da Il Fatto Quotidiano
22:07
Trump “frustrato” sanziona il petrolio russo. Putin protesta ma non chiude. L’insospettabile Belgio alza la voce in Ue nella guerra economica a Mosca | La giornata
Lo ha detto a cadenza regolare prima e dopo l’incontro di Anchorage: “Sono deluso” ha ripetuto spesso Donald Trump parlando di Vladimir Putin e dei suoi sforzi per portarlo a un tavolo per fermare la guerra in Ucraina. Gli ultimatum (di dieci giorni, di venti giorni) sono diventati penultimatum se non “terzultimatum”, esistesse la parola. Ora il presidente Usa è arrivato a una piccola svolta: le sanzioni alle società petrolifere russe: congelati tutti i beni di Rosneft e Lukoil negli Stati Uniti e vietato a società e cittadini statunitensi di farci affari. E’ il culmine di una settimana di passi indietro sulla strada verso i negoziati, almeno in apparenza, che ha visto abortire l’incontro tra i capi delle due diplomazie, Marco Rubio e Serghei Lavrov, e tramontare l’ipotesi di un nuovo faccia a faccia tra i due capi di Stato. Tanto più ora che Putin definisce la decisione di Trump un “atto ostile” (mentre sullo sfondo il solito Dmitry Medvedev, con il suo linguaggio cinematografico parla di “atto di guerra”). L’atteggiamento del capo del Cremlino in ogni caso appare tutt’altro che distruttivo: dice di voler continuare “il dialogo”, che “è sempre meglio di qualsiasi scontro, di qualsiasi disputa o a maggior ragione di una guerra”. E torna sulla telefonata di due ore e mezza avuta con Trump una settimana fa: ho accettato – dice – sia l’incontro tra leader sia la sede (Budapest), ma “tali incontri hanno bisogno di essere ben preparati. Sarebbe stato un errore per me e il presidente americano avvicinarsi a questo vertice alla leggera, e poi lasciarlo senza i risultati attesi”. Il gioco insomma è ancora in buona parte in mano al leader russo.
Tutto questo accade mentre la Cina, a sorpresa, sospende l’acquisto di greggio dalla Russia. Per il presidente polacco Donald Tusk, uno dei duri e puri in Europa contro la Russia, “può essere un punto di svolta“. Nel frattempo la Lituania denuncia una nuova violazione dello spazio aereo da parte di aerei militari russi.
L’Ue, allora: oggi ha dato l’ok al 19esimo pacchetto di sanzioni, che riguardano petrolio e gas, ma anche la flotta ombra e la finanza russa. Il via libera è anche sul congelamento degli asset russi in Europa che resteranno “immobilizzati – si legge nelle conclusioni – fino a quando la Russia non cesserà la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e non risarcirà i danni causati dalla sua guerra”. Il documento è firmato da 26 Stati perché Viktor Orbàn non ha partecipato per celebrare – ironia della sorte – la rivoluzione del 1956 contro l’Unione Sovietica.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ancora spera che Washington possa mandare i missili a lunga gittata Tomahawk e sul punto interviene proprio Putin che avverte che la risposta a eventuali attacchi “sarebbe severa, se non sbalorditiva”, anzi “forte, se non schiacciante”.
Il capo di Stato ucraino era a Bruxelles per insistere sul fatto che un cessate il fuoco è possibile se si esercita più pressione verso Mosca. Il tema degli asset russi è tutt’altro che chiuso, però. Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa parla di un via libera politico, ma, in realtà, i dubbi non sono pochi. L’Ungheria non ne vuole sentir parlare, la Slovacchia svicola, la Cechia ha cambiato governo. Ad alzare la voce pubblicamente è pure il premier del Belgio, Bart De Wever, che è entrato al Consiglio sbandierando “tre richieste” chiave, senza le quali si è detto “pronto a tutto” pur di bloccare il progetto. Il veto, insomma. In pratica il Belgio chiede la condivisione dei rischi e delle garanzie nonché l’uso per lo schema dei beni russi presenti nei vari Paesi europei e non solo nei conti di Euroclear.
La discussione tra i leader si è dunque protratta oltre il previsto, con i tecnici impegnati ad una revisione del testo delle conclusioni e l’esigenza di vari capo di Stato e di governo di sentire il parare della presidente della Bce Christine Lagarde nel corso della cena. “L’intenzione – spiega una fonte diplomatica – non è mai stata di raggiungere una decisione oggi e ora sarebbe difficile, da un punto di vista politico, cassare del tutto le conclusioni”. La palla dunque, nel migliore delle ipotesi, passerà alla Commissione che da qui al prossimo vertice Ue dovrà mettere nero su bianco un testo legale che accolga il favore di ogni Paese.

