva alla fine del mese”, ha detto spiegando le motivazioni della protesta. “Quando tagli la sanità, tagli i soldi da dare ai Comuni e alle Regioni vuol dire che tagli dei servizi, vuol dire che la vita normale delle persone peggiora“. In conclusione, la manovra “fa pagare un prezzo troppo pesante a chi normalmente per vivere ha bisogno di lavorare e oggi si trova con un lavoro precario, si trova con una sanità che non funziona e si trova con una scuola e dei servizi che mancano, ma che soprattutto si trova con uno stipendio che non gli permette di arrivare alla fine del mese”.

“In questo Paese”, ha aggiunto Pierpaolo Bombardieri, “purtroppo continuano a pagare le tasse soprattutto i lavoratori dipendenti e pensionati. Penso che questo Paese dovrebbe prima o poi interrogarsi su come mantenere lo stato sociale e chi lo paga. Sono tutti temi sui quali abbiamo chiesto al confronto di cambiare le scelte fatte e di aprire un confronto”.

I dati Ocse mostrano che in Italia tra 1990 e 2020 il potere d’acquisto degli stipendi è diminuito del 2,9% a fronte di una crescita del 18,4% nei Paesi Ocse e del +22,6% in media nella zona euro. E un rapporto della Fondazione Di Vittorio mostra che la situazione è ancora peggiore se si allarga l’analisi fino al 2023, includendo quindi gli anni segnati dalla fiammata dell’inflazione. Tra 1991 e 2023 i salari italiani, a prezzi costanti, sono diminuiti di oltre 1000 euro mentre in Germania salivano di oltre 10mila, in Francia di oltre 9.600 e in Spagna di 2.500.

29/111/2024

da Il Fatto Quotidiano

Redazione

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