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‘Trumpdiplomacy’ a Gaza e l’Europa alle corde

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Politica estera

14/10/2025

da Remocontro

Piero Orteca

l colpo riuscito a Donald Trump con gli accordi per Gaza, avrà ripercussioni sull’Europa. Il potere contrattuale del Presidente Usa, nel terreno della diplomazia, esce senz’altro rafforzato. Mentre il Vecchio continente, roso da ataviche fragilità in politica estera e da una mancanza di omogeneità strategica, rischia altra marginalizzazione.

Un messaggio di forza ‘urbi et orbi’

A chi ha avuto la pazienza di sorbirsi il lunghissimo intervento di Trump alla Knesset, il Parlamento israeliano, non saranno sfuggiti alcuni passaggi di cruciale importanza. Che sembravano gettati là, sul momento, come riempitivi di un discorso, ma che invece seguivano l’esistenza di una studiata rotta di navigazione della ‘foreign policy’ americana dell’era ‘MAGA’. Che non è, come si potrebbe ingenuamente credere, fare di nuovo grande l’America con l’applicazione di una dottrina neo-isolazionistica. Tutt’altro. Il Trump-pensiero prevede interventi all’estero (a macchia di leopardo), espressi con una forza tale che si debbano evitare ‘recidive’. Brutale, forse poco democratico, ma spesso ‘funzionale’. A fronte di questa potenza di fuoco diplomatica, che riscrive regole e consuetudini delle relazioni internazionali, stanno invece le altre realtà occidentali, figlie di una scuola di geopolitica che affonda le sue radici nei padri del pensiero illuminista. E che, comunque sia, parte svantaggiata nei confronti di un ‘player’ come Trump, che si muove con l’abilità e l’azzardo di un biscazziere. Insomma, ci siamo capiti: se il vento gira dalla parte giusta, non c’è partita. E l’Europa esce con le ossa rotte. Questo significa, molto semplicemente, che le potenze del Vecchio continente, incapaci di elaborare un progetto unico in molte aree delicate, ‘contano’ paradossalmente di più quando tendono a impostare trattative bilaterali, su argomenti specifici. Un’osservazione che può essere confrontata con gli esiti (fallimentari) di molti vertici UE, nei quali è mancata l’occasione di prendere una decisione comune. Questo handicap procedurale, nel DNA dell’Unione, l’ha resa praticamente un attore a ‘impatto limitato’ in tutte le crisi internazionali.

Da Gaza fino a Kiev

Dunque, al preciso segnale inviato dalla Casa Bianca, il Cremlino ha subito replicato positivamente, manifestando il suo interesse «sul desiderio del presidente statunitense di concentrarsi sulla ricerca di un accordo di pace per porre fine ai combattimenti in Ucraina, dopo aver raggiunto un cessate il fuoco a Gaza e di sperare che riesca a spingere Kiev verso un accordo». È sembrato quasi un gioco delle parti. Ma cos’è accaduto per alimentare questo botte e risposta? Semplice, parlando alla Knesset (praticamente in mondovisione), il Presidente Usa ha prima annunciato di voler raggiungere un accordo anche con l’Iran (sulla questione del nucleare) e poi ha toccato l’argomento che, probabilmente, in questo momento gli sta più a cuore: porre fine alla guerra in Ucraina. «Prima dobbiamo risolvere la questione della Russia. Dobbiamo risolvere questo problema – ha detto Trump, scandendo quasi con solennità le sue parole. Se non ti dispiace, Steve, concentriamoci prima sulla Russia». E, mentre parlava, Trump ha indicato con la mano la tribuna degli spettatori, puntando la figura di Steve Witkoff, il suo inviato speciale, che ha lavorato per la stesura dell’accordo con Hamas assieme a Jared Kushner, genero dello stesso Trump. Witkoff ha già avuto contatti col Cremlino, e sembra anche che abbia sviluppato un buon feeling con lo stesso Putin. Ecco come il Guardian riporta le reazioni russe: «Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha affermato che la Russia rimane aperta ai colloqui di pace. Interpellato sui commenti di Trump, Peskov ha dichiarato di accogliere certamente con favore tali intenzioni. «È la conferma – ha sostenuto – della volontà politica di fare tutto il possibile per promuovere la ricerca di soluzioni pacifiche»

