Trump con l’orecchio ferito e accanto un candidato vice con metà dei suoi anni: il senatore dell’Ohio James D. Vance. Non una scelta di poco conto da cui si potrà forse capire la vera strategia politica dello sfidante. Giovedì le conclusioni di Trump e la scelta tra la linea di lotta esagerata di sempre o quella da possibile futuro Capo di Stato.
L’astro nascente del partito repubblicano versione Trump
L’astro nascente del GOP, un ex critico del leader, diventato un suo zelante seguace. Contrario all’eccessiva esposizione internazionale dell’America, a favore di un blocco dell’immigrazione e fautore di un certo ruolo di controllo dello Stato nell’economia, Vance è un giovane ‘duro’ che non ha ancora 40 anni, dai tratti e dalle maniere gentili. Ha studiato Legge a Yale e vanta buone relazioni con i donatori della Silicon Valley, ma anche con le organizzazioni operaie, avendo sostenuto numerose proposte di legge per le ‘tute blu’. Secondo il Wall Street Journal, potrebbe aiutare Trump a sfondare elettoralmente negli Stati della Rust Belt, facendogli guadagnare voti in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin. Oltre che, naturalmente, in Ohio, dove però i repubblicani sono già in forte vantaggio.
Gli altri mancati vice e quel Kennedy
Un altro ‘papabile’ era Doug Bourgum, Governatore del Dakota, con entrature nei circoli finanziari che contano. Poi c’era il senatore della South Carolina, Tim Scott, un brillante esponente del Tea Party, l’ala ultraliberista dei repubblicani, che pur essendo nero si è sempre rifiutato di aderire al Congressional Black Caucus. Infine, il nome che probabilmente avrebbe avuto l’impatto più significativo sulla campagna elettorale: Marco Rubio, senatore della Florida, figlio di immigrati cubani e, come avverte la stessa stampa Usa, dotato di grande appeal nei confronti delle minoranze ispaniche e delle classi più popolari. Ha già lavorato per Trump, come consigliere per l’America Latina. A sparigliare ulteriormente le carte, aumentando la confusione nel campo democratico, ieri è arrivata anche, a sorpresa, la richiesta di sostegno di Trump a Robert Kennedy, un ‘indipendente’, accreditato di un sostegno popolare tra l’8 e il 10%.
Attentato, Secret Service e caos Dem
Intanto, infuriano le polemiche sul Secret Service e sulla inadeguata copertura della sicurezza a Trump. Vengono a galla errori macroscopici. E già c’è chi ci specula a piene mani, cercando di costruire a tavolino la figura di un «Trump martire. La prossima settimana la responsabile dei Servizi segreti, Kimberly Cheatle, è stata convocata per una speciale audizione al Congresso, in una seduta che si prevede tumultuosa. Così, la ‘tregua’ politica durerà pochi giorni. Tutto questo, mentre il Partito Democratico è nel panico. L’agguato a Trump in Pennsylvania, ha accelerato un processo di caotica disgregazione deflagrato dopo il dibattito alla CNN. Il peggio, forse, deve ancora venire, perché i sondaggi hanno continuato a peggiorare. E ora, dopo le fucilate di Butler, con Trump che riemerge pesto e sanguinante, col pugno alzato, arringando la folla, con tanto di bandiera a stelle e strisce sullo sfondo, quella della Casa Bianca, per Biden, sembra proprio una battaglia persa.
Trump versione ‘Capo di Stato?
Nell’attesa di ascoltare giovedì il discorso di accettazione della nomination dell’ex Presidente repubblicano per sapere se ha veramente ammorbidito i toni (come anticipato alla FOX), a Milwaukee i delegati del GOP si confrontano sulle migliori strategie per ‘cavalcare l’onda’. Nel frattempo, i democratici in pieno panico temono che Biden si tiri appresso anche i candidati del partito che si battono per mantenere una risicata maggioranza al Senato e, se possibile, riconquistare la Camera. Insomma, la sconfitta alla Casa Bianca rischia di consegnare a Trump, su un vassoio, tutte le leve del potere istituzionale. E non è lui che se le piglia, sono i Democratici (e i loro errori) che gliele consegnano. L’attentato a Trump, inutile dirlo, avrà delle ricadute a livello di consenso, che i conservatori intendono cominciare a incassare fin da subito.
Quegli spari a compattare il partito
Intanto, quegli spari hanno finito per ricompattare definitivamente il partito. E ‘fonti bene informate’, annunciano per oggi l’apparizione sul palco della Convention nientemeno che di Nikki Haley, la più dura avversaria di Trump nel corso delle primarie. La Haley, che è arrivata a controllare tra il 15 e il 20% dei delegati, aveva già dichiarato il suo sostegno a Trump. Ma questa volta esorterà ‘in diretta’, tutti i suoi seguaci più scettici a convogliare milioni di voti verso il leader del partito, che per molti risulta ancora improponibile.
Qualcuno già parla di un ‘ruolo’ che potrebbe avere la Haley in una futura Amministrazione, ricordando che era già stata ambasciatrice all’Onu. Ma a parte i programmi (la famosa «Agenda 25»), che per Trump devono essere sempre considerati a geometria variabile», nel senso che li sottoscrive e poi raramente li rispetta, adesso l’ingombrante ex Presidente la Casa Bianca forse l’ha già vinta. Purché non apra più bocca.
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16/07/2024
da Remocontro