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Sfascio della sanità: ai privati 42,6 miliardi all’anno

Sfascio della sanità: ai privati 42,6 miliardi all’anno

Sanità

15/10/2025

da Il Manifesto

Roberto Ciccarelli

Il rapporto. La spesa privata ha raggiunto il livello di 42,6 miliardi annui, pari a circa il 25% del totale della spesa sanitaria nazionale. Il governo ha stanziato 2,4 mld per il 2026 e altri 2,65 mld in più nel 2027 e 2028. 

Non si finirà mai di descrivere gli effetti devastanti sulla vita delle persone prodotto dallo sfascio programmato della sanità pubblica in Italia. Né il collegato arricchimento degli imprenditori che fanno profitti sulle loro malattie. Ieri ha fatto i conti la relazione annuale sui livelli e la qualità dei serivzi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini redatta dal Cnel.

La spesa privata ha raggiunto il livello di 42,6 miliardi annui, pari a circa il 25% del totale della spesa sanitaria nazionale. Visite e esami specialistici, interventi chirurgici e ricoveri, lungodegenze e tutto il resto. Chiunque abbia fatto una minima esperienza, personalmente o in famiglia, di una di queste situazioni può comprendere benissimo di cosa parliamo. Il Cnel ha infatti registrato una sensibile riduzione nel corso degli ultimi cinque anni delle prestazioni pubbliche a favore dei privati. Dal 2018 al 2023, gli esami specialistici si sono ridotti mediamente del 2%, mentre le visite specialistiche dell’1,7%. Nel 2024 quasi il 10% dei residenti ha rinunciato a visite o esami specialistici, dato in aumento non rispetto al 2023 (+2,4 punti percentuali) e anche rispetto al periodo pre-pandemico (+3,6 punti percentuali).

Le principali motivazioni di questa situazione sono perlopiù note ma vanno qui ribadite: la lunghezza delle liste di attesa (6,8%, +2,3 rispetto al 2023) e la difficoltà di pagare le prestazioni sanitarie (5,3%, +1,1 rispetto al 2023). Quest’ultimo dato è particolarmente significativo: nel 2024 il 23,9% degli individui (+4 rispetto al 2023) si è fatto carico dell’intero costo dell’ultima prestazione specialistica, senza alcun rimborso da assicurazioni. Ecco come la sanità in Italia si è trasformata in una questione patrimoniale e non più sociale. Questo significa che vive chi si può permettere di pagare direttamente un intervento o un ricovero, oppure un’assicurazione. Muore, o comunque sta peggio, chi è povero e non è in grado di ricorrere alle banche o a qualche polizza salva-vita per farsi finanziare la sopravvivenza. La violenza di questa situazione è normalizzata, ma resta pur sempre incommensurabile. Ci sono vite sacrificabili, e altre no.

Il Cnel ha parlato anche della carenza di personale anche nell’area dell’emergenza-urgenza. Chi ha avuto la disavventura di finire in un pronto soccorso può comprendere gli effetti devastanti di questa situazione. Sono ormai in molti a potere raccontare la bestialità di alcune situazione, tra l’altro dovute anche dalla carenza del personale medico e infermieristico che porta all’esasperazione dei malati, e dei loro parenti, oltre che alla crisi di professionisti valorosi e disperati. Per il Cnel il deficit di infermieri rispetto alla media europea supera le 180mila unità in Italia. Com’è noto sempre più giovani professionisti preferiscono intraprendere la strada dell’estero o del privato, una “fuga” comprensibile alla luce delle disumane condizioni di lavoro che colpiscono sia le regioni più dissestate che le città.

Questo dramma è oggetto di una polemica politica legata al finanziamento dello sanità pubblica rispetto al Pil. Ieri, nel primo consiglio dei ministri dedicato al varo della legge di bilancio sono stati previsti per la sanità 2,4 miliardi di euro per il 2026 e 2,65 miliardi per il biennio successivo, oltre ai rifinanziamenti già previsti dalla scorsa Legge di bilancio. Cifre che appaiono inferiori rispetto al definanziamento calcolato dal Gimbe: 4,7 miliardi in meno nel 2023, 3,4 nel 2024, 5 nel 2025. Con i nuovi fondi il governo intende assumere medici e infermieri.

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