Scambio di cortesie con Mosca

«Conosciamo già bene il signor Witkoff; è efficace, ha già dimostrato la sua efficacia in Medio Oriente e ci auguriamo che il suo talento continui a contribuire al lavoro già in corso in Ucraina». La Russia – aggiunge il Guardian – accusa l’Ucraina di bloccare i negoziati e di non aver dato seguito all’idea di istituire gruppi di lavoro per valutare i potenziali aspetti di un accordo. L’Ucraina accusa invece Mosca di non prendere sul serio l’accordo e di porre condizioni che equivalgono a chiederle di arrendersi. Peskov ha detto inoltre: «La parte russa rimane aperta e pronta al dialogo pacifico e speriamo che l’influenza degli Stati Uniti e le capacità diplomatiche degli inviati del presidente Trump contribuiscano a incoraggiare la parte ucraina a essere più attiva e più disposta a impegnarsi nel processo di pace». Peskov ha affermato che il dialogo con gli Stati Uniti sull’Ucraina è in stallo, mentre Trump ha parlato della possibilità di fornire all’Ucraina missili da crociera Tomahawk, cosa che Mosca ha chiarito di considerare una pericolosa escalation».

Zelensky: stop anche alla guerra in Ucraina

Com’era logico attendersi, anche il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è intervenuto a margine dei commenti per l’accordo di Gaza. E lo ha fatto con una semplice equazione: quello che è stato reso possibile per Gaza, perché non può essere realizzato per l’Ucraina? Ha dunque invitato la comunità internazionale a «non perdere lo slancio per promuovere la pace», soprattutto dopo i progressi ottenuti in Medio Oriente. «Anche la guerra in Europa può essere risolta» ha affermato, aggiungendo che «la leadership degli Stati Uniti e dei partner dell’Ucraina è di massima importanza». Scrivendo su X, Zelensky ricorda a tutti: «Ora che la guerra in Medio Oriente volge al termine, è importante non perdere lo slancio per promuovere la pace. Anche la guerra in Europa può essere risolta, e per questo la leadership degli Stati Uniti e degli altri partner è di fondamentale importanza. Oggi ho trascorso quasi un’ora a discutere di tutto questo con il presidente finlandese Alexander Stubb. Stiamo coordinando le nostre posizioni. Indubbiamente, le azioni giuste degli Stati Uniti possono anche contribuire a porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Abbiamo una visione coerente in tal senso. Abbiamo anche discusso con Alex dei recenti attacchi russi al nostro settore energetico e della necessità di rafforzare la difesa aerea. Sono grato per la disponibilità ad aiutare. La Russia deve essere privata dei mezzi per continuare la sua guerra e il suo terrore, e questo può diventare il fondamento più affidabile per la pace nella nostra regione».

E l’Europa si lecca le ferite

  • Macron ha fatto solo una delle sue solite comparsate a Gaza. Diversi altri leader hanno fatto un atto (dovuto) di presenza. Il Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, no. Lui, indipendentemente dal giudizio sui suoi modi ‘democratici’, nel caso specifico un ruolo di mediatore efficace lo ha pure avuto. In generale, però, si può dire senza tema di sbagliare che la grande assente sul proscenio di Sharm el-Sheikh è stata l’Europa. Imbelle fino all’ultimo e accartocciata sui suoi registratori di cassa, a far di conto, senza manifestare un briciolo di empatia. Nemmeno posticcia.
  • Si, lo sappiamo. La Francia è in un mare di guai, il Regno Unito invece naviga, in un oceano di guai. La Germania? È all’asciutto, per ora. Ma presto arriveranno le inondazioni autunnali e vedremo se tutto l’Est non finirà in mano ai populisti. Che vincono dappertutto. Non perché l’Europa sia fascista, ma solo perché abbiamo portato al potere i più inadeguati. Una classe politica di inetti.

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