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Tortura e odio razziale, cinque poliziotti arrestati a Verona

Tortura e odio razziale, cinque poliziotti arrestati a Verona

Ai domiciliari quattro agenti e un ispettore della squadra Volanti. Indagini aperte su impulso della stessa Questura scaligera. Altro personale rimosso per non aver denunciato i colleghi né impedito gli abusi

Calci e pugni fino allo svenimento, giochi sadici, spray al peperoncino negli occhi e poi insulti e risate, commenti sprezzanti alla luce del sole nella sicurezza di una completa impunità, mentre nei documenti ufficiali il comportamento dei tutori dell’ordine appariva irreprensibile. Alla Gip del Tribunale di Verona, Livia Magri, le accuse della Procura – dopo otto mesi di indagini condotte dalla Squadra mobile scaligera – sono apparse talmente comprovate da disporre ieri l’arresto di un ispettore e quattro poliziotti della squadra Volanti della Questura di Verona accusati a vario titolo di tortura nei confronti di persone sotto la loro custodia, quasi sempre immigrati, tossicodipendenti e senzatetto, oltre che lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Per due di loro c’è anche l’aggravante dell’odio razziale.

I QUATTRO AGENTI e l’ispettore, accusati di violenze perpetrate tra il luglio 2022 e il marzo 2023 e sottoposti da ieri alla misura cautelare degli arresti domiciliari, non appena chiuse le indagini già qualche mese fa erano stati trasferiti ad altri incarichi. E subito dopo. il Questore di Verona Roberto Massucci aveva disposto la rimozione anche di altro personale dell’autorità di pubblica sicurezza che, pur non avendo preso parte agli episodi di violenza, «si presume possa non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi», riferisce la stessa questura in una nota.

MA LA PARTICOLARITÀ di questa inchiesta, stando a quanto fatto trapelare dagli stessi investigatori scaligeri, sarebbe la totale autonomia con la quale sarebbe stata avviata. Per una volta non ci sarebbero video sfuggiti dal muro di omertà, né pentiti, e neppure denunce da parte delle vittime. L’indagine, riferisce all’Ansa una fonte investigativa, «non è nata da pressioni dell’opinione pubblica o da filmati postati in rete. Un segnale positivo sulla presenza di un sistema che anche dall’interno consente di intercettare (e non nascondere) episodi di derive illegali».

L’indagine sarebbe partita nel luglio 2022 dall’interno della stessa questura, grazie ad un’intercettazione telefonica compiuta nell’ambito di un’altra indagine. Nella conversazione captata, un agente si sarebbe vantato di aver «messo al suo posto» una persona fermata dandogli due schiaffi. Da quel momento le indagini avrebbero appurato e documentato, anche attraverso telecamere nascoste, almeno altri sette casi, l’ultimo nel marzo di quest’anno. Uno degli agenti arrestati «raccontava alla fidanzata, inframezzando il narrato con risate e commenti divertiti, il pestaggio ai danni di una delle vittime», scrive nell’ordinanza la Gip. E ancora altri stralci di conversazioni: «…Che pigna che gli ho dato»; «ho detto vabbè, oggi le devi prendere anche da me!». In un’altra: «Gli ho fatto una presa io, gli ho calciato fuori e poi l’abbiamo portato dentro insieme, no, e vabbè gli abbiano tirato due, tre schiaffi a testa, no, ma così, giusto per…».

UNO DEI COLPI SFERRATI sui detenuti in queste circostanze, scrive la giudice Magri, è stato talmente «vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti». «Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio», sarebbe la frase che gli agenti ripetevano ai fermati. Spray negli occhi ma non solo: «Ti spruzzo nel culo», era la minaccia dell’ispettore alla vittima che i suoi colleghi continuavano a percuotere. In un altro caso, un fermato per l’identificazione sarebbe stato costretto a urinare nella stanza mentre un altro sarebbe stato trascinato «come uno straccio per pulire il pavimento». «I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva – scrive la Gip -, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente “deboli”». «È innegabile – continua la giudice – che tutti gli indagati, con le condotte sopra descritte abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza, commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura».

07/06/2023

Abbiamo ripreso l'articolo

da Il Manifesto

Gilda Maussier