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Tod’s sotto accusa per caporalato, “lavoratori a 2,75 euro l’ora (anche a Natale) e tre manager indagati”. La società contro il pm Storari: “Preoccupante tempismo”

Tod’s sotto accusa per caporalato, “lavoratori a 2,75 euro l’ora (anche a Natale) e tre manager indagati”. La società contro il pm Storari: “Preoccupante tempismo”

Lavoro

21/11/2025

da Il Fatto Quotidiano

di Giovanna Trinchella

La Procura di Milano contesta alla società non solo omissioni ma condotte dolose nello sfruttamento della manodopera cinese: turni notturni, dormitori degradanti e audit ignorati. Chiesta un’interdittiva di sei mesi sulla pubblicità mentre la Cassazione trasferisce la competenza del procedimento di prevenzione ad Ancona

Lavoratori cinesi chini a cucire tomaie; tutti i giorni, soprattutto la notte, e pagati 2,75 euro all’ora. Natale compreso. La nuova inchiesta della procura di Milano sull’ipotizzato sfruttamento della manodopera – come avvenuto per altri marchi della moda e per società di logistica o security – non cambia lo scenario emerso e ipotizzato in altre indagini. Ma per la prima volta registra uno scontro diretto tra inquirenti e società indagata che parla di “preoccupante tempismo”. Tre manager della Tod’s spa sono indagati per caporalato e la stessa società è stata iscritta nel registro degli indagati ai sensi della legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’inchiesta del pm Paolo Storari, che già nei mesi scorsi aveva portato a chiedere l’amministrazione giudiziaria per il gruppo, riguarda presunti omessi controlli nella catena dei subappalti della produzione, in particolare negli opifici cinesi utilizzati per realizzare componenti e capi per il brand. Durante gli accertamenti sarebbero emerse le condizioni di lavoro che la procura bolla come “para schiavitù“.

Ora il pubblico ministero, come emerge da una richiesta di interdittiva presentata al giudice per le indagini preliminari Domenico Santoro e anticipata dal Corriere della Sera, contesta alla società non solo responsabilità omissive, ma anche condotte dolose. Nell’istanza, con la quale si chiede che Tod’s non possa pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, si indica che i manager non avrebbero tenuto “minimamente conto dei risultati” delle ispezioni effettuate in sei opifici situati tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo, né dei numerosi audit che segnalavano “indici di sfruttamento” dei lavoratori: turni eccessivi, paghe irregolari, scarsa sicurezza e condizioni alloggiative degradanti.

Prima di Tod’s erano finiti sotto indagine la Giorgio Armani Operation spa (per cui era stata revocato il provvedimento dopo un “percorso virtuoso”, ndr). A maggio invece era finita in amministrazione giudiziaria la Valentino Bags Lab, società di produzione di borse e accessori. Storari nel 2024 aveva chiesto e ottenuto i commissariamenti anche di Alviero MartiniArmani operations appunto e Manufactures Dior, poi revocati dopo che le società hanno adottato contromisure. Il coinvolgimento di Tod’s, nel cui board siedono anche figure come Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, nelle inchieste sul caporalato e gli opifici cinesi utilizzati nell’alta moda italiana era già emerso a luglio 2025 nell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria del marchio Loro Piana controllato da una delle 10 famiglie più ricche del mondo (gli Arnault). La società ora però è formalmente indagata e risponde con durezza alla procura come aveva già fatto a suo tempo Diego Della Valle.

La questione di competenza territoriale e la battaglia giudiziaria

In passato gli accertamenti e i provvedimenti avevano portato le società e le aziende a risanare gli illeciti e in alcuni casi le indagini hanno portato all’assunzione di migliaia di lavoratori. Questo di Tod’s appare un caso diverso, gli inquirenti avevano chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una “condotta agevolatoria” per non aver controllato fenomeni di “sfruttamento del lavoro” nella catena di produzione, attraverso opifici gestiti da cinesi, delle divise destinati ai commessi negli store. Con l’emersione delle indagini era spuntato anche un nodo giuridico: una questione di competenza territoriale. La Cassazione ha stabilito che la competenza territoriale debba passare ad Ancona.

Nel frattempo il pm ha depositato un atto di 144 pagine, chiedendo l’interdittiva sulla pubblicità. Dall’istanza emerge che la società e tre dirigenti – Simone Bernardini, Mirko Bartoloni e Vittorio Mascioni – sono indagati perché avrebbero impiegato “manodopera in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno di cittadini cinesi”. I lavoratori erano impiegati nella produzione, tra l’altro, delle divise per i commessi dei negozi e per la realizzazione delle tomaie delle scarpe.

