L’Europa si agita, la Cina risponde ai dazi Usa in modo equilibrato. Tremila anni di cultura delle relazioni internazionali hanno insegnato ai nipotini di Confucio ad essere pazienti. Ad evitare blitz protezionistici e ritorsioni, col risultato di massacrarsi a vicenda. Nessuna ‘immediata reciprocità’ perché la politica commerciale della nuova Casa Bianca basata su una guerra tariffaria, finirà molto presto, per avere un effetto boomerang sulla stessa America.
I cinesi osservano e aspettano
Oggi entreranno in vigore i nuovi dazi del 10%, di fresca imposizione, che comunque ancora non provocano una reazione sproporzionata, da parte del colosso asiatico. Il loro livello è decisamente inferiore a quello precedentemente anticipato, quando si minacciavano tariffe fino al 60%. In effetti, al contrario di quanto ha fatto con Canada e Messico, «Trump – come sostiene il South China Morning Post di Hong Kong – sembra avvicinarsi alla Cina con un po’ più di cautela, il che forse riflette il riconoscimento della potenza che potrebbe avere un contrattacco cinese e un’avversione a vedere i rapporti bilaterali deteriorarsi ulteriormente». Il termine che circola nelle Cancellerie e soprattutto nei mercati, in questo momento, per definire l’atteggiamento di Trump, è ‘imprevedibilità’.
L’imprevedibile fa paura all’economia
L’economia è fatta sostanzialmente di aspettative, e le reazioni istintive al protezionismo Usa sono altrettanto deleterie. È questo il caso delle prime dichiarazioni ‘bellicose’ in arrivo dall’Europa, fatte da politici che evidentemente non hanno l’occhio lungo dei cinesi ma vicini interessi elettorali. Sia Macron che Scholz farebbero bene ad abbassare i toni e a promuovere quello che non hanno mai seriamente cercato: una strategia commerciale europea veramente coesa. Un miraggio. La verità dei fatti è che, al di là dei solenni richiami alla solidarietà comunitaria, nei fatti e dietro le quinte ognuno è andato avanti per conto suo. Firmando lauti contratti bilaterali con la Cina e con tutti quelli che gli capitavano a tiro. Ora la situazione si è alquanto ingarbugliata e i progetti retrodatati (per non dire da economia curtense, di spartizione territoriale) del nuovo Presidente degli Stati Uniti, mettono a rischio quello che resta della globalizzazione post-Covid e infra-crisi geopolitiche, Ucraina per prima.
Il ‘peccato originale‘ dell’attuale crisi
Lo shock ‘a catena lunga’ sulla domanda internazionale, sui prezzi dell’energia e dei semilavorati e sul dilagare dell’inflazione, che per un anno e mezzo ha messo in ginocchio l’economia del pianeta. Il peccato originale? Il debito pubblico degli Usa e la loro bilancia commerciale, cronicamente in rosso, La crociata di Trump parte assolutamente da là. E poi si colora di tutti gli orpelli teorici e geoeconomici che volete. Lui pretende di vendere assolutamente «Made in Usa», in patria e (con le cattive) anche all’estero. Per farlo ha una leva formidabile: il dollaro, moneta che, debole o forte che sia, il resto del pianeta è praticamente obbligato a utilizzare negli scambi commerciali internazionali. Si chiama «dollarizzazione» e chi ha provato a smontarla se n’è pentito. Insomma, a Washington sono democratici, ma quando si tratta di denari, specie se sono assai, magari possono fare qualche eccezione. Dunque, Macron, Scholz e tutti gli altri leader europei (almeno quelli che contano) lo sanno benissimo.
L’egemonia del dollaro e dell’Occidente sul mondo
Sotto la vernice dei dazi trumpiani c’è anche una battaglia mortale per l’egemonia del dollaro (e quindi dell’Occidente) sul mondo. Una prova? Lo ha confessato lo stesso Trump, facendosi scappare una battuta al veleno contro i Brics, i Paesi «non allineati o, comunque, parzialmente allineati» che fanno concorrenza a Usa, Europa e Giappone, e che vorrebbero sottrarsi alle parzialità tutter Usa del Fondo monetario internazionale. Questi Paesi, che rappresentano un pericoloso polo di attrazione per molte realtà del Terzo mondo, sono stati brutalmente minacciati da Donald Trump. Se la Cina finora era stata «il nemico pubblico numero uno», almeno a sentire i suoi estemporanei comizi, il ‘blocco dei non allineati’ adesso l’ha potenzialmente sorpassata. E siccome la lingua batte dove il dente duole, l’irascibile Presidente è stato chiarissimo nello spiegare perché, per i ‘Brics’, la sua proposta di dazi sarebbe salita alle stelle.
Sempre più ‘Non allineati’ e futuri nuovi ‘Brics’
«L’idea che i Brics stiano cercando di allontanarsi dal dollaro, mentre noi restiamo a guardare, è finita – ha dichiarato su Truth Social – chiederemo a questi Paesi apparentemente ostili l’impegno di non creare una nuova valuta Brics, e di non sostenere qualsiasi altra valuta per sostituire il potente dollaro americano, altrimenti dovranno affrontare dazi al 100%». Riflessione: la tracotanza abbastanza insensata di Trump finirà per completare l’opera di Biden, cioè spingere il Sud del mondo nelle braccia di Russia e Cina. L’ex Presidente voleva piantare bandierine americane su tutti i focolai di crisi. Questo, invece, si accontenta solo di vendere l’anima dell’Occidente al diavolo. Dipende dal prezzo. Purché sia in dollari, è ovvio.
04/02/2025
da Remocontro