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Tregua firmata, con bombe, 80 morti, governo in crisi

Tregua firmata, con bombe, 80 morti, governo in crisi

‘Israele e Hamas hanno firmato l’accordo di tregua’. I mediatori ma non ancora il governo. Scontro tra Netanyahu e l’ultradestra. Ancora raid israeliani, 80 morti a Gaza. Gli Usa: ‘Ci aspettiamo che l’intesa parta domenica’. Il falco oltranzista della Sicurezza nazionale Ben Gvir: ‘Torneremo nel governo solo se la guerra nella Striscia riprenderà’. Le due versioni dell’accordo. E Israele politica svela il suo volto peggiore che imporrà presto, oltre alla tregua tutta da verificare nei fatti, probabili elezioni anticipate

Tregua tra bombe e divisioni

Questa mattina il governo israeliano ha dato, finalmente, il via libera all’accordo per il cessate il fuoco con Hamas. Un’intesa che comporta anche la liberazione degli ostaggi del 7 ottobre e la scarcerazione di migliaia di detenuti palestinesi. Il condizionale è d’obbligo, perché, da ora in poi a Gaza può succedere di tutto. Il trionfalismo che aveva accompagnato l’annuncio sull’intesa tra le parti, raggiunta in Qatar, dev’essere ridimensionato. Le voci che giungono dalle segrete stanze non promettono niente di buono nel lungo periodo e confermano la preoccupazione di molti analisti.

Suprematismo ebraico e messianico

In sostanza, Netanyahu ha avuto seri problemi a fare accettare il compromesso all’ala destra della sua coalizione, quella messianico-nazionalista di “Potere ebraico” e “Sionismo religioso”, di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che hanno minacciato di far cadere il governo. Da qui rinvii e, soprattutto, accuse ad Hamas (usate come alibi), per coprire la realtà dei fatti sui termini dell’accordo, che gli israeliani interpretano disinvoltamente.

Due versioni del documento

Il quotidiano progressista di Tel Aviv, Haaretz, lancia l’allarme: circolano due versioni del documento, sul quale si è raggiunta un’intesa di massima. La prima, quella ufficiale, fissa fasi e scadenze con sufficiente chiarezza. La seconda, invece, secondo Haaretz, «è una versione diversa del documento, che appare in dichiarazioni di Netanyahu e dei suoi fedelissimi media. In questa versione – prosegue Haaretz – la fase 2 dell’accordo è lettera morta e Israele è determinato a rinnovare la guerra dopo il completamento della fase 1, anche a costo di sacrificare i suoi ostaggi maschi».

Finta tregua come espediente di guerra?

Si tratta di una rivelazione scioccante, che pesa come un macigno, perché sposta sul governo dello Stato ebraico il sospetto che la fragile pace sia solo un espediente frutto di complessi calcoli politici. In sostanza, c’è il rischio concreto che si alimentino illusioni pronte a essere spazzate via al primo refolo di vento. Ieri, Smotrich, il leader di ‘Sionismo religioso’, ha affermato che avrebbe sostenuto la prima fase dell’accordo, a condizione che l’esercito israeliano tornasse poi a combattere a Gaza. Insomma, Netanyahu è preso tra due fuochi. I bene informati dicono che sta cercando di convincere Smotrich (che è Ministro delle Finanze) a non dimettersi dal suo governo, perché si aggiungerebbe inevitabilmente anche agli alleati di ‘Potere ebraico’ di Ben-Gvir, che proprio ieri sera ha ribadito la sua netta chiusura a qualsiasi intesa con Hamas.

«Accordo col trucco»

Certo, rispetto a qualche tempo fa, il premier ha guadagnato uno spazio politico che gli consente ancora di resistere alle pressioni degli estremisti. In particolare, l’entrata nella coalizione di Gideon Sa’ar, il nuovo Ministro degli Esteri, gli ha portato in dote i pochi ma preziosi seggi di ‘Nuova speranza’. Ma la vera soluzione forse consiste in un «accordo col trucco». Cioè, ora si firma per la liberazione di più ostaggi possibili, poi si penserà alla ripresa dei combattimenti, tra 42 giorni. Infine, se tutto dovesse andare liscio (con Trump), si azzarderà qualche insediamento di coloni nel nord di Gaza, tanto per fare contenti i ‘messianici’.

Trump per imporsi a Netanyahu

Che l’andazzo possa essere questo, lo temono in molti e, addirittura, la stessa sinistra israeliana, sempre aspramente critica verso Trump, arriva a sperare che il nuovo e stizzoso Presidente Usa imponga le sue maniere spicce anche a Netanyahu. Occhio: nessuno fa niente per niente. E il prezzo che Israele dovrà pagare sarà quello di darsi una regolata, cominciando a rendere l’area più respirabile in Palestina. È indispensabile per il grande progetto geopolitico elaborato dalla nuova Amministrazione di Washington, che punta a resuscitare i “Patti di Abramo”. Un disegno strategico, che mette l’Arabia Saudita di bin Salman di nuovo al centro dei giochi, e che ha la necessità di farle raggiungere una pacificazione definitiva con Israele. È un obiettivo che potrà essere conseguito solo a condizione di non ignorare le sorti del popolo palestinese.

La riflessione di Haaretz

Ma, di sicuro, la riflessione più significativa (e imparziale, vista la fonte), è proprio quella di Haaretz. «Ecco – scrive il quotidiano – come Trump ha spaventato Netanyahu, per fargli accettare un accordo di cessato il fuoco con Hamas. Cinico, riluttante, timoroso, ‘Bibi’, che aveva respinto lo stesso accordo sugli ostaggi quando l’Amministrazione Biden lo aveva proposto mesi fa, è stato ora costretto a fare concessioni di vasta portata. Per gli ostaggi e per Israele, questa è l’unica fine moralmente corretta, di una saga insopportabile».

17/01/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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