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Seminascosta la guerra Usa-Cina per il Canale di Panama

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Politica Estera

14/08/2025

da Remocontro

Piero Orteca

Violenze, scioperi e gente nelle strade. La tranquillità di Panama negli ultimi mesi sembra un lontano ricordo. D’altro canto, la partita è grossa: in ballo c’è, di fatto, il controllo del Canale, che consente di passare dall’Atlantico al Pacifico, risparmiandosi il periplo dell’America Meridionale e la mitica e burrascosa rotta di Capo Horn.

L’altro lato del mondo per l’Europa strabica d’Ucraina

Ma che succede di tanto importante dall’altro lato del mondo, mentre l’Europa è tutta concentrata sull’Ucraina? Semplice, Trump vuole rientrare assolutamente in gioco, cercando di riportare in mani americane questa infrastruttura strategica che, secondo lui, i cinesi gli stanno scippando. Così, nel silenzio più assoluto dalle nostre parti, all’Onu invece, tra i rispettivi ambasciatori è finita quasi a piatti in faccia. La verità è che il desiderio di ‘possesso’ di Trump sta diventando ossessione, da quando i cinesi sono sbarcati in forze (e ti pareva) anche a Panama. Nessuna ‘presenza’ militare, per carità, ma un ben più remunerativo (e proliferante) dinamismo imprenditoriale. Che, agli occhi atterriti di Trump, potrebbe contagiare anche il resto dell’America Latina.

Balboa e Cristobal in mani cinesi

Gli omini con gli occhi a mandorla sono arrivati dalle parti di Balboa e Cristobal e hanno acquisito la proprietà di tutti gli impianti portuali, attraverso una società, la Panama Ports Company, una sussidiaria della CK Hutchinson, con sede a Hong Kong. Non solo. A complicare tutto c’è di mezzo anche un contratto (stipulato nel 2021) che, secondo recenti accuse (di comodo?) consentirebbe ai cinesi di fare largo uso di subappaltatori ‘che evadono le tasse’. E, per finire, come ciliegina sulla torta, c’è anche l’esigenza della Hutchinson di vendere tutto il suo ‘portafoglio-porti’ a livello mondiale. Un affare da quasi 23 miliardi di dollari. Cosa, quest’ultima, che vede però la Cina messa di traverso. Se Hutchinson non vende, le infrastrutture dei porti del Canale di Panama restano nelle mani di Pechino. E Trump esce di testa e potrebbe essere portato dalla sua indole spiccia a passare a vie di fatto. Vuole il Canale, punto.

Diritto internazionale e slogan

Il diritto internazionale, anche in questo caso, diventa la solita litania di slogan prefabbricati, tanto cari a lui e ai suoi alleati di Bruxelles. Una cortina fumogena per i gonzi. Ecco perché i cittadini di Panama protestavano: la Casa Bianca ha già cominciato fin dal 20 gennaio scorso (il giorno dell’insediamento di Trump) a minacciare il Presidente centramericano Josè Raul Mulino, e i suoi elettori se ne sono accorti. In primis, gli ha ‘suggerito’ di trovare il modo di sbarazzarsi dei cinesi, prima che Washington adotti metodi più pesanti. Diplomazia internazionale? Beh, sembra più il linguaggio della malavita. E Mulinao, poveretto, sta abbozzando, e ha provato ad affondare gli omini di Xi Jinping per vie… costituzionali.

Versione filo Trump

«Il controllore generale panamense Anel Flores – scrive a questo proposito il think tank Stratfor – ha dichiarato che Panama Ports, non ha ricevuto le autorizzazioni necessarie per estendere la concessione del Canale di Panama nel 2021, mentre si avvale di subappaltatori esenti da tasse per ridurre l’importo che paga al governo locale. I risultati preliminari dell’audit – a questo punto – potrebbero portare alla revoca della concessione e probabilmente rappresenteranno un ostacolo per la proposta di acquisizione da parte di Blackrock, per 22,8 miliardi di dollari, dei porti di CK Hutchison a livello globale, inclusi entrambi i lati del Canale panamense. Data la significativa dipendenza economica di Panama dagli Stati Uniti e le ricorrenti minacce del Presidente statunitense Donald Trump di riconquistare il Canale – sostiene ancora Stratfor – è probabile che il governo panamense agisca contro gli interessi delle aziende cinesi per compiacere Washington. Ciò significa che le aziende di Pechino, in settori strategici a Panama, tra cui logistica, infrastrutture e telecomunicazioni, dovranno probabilmente affrontare rischi contrattuali nei prossimi anni».

