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Uccisi 135 palestinesi in 24 ore. Oggi l’ordine di Netanyahu: occupare tutto

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Invado avanti. Alle 18 il gabinetto approverà il piano del premier per Gaza. Tra i dubbi dell’esercito: Hamas non si arrende e i riservisti calano. Si partirà dal centro della Striscia, civili spinti a sud. Via libera di Trump che otterrà più sedi per la GhfI

I corpi sono illuminati dalle torce dei telefoni. Chi riprende cammina intorno al camion, si piega sulle ginocchia e indica uno dopo l’altro i cadaveri dei palestinesi rimasti schiacciati dal peso insopportabile dell’autocarro. È buio, è successo di notte: uno dei pochi camion umanitari entrati dai valichi di terra stava viaggiando nel centro di Gaza quando una folla di persone affamate è accorsa per impossessarsi di un pacco di farina.

ALL’ALTEZZA del campo profughi di Nuseirat, su una strada ridotta a crateri dai raid israeliani, il camion si è ribaltato. Venti palestinesi sono rimasti uccisi, una decina feriti. I corpi sono coperti di polvere, terra e sangue, alcuni hanno i volti irriconoscibili, sfigurati dallo schianto, di altri si intravedono solo le braccia sotto gli pneumatici.

La strada non era sicura, dice la protezione civile palestinese, per le condizioni in cui era ridotta. Hamas accusa Israele di costringere gli autisti a percorrere vie pericolose «tra folle di affamati» per «provocare intenzionalmente il caos».

A poca distanza, alle luci del giorno, sono caduti un centinaio di pacchi alimentari dal cielo. Non tutti riescono nel «gioco» al massacro, avventarsi sugli aiuti per afferrare qualcosa prima degli altri. Due anziane donne, Umm Saad e Umm Ahmed, si sono sedute a terra, tra la sabbia, e nelle pieghe del vestito hanno fatto scivolare manciate di terra e lenticchie, briciole fuoriuscite dai pacchi lanciati con i paracaduti. Le ha fotografate Moiz Salhi, intente nell’impossibile impresa di separare i legumi dalla sabbia.

LA FAME UCCIDE in tanti modi, il suo peso visibile e invisibile schiaccia la società palestinese. La Giordania ieri ha denunciato l’assalto di gruppi di coloni a 30 camion umanitari mentre le orecchie del governo israeliano restano sorde agli appelli dell’Onu, l’ultimo di ieri: 35 esperti di diritti umani chiedono «l’immediato smantellamento» della Ghf, la fondazione statunitense-israeliana responsabile di una distribuzione degli aiuti che si è subito dimostrata mezzo di massacro e sfollamento, «esempio disturbante di come il sostegno umanitario può essere usato per coprire agende militari e politiche…Stiamo lasciando a uno Stato accusato di genocidio il compito di sfamare la popolazione vittima del genocidio».

L’esecutivo di Tel Aviv è impegnato a disegnare il piano uscito lunedì dall’ufficio del premier Netanyahu. Fonti Usa riportano del via libera di Trump: libertà d’azione a Israele, la Casa bianca avrebbe chiesto solo un miglioramento dell’assistenza umanitaria e, secondo il Times of Israel, l’aumento dei centri Ghf da quattro a 16. Il gabinetto di sicurezza si riunirà oggi alle 17 italiane, le 18 a Gerusalemme, sede dell’incontro. Secondo il sito Walla, il piano prevede il dispiegamento di cinque divisioni a Gaza City e nei campi centrali nei primi cinque mesi; la popolazione sarà spinta verso sud.

ESITO SCONTATO, ha ribadito ieri il ministro della difesa Israel Katz: le forze armate dovranno eseguire gli ordini, ha detto in risposta alle crescenti voci di disaccordo tra vertici politici e militari. «È diritto e dovere del capo di stato maggiore esprimere la sua opinione – ha detto Katz in riferimento alla contrarietà di Eyal Zamir a procedere – Quando le decisioni sono state prese dai vertici politici, deve eseguirle con determinazione e professionalità».

Parole che non spengono le polemiche (dove si è infilato il figlio del premier Netanyahu, Yair, che nel caos ci sguazza: ha accusato il capo dell’esercito Zamir di tradimento e tentato golpe): già la scorsa settimana, secondo Yedioth Ahronoth, i vertici militari si sono spaccati sui risultati dell’operazione in corso, Carri di Gedeone, lanciata in pompa magna a metà maggio con l’identico intento: assumere il controllo fisico di tutta Gaza, per poi procedere all’espulsione di più palestinesi possibile.

Parecchi, tra i capi delle forze armate, la ritengono un fallimento: le carneficine quotidiane e la carestia imposte alla popolazione non hanno spinto Hamas a modificare le proprie richieste al tavolo negoziale, mentre rischia di ridursi significativamente l’apporto dei riservisti, con sempre più piloti e truppe di terra che rifiutano di tornare a servire nella Striscia. «Conquistare la Striscia trascinerà Israele in un buco nero», avrebbe detto ieri Zamir a porte chiuse. «Siamo entrando nel modello Vietnam», ha aggiunto un alto funzionario.

Intanto, sul terreno, la popolazione palestinese continua a ricevere con cadenza regolare ordini di evacuazione che riducono sempre di più gli spazi considerati no combat zone (almeno ufficialmente perché i raid non cessano): ieri è toccato al quartiere Nasser di Khan Younis e allo Zeitoun di Gaza City, o a quel che ne resta.

SECONDO il ministero della salute, nelle 24 ore precedenti alla nota di ieri pomeriggio l’esercito israeliano ha ucciso 135 palestinesi, di cui 87 mentre cercavano aiuti alimentari. Cinque morti per la fame, per un totale di 193 (96 bambini). Tra i target di ieri una clinica Onu che ospitava famiglie di sfollati a Gaza City e il quartier generale della protezione civile a Khan Younis.

Il bilancio accertato dal 7 ottobre 2023 è di oltre 61.150 uccisi e 151mila feriti, numero che non tiene conto dei dispersi (15-20mila) e dei morti per cause indirette (fame, sete, malattie non curate).

07/08/2025

da il Manifesto

Chiara Cruciati

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