NATALE IN VATICANO. Ieri all'Angelus e lunedì per l'Urbi et Orbi, Bergoglio chiede che tacciano le armi. E ritorna con l'affondo anti-militarista: «La gente, che non vuole armi ma pane e ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti»
«Dove fanno un deserto, lo chiamano pace». È risuonata la frase che Tacito attribuisce al generale calèdone Calgaco quando parla dei romani in guerra nelle parole pronunciate ieri da papa Francesco al termine dell’Angelus da piazza san Pietro. «Abbiamo visto la Siria, vediamo Gaza», ha detto il pontefice: «Un deserto di morte. È questo che si vuole? I popoli vogliono la pace. Preghiamo per la pace. Lottiamo per la pace».
MA ANCORA di più nel giorno di Natale, nella tradizionale benedizione Urbi et Orbi dalla loggia centrale della basilica vaticana, Bergoglio aveva usato parole nette contro tutte i conflitti in corso (Ucraina, Siria, Yemen, Armenia, Azerbaigian, Sudan, Congo) e in particolare contro la distruzione di Gaza, paragonata alla «strage degli innocenti» ordinata da Erode a Betlemme, nel tentativo di eliminare Gesù: «Sono i piccoli Gesù di oggi questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra», che è «viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse».
La guerra si può prevenire, sostiene il pontefice, dicendo «no alle armi» e realizzando il sogno del profeta Isaia di «spezzare le spade» per farne «aratri». Ma «come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?».
Una denuncia non nuova, contenuta anche nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio. «La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti», ha aggiunto il papa.
«Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre». Poi un pensiero particolare per Gaza e la Palestina, «dove la guerra scuote la vita» dei popoli. «Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio», ha detto il papa.
UN PO’ POCO, probabilmente, per Sarah Netanyahu che l’altro ieri, mentre il marito premier Benyamin coordinava gli attacchi su Gaza, ha scritto a Bergoglio chiedendo un suo «personale intervento» per chiedere il «rilascio senza condizioni e senza indugio» dei prigionieri in mano ad Hamas.
«Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti», ha concluso il papa. «Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale».
27/12/2023
da il Manifesto