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Tornano i camion di aiuti, sfasciato l’ultimo ospedale

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Politica estera

12/10/2025

da Il Manifesto

Eliana Riva

Gaza. Tutto pronto per 60mila tonnellate di cibo dell'Onu

È tutto pronto perché l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza avvenga senza limiti né interruzioni. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) ha dichiarato che 60mila tonnellate di cibo attendono solo di essere consegnate, mentre altre 170mila sono già partite (o pronte a farlo) verso Ashdod, l’Egitto, la Giordania e i corridoi della Cisgiordania.

IERI QUALCOSA ha cominciato a muoversi e oggi potrebbe essere la volta buona. Non lo sanno con certezza le Nazioni unite né le organizzazioni internazionali, che aspettano la comunicazione da parte di Israele. Le provviste del Wfp bastano da sole a sfamare l’intera popolazione di Gaza per tre mesi ma la distribuzione deve essere garantita, aprendo tutti i valichi e velocizzando le procedure di consegna, soprattutto nel porto israeliano di Ashdot. I ritardi nel rilascio dei permessi, le ispezioni, le attese ingiustificate causati da Israele non sono più tollerabili. La popolazione si sta muovendo in massa e i camion devono poter raggiungere in poco tempo tutte le aree della Striscia. Inoltre, è necessario riabilitare le infrastrutture di stoccaggio per riempire i magazzini vuoti. Questo vale per il cibo ma anche per i medicinali e il carburante: si devono riabilitare le scorte per poter far fronte alle necessità quotidiane e anche alle emergenze.

«Abbiamo ricevuto segnali che domenica sarà il giorno in cui il flusso inizierà sul serio», ha detto Tess Ingram, portavoce dell’agenzia dell’Unicef. Il Wfp intende ripristinare il suo sistema di consegna alimentare, che comprendeva 145 punti di distribuzione in tutta la Striscia. Nulla a che vedere con i quattro punti gestiti, armi alla mano, dalla fondazione israelo-statunitense Ghf. Che con il ritiro dell’esercito israeliano ha smantellato in fretta e furia alcuni siti di distribuzione. Ieri un video ha mostrato quello che era il punto di fornitura di Netzarim: ora svuotato, con il filo spinato abbattuto, circondato solo dalle dune di sabbia alzate per controllare la folla di persone in cerca di cibo. Centinaia di palestinesi sono stati ammazzati in quest’area dai militari israeliani e dai mercenari statunitensi. «Trappole mortali», le hanno definite le organizzazioni internazionali e le Nazioni unite.

PER LA PRIMA VOLTA dal 27 maggio, giorno in cui Israele ha affidato alla fondazione americana l’appalto sulla distribuzione degli aiuti (escludendo l’Onu) le persone hanno potuto avvicinarsi all’area senza timore di essere uccises. «Prima era un bellissimo paesaggio pieno d’ulivi», ha raccontato Tareq Abu Azzoum, giornalista di al Jazeera che ha visitato l’area. Ora è una landa deserta da cui si continuano a recuperare corpi.

IL MINISTERO della salute e le fonti mediche hanno fatto sapere che almeno 151 cadaveri sono stati portati negli ospedali della Striscia nell’ultimo giorno. Sono i resti recuperati dalle macerie delle case distrutte e dai luoghi da cui i militari israeliani si sono ritirati.

Secondo la protezione civile, circa 500mila persone sono ritornate dal sud a Gaza City. Come Ali Tayeh, il pittore che ci ha raccontato la sua fuga dalla città verso il campo profughi di Maghazi, sotto le bombe e gli spari dei carri armati. Nel suo quartiere le strade sono completamente distrutte e gli edifici pesantemente danneggiati ma la sua casa è ancora in piedi. «La ristrutturerò», ci ha detto mostrandoci le foto.

IN DIVERSE AREE di Gaza City non c’è ancora linea per i cellulari e si deve camminare a lungo per trovare una connessione. Manca anche l’elettricità e l’unico modo per ricaricare i cellulari è recarsi in uno degli ospedali ancora operativi. Ma alcune delle strutture sanitarie sono state completamente distrutte. I medici e il personale dell’ospedale pediatrico al-Rantisi sono rientrati nella città di Gaza con la speranza di poter riprendere servizio. Erano stati costretti a evacuare dagli attacchi dei militari, che hanno colpito più volte i piani alti dell’edificio quando i pazienti erano ancora all’interno. Il ministero della salute ha diffuso un video che mostra la struttura sventrata. Anche le sale interne sono state fatte a pezzi, così come i lettini dei bambini, i macchinari medici. Rimane solo uno scheletro inutilizzabile.

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