18/10/2025
da Remocontro
Chiamiamolo pure ‘effetto Gaza’, ma Donald Trump sembra aver preso una rincorsa per cercare di risolvere vecchie crisi e atavici dissapori. Così adesso, nel mentre riceve a Washington Zelensky, prepara due incontri di grosso calibro: uno con Putin in Ungheria e l’altro con Xi Jinping a margine del vertice Apec, in Corea del Sud.
La rivelazione un po’ a sorpresa
Il Presidente americano è un grande istrione e quando annunzia le sue mosse, in politica estera, lo fa con una certa teatralità, per ‘sorprendere’. Fa un po’ parte del personaggio e anche di una precisa strategia, che tende a massimizzare le sue scelte in termini di consenso interno. Così, giovedì ha annunciato di aver avuto una telefonata ‘molto produttiva’ con Vladimir Putin. E in seguito al buon esito di questa conversazione di prevedere di poter incontrare il capo del Cremlino molto presto. Naturalmente, si è trattato di un copione già studiato. Perché i dettagli del vertice e la località (Budapest) erano già stati concordati preventivamente dalle rispettive squadre negoziali. La notizia conferma le aspettative di molti analisti, che hanno già intuito da tempo il canale privilegiato di dialogo ‘sotto traccia’, che intercorre tra Mosca e Washington. E che a volte può apparire irrealistico per le prese di posizione di Trump, le cui minacce di ‘fare il duro’ con Putin, sembrano più una parte in commedia che una reale presa di posizione. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, commentando l’annuncio di Trump ha detto: «La telefonata è durata più di due ore». La telefonata (così come probabilmente l’invito a organizzare l’incontro) è partita da Mosca e fa parte di una scelta tattica precisa, da parte della Russia, che è quella di non arrivare mai al punto di irritare Trump, fino a deteriorare irrimediabilmente il tuo atteggiamento. Che finora, dal punto di vista del Cremlino, è stato visto come assai comprensivo. È anche questa l’analisi che fa il New York Times del livello attuale delle relazioni tra le due superpotenze. «Anche se Putin ha martellato le città ucraine e condotto una guerra estenuante nella parte orientale del Paese – scrive il giornale di New York – ha investito decine di ore nell’adulazione di Trump, prospettando la possibilità di accordi commerciali russo-americani e inviando il messaggio che la Russia è aperta ai colloqui per porre fine alla sua invasione. Questa tattica ha aiutato Putin a evitare ripetute scadenze e minacce di sanzioni da parte del Presidente americano, senza limitare lo sforzo bellico della Russia».
La questione dei missili Tomahawks
In questo momento, sul tavolo dei colloqui ‘ballano’ soprattutto i missili da crociera a lunga gittata, che l’Ucraina chiede insistentemente agli Stati Uniti di ricevere da lungo tempo. La questione è delicata, anzi per qualcuno è una di quelle svolte che potrebbe accelerare la risoluzione del conflitto. Ma per qualche altro è una scelta che potrebbe finire per scatenare la Terza guerra mondiale. Insomma, è una «linea rossa» temuta da tutti: dai russi, per gli effetti devastanti del missile, che con il suo raggio d’azione può raggiungere persino Mosca. E dagli americani (e da qualche europeo più prudente), perché potrebbe quasi sicuramente innescare una rovinosa escalation senza controllo. L’unico a fare i salti mortali per ottenere i Tomahawks è il Presidente Zelensky, che ormai fa un gioco abbastanza chiaro di «o la va o la spacca» e che anche per questo si è recato Washington per incontrare Donald Trump. Ora, conoscendo l’approccio diplomatico del Presidente americano, qualunque cosa gli abbia detto ieri sera Trump, al posto del leader ucraino non saremmo per niente sicuri di poter contare su quest’arma. Chi gliela cede rischia sul serio pesanti rappresaglie da parte russa, che non sappiamo fino a che punto potrebbero arrivare. Chi è pronto a farlo? Questo per fermarci solo agli effetti collaterali dell’approccio politico. C’è poi tutta un’altra serie di considerazioni, che toccano la sfera tecnica e del ‘segreto militare’. Ma, più in generale, non sembra proprio che Trump sia propenso a concedere i missili.
Marcia indietro di Trump
La BBC ha descritto un breve scambio di battute con la stampa, a margine dell’incontro di ieri alla Casa Bianca. «Un giornalista chiede: cosa succederebbe se gli Stati Uniti avessero bisogno dei missili Tomahawk che potrebbero essere venduti all’Ucraina? Trump afferma che questo è uno dei motivi per cui vuole porre fine alla guerra, e vuole farlo senza usare i Tomahawk. Zelensky chiede quindi di intervenire, aggiungendo che ‘questa è una guerra tecnologica’ e che, oltre ai Tomahawk, ha bisogno di droni e di altri missili. Afferma di voler collaborare con Trump per ottenere gli aiuti di cui l’Ucraina ha bisogno e rafforzare la produzione statunitense». A Zelensky viene chiesto se sta suggerendo una sorta di scambio. Lui risponde di sì: «abbiamo una grande proposta con i nostri droni», cosa che suscita sorrisi e cenni di assenso da parte di Trump, che afferma che sarebbe interessato. «Sono dei droni davvero ottimi», afferma. Ma Trump aggiunge che ha anche l’obbligo di assicurarsi che gli Stati Uniti siano «completamente riforniti delle armi necessarie». Aggiunge: «Quindi parleremo dei Tomahawk… preferiremmo di gran lunga che non avessero bisogno dei Tomahawk, preferiremmo di gran lunga che la guerra finisse».
E in Corea Trump incontrerà Xi
Non sazio dei risultati che sta cercando di raggiungere in Europa, per trovare una soluzione alla guerra in Ucraina, Trump spinge forte sull’acceleratore anche in Estremo oriente. E così, dopo giorni di nuove minacce sul conflitto tariffario con la Cina, con dichiarazioni apocalittiche riguardanti dazi doganali a tre cifre, la Casa Bianca ha fatto una ritirata strategica: come avevamo anticipato oltre un mese fa, il Presidente degli Stati Uniti si rincontrerà con il leader cinese, Xi Jinping, tra un paio di settimane. Il meeting è fissato a margine del vertice APEC, l’organizzazione per la Cooperazione Economica Asia-Pacifico, che si tiene in Corea del Sud. «Invertendo la rotta rispetto alla posizione dura assunta una settimana fa – scrive il South China Morning Post di Hong Kong – il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato venerdì che intende incontrare il Presidente cinese Xi Jinping in Corea del Sud, tra due settimane, e ha lasciato intendere che imporre un’ulteriore tariffa del 100% su tutti i prodotti cinesi sembra impraticabile. Ma ha anche attribuito alla Cina la responsabilità dell’ultimo stallo nei colloqui commerciali. Il volubile Presidente aveva messo in discussione il suo incontro programmato con Xi Jinping sette giorni fa e aveva minacciato un aumento draconiano delle tariffe, in aggiunta a quelle già esistenti, a partire dal 1° novembre, dopo che Pechino ha ampliato i limiti all’esportazione di materiali e tecnologie basati sulle terre rare».
Quindi, in sostanza, come sostiene il SCMP, «il Presidente Usa ammorbidisce i toni, ma punta il dito contro i controlli sulle terre rare di Pechino, che ha imposto un numero elevato di richieste prima del vertice dell’Apec». E il futuro resta comunque un’incognita.