Le ipotizzate violazioni ricostruite dalla Procura vanno dalla normativa sull’orario di lavoro alle retribuzioni sotto soglia, dalla sicurezza all’igiene, fino ai dormitori “degradanti”. Secondo gli inquirenti, l’azienda avrebbe agito nella “piena consapevolezza” delle condizioni degli operai, ignorando i rilievi dei certificatori esterni che tra il 2023 e il 2024 avevano segnalato “gravi violazioni”. Il 10 ottobre, nella conferenza stampa sulla vicenda, Diego Della Valle aveva dichiarato: “Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende”.

 

Il “sistema illecito” e le accuse della Procura

Secondo l’ipotesi dell’accusa, Tod’s avrebbe tratto vantaggio da un “sistema illecito” capace di generare “enormi profitti grazie allo sfruttamento della manodopera cinese (pesantemente sottopagata)” e non avrebbe modificato la propria organizzazione interna, continuando ad affidarsi ad alcuni fornitori coinvolti nel procedimento. Da qui la valutazione di un “grave pericolo di reiterazione” del caporalato. La Procura, guidata da Marcello Viola, parla anche di una “cecità intenzionale”: gli audit commissionati a una società esterna non sarebbero mai stati presi in considerazione, nonostante le gravi irregolarità documentate. Tra gli elementi alla base della richiesta al gip figura anche un contratto d’appalto tra Tod’s ed Evergreen, società con “4 dipendenti e locali inidonei” all’attività produttiva. Secondo il pm, i dati riportati nel contratto sarebbero “palesemente falsi”, poiché Evergreen “non ha alcuna linea di produzione”, ed è stata autorizzata da Tod’s a delegare parte del lavoro a due laboratori dove, per la Procura, avveniva lo sfruttamento. Già a ottobre era emerso che alcuni lavoratori venivano pagati “2,75 euro all’ora”, lavorando soprattutto di notte e anche nei giorni festivi, “Natale compreso”, in una condizione definita “di para schiavitù”.

Le testimonianze dei lavoratori e gli audit del 2023 e 2024

Negli atti dell’inchiesta compaiono le dichiarazioni di oltre cinquanta lavoratori degli opifici. Una operaia cinese ha raccontato: “Se non lavoro non vengo retribuita, perché vengo pagata in base alle tomaie che realizzo”. Altri hanno riferito di dormire in camere sopra i laboratori, pagando circa 150 euro per l’alloggio. La manodopera, sottolinea il pm, era utilizzata “a ciclo continuo, h24”, con maggiore produttività nelle ore notturne e nei giorni festivi, quando i controlli sono meno frequenti. Un audit del maggio 2024 aveva già denunciato lavoro “a cottimo”, contributi “meno della metà” di quanto previsto dalla contrattazione collettiva e la presenza di “materiale infiammabile accatastato” con rischio incendio. L’incaricato dell’audit, ascoltato il 23 ottobre, ha riferito che già nel dicembre 2023 “avevo contestato queste ed altre violazioni”. Negli atti compaiono anche fotografie di “12 camere da letto e due servizi igienici”, entrambi in pessime condizioni igieniche, negli ambienti abitativi collegati a uno degli opifici. Il “sistema”, secondo il pm, riguardava la produzione “in serie” e a “bassissimo costo” di capi d’abbigliamento, tomaie e parti di calzature a marchio Tod’s.

La decisione della Cassazione e le reazioni della società

Tod’s ha reso noto di prendere atto del rigetto da parte della Cassazione delle richieste e del ricorso del pm Storari in merito alla competenza territoriale del procedimento di prevenzione. In un comunicato, la società afferma: “In merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda, la società sta ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con preoccupante tempismo, dal dottor Storari”. La Cassazione era stata chiamata a decidere se il procedimento di prevenzione, con richiesta di amministrazione giudiziaria per omessi controlli sul caporalato, spettasse a Milano o ad Ancona, poiché i laboratori al centro delle verifiche si trovano tra Lombardia e Marche, dove ha sede la società. I giudici hanno confermato la competenza di Ancona, come già stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello. Il procedimento di prevenzione – nel quale né la società né i responsabili risultano indagati – è distinto da quello penale, che prosegue davanti al gip di Milano con la richiesta di interdittiva.

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