19/09/2025
da Left
Trump è il cancro di questo tempo. Sì, certo, Netanyahu è un assassino.
Sì, certo, Putin sta solleticando la voglia della peggiore classe dirigente che l’Unione europea abbia mai avuto. Dietro, alle spalle, ci sono i servi: i signorotti delle armi che si cibano del sangue, soprattutto degli innocenti. Quelli che lucrano sulle crisi, come avvoltoi che si nutrono di interiora. Ma Trump è il sigillo dell’epoca buia. E noi italiani qui, asserviti a una comparsa. Donald Trump non è un capo di Stato da prendere con leggerezza o da misurare solo con critiche partitiche: è la manifestazione plastica di decadenza morale, politica, intellettuale.
Non è l'errore che possiamo tappare con una firma, è il sintomo profondo di un sistema che celebra l’egoismo, la divisione, il rancore. È lui che sbandiera la “grandezza” mentre distrugge le istituzioni. È lui che invoca la pace ma arma la guerra con la propria retorica. È lui che crea muri, non solo tra nazioni, ma fra persone. Fra chi deve lottare per sopravvivere e chi si arrocca in privilegi e citazioni viralizzate.
Netanyahu, sì, ha ucciso, continua a perseguitare, è il cocchiere del genocidio. La responsabilità dei governi è quella di proteggere, non di massacrare. Però non basta indignarsi per Netanyahu: bisogna nominarlo, chiamarlo con il suo nome, ma sapere che le sue azioni sono il riflesso più estremo di ciò che gli Stati che si reputano civili già accettano in silenzio.
E Putin, con il suo impero di menzogne e violenza, ha nutrito la fame di guerra della peggior classe dirigente europea — quella che con la bava alla bocca perché non vede l’ora di fare alla guerra. Gli affari delle armi, dei mercati geopolitici, del petrolio, del gas, del denaro che cambia mani mentre la gente muore, eccoli i mandanti invisibili. I signori delle crisi sanno benissimo che senza guerra non vendono armi, non strappano contratti, non gonfiano profitti.
Sono i parassiti che prosperano quando la democrazia vacilla, quando la giustizia è piegata, quando la pietà morale diventa una finzione. Ma Trump? Trump è il sigillo. È il marchio che sancisce che abbiamo superato il punto di non ritorno: l’arroganza istituzionalizzata, la demagogia che non serve a risvegliare coscienze, ma a soffocarne la speranza. È lui che trasforma la leadership in spettacolo, che fa della folla il suo specchio, che spegne la luce nelle stanze dove una generazione avrebbe potuto costruire altrove una speranza diversa.
Trump è il cancro di questo tempo. Sì, certo, Netanyahu è un assassino. Sì, certo, Putin sta solleticando la voglia della peggiore classe dirigente che l’Unione europea abbia mai avuto. Dietro, alle spalle, ci sono i servi: i signorotti delle armi che si cibano del sangue, soprattutto degli innocenti. Quelli che lucrano sulle crisi, come avvoltoi che si nutrono di interiora. Ma Trump è il sigillo dell’epoca buia. E noi italiani qui, asserviti a una comparsa.
Donald Trump non è un capo di Stato da prendere con leggerezza o da misurare solo con critiche partitiche: è la manifestazione plastica di decadenza morale, politica, intellettuale. Non è l’errore che possiamo tappare con una firma, è il sintomo profondo di un sistema che celebra l’egoismo, la divisione, il rancore. È lui che sbandiera la “grandezza” mentre distrugge le istituzioni. È lui che invoca la pace ma arma la guerra con la propria retorica. È lui che crea muri, non solo tra nazioni, ma fra persone. Fra chi deve lottare per sopravvivere e chi si arrocca in privilegi e citazioni viralizzate.
Netanyahu, sì, ha ucciso, continua a perseguitare, è il cocchiere del genocidio. La responsabilità dei governi è quella di proteggere, non di massacrare. Però non basta indignarsi per Netanyahu: bisogna nominarlo, chiamarlo con il suo nome, ma sapere che le sue azioni sono il riflesso più estremo di ciò che gli Stati che si reputano civili già accettano in silenzio. E Putin, con il suo impero di menzogne e violenza, ha nutrito la fame di guerra della peggior classe dirigente europea — quella che con la bava alla bocca perché non vede l’ora di fare alla guerra.
Gli affari delle armi, dei mercati geopolitici, del petrolio, del gas, del denaro che cambia mani mentre la gente muore, eccoli i mandanti invisibili. I signori delle crisi sanno benissimo che senza guerra non vendono armi, non strappano contratti, non gonfiano profitti. Sono i parassiti che prosperano quando la democrazia vacilla, quando la giustizia è piegata, quando la pietà morale diventa una finzione.
Ma Trump? Trump è il sigillo. È il marchio che sancisce che abbiamo superato il punto di non ritorno: l’arroganza istituzionalizzata, la demagogia che non serve a risvegliare coscienze, ma a soffocarne la speranza. È lui che trasforma la leadership in spettacolo, che fa della folla il suo specchio, che spegne la luce nelle stanze dove una generazione avrebbe potuto costruire altrove una speranza diversa.