27/10/2025
da Remocontro
Trump arriva in Malesia e annuncia un accordo con la Cina su terre rare e soia. La minaccia di dazi al 100% sulla Cina è stata esclusa. Firmata la pace Thailandia-Cambogia. «La Cina ha raggiunto un ‘consenso preliminare’ nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti». Da Pechino: «Discusso in modo costruttivo modi per affrontare adeguatamente le questioni che preoccupano entrambe le parti e hanno raggiunto un consenso preliminare», in vista dell’attesissimo incontro tra Trump e il leader cinese Xi Jinping della prossima settimana. E l’Europa? Unione a tutta Ucraina contro Mosca.

- Sanzioni alla Russia, quelle europee e ora anche americane. Mosca con le spalle al muro? Sembrerebbe di no. Le sanzioni degli Stati Uniti contro la Russia arrivano in un momento di tensione geopolitica e di grande vulnerabilità economica per l’Europa. Chi paga il prezzo delle sanzioni americane contro la Russia? Per molti analisti, l’Europa e le sue imprese. Con un sospetto peggiore: qualcuno cerca l’escalation per impedire altri negoziati?
Chi paga davvero il conto (e il conto di chi?)
Ogni nuova tornata di sanzioni picchia sempre e soprattutto sul mercato globale dell’energia. Meno export russo di petrolio e gas significa ridurre l’offerta mondiale e far salire i prezzi. Per l’Europa importatrice, bollette più alte, inflazione crescente e meno competitività industriale. A pagare il prezzo maggiore non i grandi gruppi che inventano scappatoie (in Europa sempre più gas ‘ufficioso’ dalla Russia), ma le famiglie e le piccole e medie imprese, già provate da anni di crisi e incertezza. Con molti governi europei, costretti a inventarsi piani di aiuti e sussidi, schiacciati tra la lealtà verso Washington e la crescente insofferenza dei propri elettori pronto far pagare salato anche il loro consenso.
L’inciampo di Bruxelles
Bruxelles ha cercato di mantenere un equilibrio tra la fedeltà alla linea americana e la difesa dei propri interessi economici, riconosce Simona Mangiante su InsideOver, ma adesso le contraddizioni esplodono. L’Europa ha molto più da perdere: costo dell’energia molto più alto di quello degli Stati Uniti, e le industrie ‘energivore’ si spostano verso mercati più convenienti. «Mentre gli Stati Uniti beneficiano di prezzi energetici più bassi e attraggono nuovi investimenti industriali, molte aziende europee stanno riconsiderando la propria permanenza nel continente. La politica sanzionatoria, pensata per isolare Mosca, rischia così di indebolire la struttura produttiva europea, già fragile dopo la pandemia».
Quanto ‘soffre realmente’ Mosca?
Molti analisti europei non accusabili d’essere ‘filo russi’ denunciano come le misure restrittive abbiano avuto un impatto limitato sulla capacità russa di sostenere lo sforzo bellico, mentre hanno imposto una «riorganizzazione economica globale che penalizza l’Occidente stesso». Dato di fatto, la Russia ha consolidato i propri rapporti con Cina, India, Iran e i Paesi del Golfo, spostando verso Est il baricentro della sua economia e creando nuovi canali commerciali e finanziari al di fuori dell’orbita occidentale. Mentre in ‘casa atlantica’ diventa ormai evidente la frattura crescente tra gli interessi strategici americani e quelli europei. «Per Washington, la priorità resta contenere l’espansione russa e riaffermare la propria leadership globale; per l’Europa, invece, la priorità è sopravvivere a una crisi economica e sociale che rischia di minare la coesione interna dell’Unione».
Ideologismo baltico e poi?
Domanda chiave: può l’Europa continuare a sostenere una politica di sanzioni che la penalizza più del suo avversario? Che non vuol dire andare a braccetto con Putin, (e con Trump), ma di valutare con serietà certe scelte ’d’azzardo’. Sanzioni per indebolire l’aggressore, non colpire i cittadini dei Paesi che le impongono. E si torna alla congruità della politica estera e quindi economica dell’attuale commissione europea nel definire un equilibrio tra sicurezza, energia e sovranità economica. Con i protagonisti attuali, fantasia, ma i tempi di ‘tira e molla’ stanno finendo. Anzi, stanno precipitando a colpi di attacchi aerei ‘ucraino-europei’ in Russia. Chi è quel matto che gioca con fuoco? I fatti: «L’Ucraina ha colpito la notte scorsa con missili Storm Shadow un impianto chimico russo che produce polvere da sparo, esplosivi e carburante per razzi nella regione russa di Bryansk», si legge sulle agenzie di stampa.
- Ammesso che gli aerei fossero ucraini e non i francesi Mirage 2000 e ammesso pure che i piloti fossero davvero ucraini e non francesi, di certo i missili impiegati non sono ucraini e la loro missione non è stata pianificata e preparata tecnicamente da ucraini.
Europa direttamente in guerra?
Sembrerebbe il primo impiego di armi fornite all’Aeronautica Ucraina da Gran Bretagna, Francia (e forse anche dall’Italia secondo il ministero della Difesa britannico anche se Roma non ha mai né smentito né confermato) contro obiettivi in territorio russo. Qualcuno in Occidente valuta la portata del fatto? Per non dover impiegare i propri militari in Ucraina la Germania ha sempre rifiutato di inviare a Kiev i missili da crociera Taurus, cugini degli Storm Shadow. Di fatto l’attacco al territorio russo non è solo ucraino ma anche anglo-francese. A determinare una massiccia rappresaglia russa che permetta di cancellare la possibilità di dare seguito all’incontro tra Trump e Putin a Budapest (o altrove) e di imporre un cessate il fuoco incondizionato e immediato per poi negoziare l’accordo di pace, sempre respinto da Mosca, sottolinea Analisi Difesa.
L’Idiota non letterario
Parafrasando il segretario generale della NATO Mark Rutte, che giorni fa in Slovenia affermò che «I russi dovrebbero essere idioti per attaccare la NATO”», appare già fin d’ora evidente che i russi non sono così ‘idioti’ da accettare un cessate il fuoco che serve solo agli ucraini. I russi avanzano ovunque e stanno vincendo la guerra mentre la situazione peggiora di giorno in giorno per Kiev. Una tregua oggi avvantaggerebbe solo gli ucraini permettendo loro di tirare il fiato, ricevere altre armi e munizioni dall’Europa e arruolare nuove reclute. Francia, Gran Bretagna, Germania con baltici e scandinavi sembrano voler mantenere il conflitto in corso e tenere alta la minaccia dell’invasione russa e a far conservare il potere a Zelensky come alla nomenklatura dell’Unione europea e qualche premier o presidente in Europa.
- Con un paradosso: le nazioni che più insistono per continuare la guerra sono quella che più hanno da perdere dal prolungamento del conflitto. A conferma che simili iniziative rispondono puramente a interessi lobbistici, politici o finanziari di ambienti e settori specifici e limitati, non certo agli interessi di nazioni e popoli europei. Ucraina inclusa.