Versione cinese

Ma qual è la vera storia giuridica del Canale di Panama, e a quali ipotetiche ‘trasgressioni’ contrattuali si potrebbe appellare Trump per giustificare una sua forzatura? Nel 1903 gli Usa ottennero una striscia di terra larga 16 chilometri, pagando 10 milioni di dollari e una rendita annuale di 250 mila dollari a Panama. Inaugurato nel 1914, fino al 1977 il Canale venne controllato dagli Stati Uniti. Ma, in seguito, il Presidente Jimmy Carter cedette la gestione a Panama (Trattati Torrijos-Carter), che fu parziale fino al 1999 e totale a partire da quella data. Ora, lasciando per un attimo fuori dal nostro discorso il ‘convitato di pietra’, cioè la Cina, occorre sottolineare come esistano altre rivendicazioni espresse con forza dalla Casa Bianca. In sostanza il «Trattato sulla neutralità permanente e il funzionamento del Canale» stabilisce che il governo panamense «deve garantire e aprire al transito pacifico le navi di tutte le nazioni, in condizioni di totale uguaglianza, in modo che non vi sia discriminazione nei confronti di alcuna nazione, o dei suoi cittadini o sudditi, per quanto riguarda le condizioni o le tariffe di transito, o per qualsiasi altra ragione».

 Problema tecnico

Il problema è però insito nella stessa struttura asimmetrica del Canale, che avendo differenti livelli, impone l’utilizzo di chiuse e una disciplinata organizzazione di navi in fila indiana. Ma sovraffollamenti e ritardi condizionano il transito e danno origine a un fenomeno di ‘by-pass’ con sovrapprezzo. Insomma, se non vuoi rimanere bloccato a veder deperire le tue merci, devi pagare una sorta di ‘pizzo’ (la chiamano «tariffa salta la fila»). Per colpa delle chiuse, necessarie per superare le pendenze e per consentire alle navi di arrivare a determinati punti di controllo), si verificano, quindi, ritardi e sovraffollamenti di imbarcazioni. «Recentemente – scrive Aidan Carney, dell’Università di Miami – è stato segnalato che le compagnie di trasporto pagano tariffe per bypassare altre navi e ridurre i tempi di spedizione. Ciò ha costretto le navi a pagare somme esorbitanti per soddisfare le aspettative di consegna o a rimanere bloccate nelle vie d’acqua che portano al Canale per diversi giorni.

Torrijos-Carter e forzature Trump

  • «Se si accertasse che i Trattati Torrijos-Carter sono stati violati – sostiene ancora Carney – ciò consentirebbe agli Stati Uniti di assumere la piena proprietà del Canale? I Trattati prevedono, ai sensi delle Modifiche del Senato Usa, che gli Stati Uniti esercitino il proprio diritto a garantire che il Canale ‘rimanga aperto, neutrale, sicuro e accessibile’. Gli Stati Uniti potrebbero sostenere che questo diritto garantisce al governo americano di occupare il Canale finché il suo utilizzo non diventi neutrale».
  • Sembra un alibi decisamente forzato, per giustificare qualsiasi forma di intervento drastico. Per ora, tocca al Presidente Mulino riuscire a tenere a bada, contemporaneamente, sia gli imprenditori portuali cinesi che i nervosi diplomatici americani. Sperando sempre che, prima, non gli si sollevi contro tutta la sua popolazione.

 

 

Tags: Canale di Panama Cina Usa

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