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Ucraina, il conto più salato tocca alla Germania

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‘Schuldenbremse’, «freno del debito» in tedesco. È questo, assieme alla guerra in Ucraina gestita maldestramente dall’Occidente che ha mandato alla malora la Germania. Ora il Paese in ginocchio strepita su quello che avrebbe dovuto essere fatto. Esempio, che in alcuni frangenti storici il «deficit spending», fare debiti, è necessario. E il coraggio di smarcarsi da un’Unione Europea prona alle paturnie di Biden, forse avrebbe consentito di ottenere tre anni fa quello che si mendica oggi.

Nelle grinfie del ‘pifferaio’ Trump

Uno straccio di cessate il fuoco, che salvi il salvabile per Kiev. Senza scatenare una baraonda globale dagli esiti imprevedibili e, probabilmente, terrificanti. Domenica prossima si vota e l’ex «locomotiva d’Europa» arriva sbuffando, accompagnata da un sinistro stridore di ferraglia, all’appuntamento con gli elettori. Che non sembrano molto ben disposti verso il governo-semaforo uscente (rossi socialdemocratici, Verdi e gialli liberali), che ha deluso molte delle aspettative.

Economist e il futuro Cancelliere

Nel suo ultimo numero, l’Economist dedica la copertina a colui che dovrebbe essere il nuovo Cancelliere: Friedrich Merz, esponente di spicco dei Cristiano-democratici (CDU), il cui partito viaggia intorno al 30%. Così presenta la tornata elettorale tedesca la prestigiosa rivista britannica: «La Germania il buco nel cuore dell’Europa. Rappresenta un quarto della produzione dell’Unione, ma è in recessione da due anni e quest’anno rischia di essere il terzo. La percezione che l’immigrazione irregolare sia fuori controllo ha portato a un’impennata di sostegno alla destra xenofoba (AfD n.d.r.), frammentando la politica tedesca e causando paralisi nel governo e inazione nell’UE. Il suo modello di business si basava sulle esportazioni manifatturiere, soprattutto verso la Cina, sul gas a basso costo dalla Russia e sulla sicurezza fornita dall’America. Ma è in rovina.

Risultati delle Estreme e l’instabilità

Le elezioni del 23 febbraio sono le più significative in Europa da anni. C’è un probabile vincitore, Merz, ma ciò che accadrà dopo è sia difficile da discernere, sia di fondamentale importanza». Infatti, a seconda dei risultati delle estreme, si rischia l’instabilità o la necessità di mettere in piedi una Grosse Koalition, tra CDU e socialdemocratici (SPD), che consenta di governare ma in maniera ‘annacquata’. Per ora, sul banco degli imputati, c’è in particolare il Cancelliere Olaf Scholz, che probabilmente non passerà alla storia come il più illuminato degli statisti, ma che ha dovuto fronteggiare, a sua attenuante, una «supertempesta perfetta», che ne ha scompaginato i programmi. Nonostante i corposi alibi che può esibire, però, il leader della SPD viene lo stesso decisamente maltrattato dai commentatori politici internazionali.

Financial Times su Scholz

«Come la Germania è declinata sotto Olaf Scholz» titola asciutto il Financial Times, e prosegue: «Scholz è diventato Cancelliere tedesco con l’impegno di modernizzare e far uscire dalla paralisi la più grande economia europea. Ma appena due mesi dopo l’insediamento, l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, nel febbraio 2022, ha fatto a pezzi i piani del socialdemocratico e messo a dura prova la sua coalizione con i Verdi e i liberali. L’eredità del breve governo di Scholz – prosegue il FT – è una serie di rotture nella politica di sicurezza e di difesa e l’incapacità di arrestare il declino economico del Paese. Scholz inoltre ha promesso un altro ‘Wirtschaftswunder’ (miracolo economico), un riferimento al boom del secondo dopoguerra, attraverso investimenti significativi nella transizione verde, ma l’economia è cresciuta a malapena durante il suo mandato. Dopo essere aumentato dell’1,4 percento nel 2022, il PIL è diminuito nei due anni successivi e sta ristagnando al livello pre-pandemia».

Germania prima vittima ucraina

La Germania, dunque, è stata la principale vittima sacrificale della guerra in Ucraina, che ha sommato i suoi effetti devastanti ai contraccolpi della pandemia e, successivamente, a quelli dell’alterazione della catena internazionale degli approvvigionamenti. L’industria manifatturiera di Berlino, ‘export oriented’, ha finito per pagare doppiamente i contraccolpi della disastrosa gestione occidentale della crisi ucraina. Le sanzioni imposte alla Russia hanno colpito di rimbalzo l’intera Europa e, in particolare, proprio la Germania, con lo shock dei prezzi dell’energia e il rallentamento del commercio mondiale. Dopo il Covid, il mercato del lavoro è entrato in crisi e la guerra ucraina ha fatto il resto, spingendo al rialzo la disoccupazione. La «Rivoluzione verde» fatta da Scholz, sotto la spinta demagogica di Bruxelles, che ha fissato paletti irrealistici, ha poi messo in crisi nera il settore dell’auto. I vincoli di bilancio e il debito pubblico hanno poi frenato gli investimenti statali nel comparto dei motori elettrici.

Volkswagen con le gomme a terra

Così l’industria tedesca è rimasta, inopinatamente, in mezzo al guado. «Con la Volkswagen – scrive il Financial Times – il più grande datore di lavoro industriale tedesco, che pianifica di tagliare 35 mila posti di lavoro nel Paese entro il 2030 e di smantellare la capacità produttiva nazionale di oltre 730 mila veicoli, la crisi dell’industria automobilistica ha raggiunto il punto di ebollizione lo scorso anno». E siccome i guai si tengono per mano, l’economia tedesca ha dovuto anche fronteggiare un poderoso rialzo inflazionistico (comune a tutta Europa), che ha costretto la BCE a un incremento dei tassi, cosa che non ha certamente fatto bene alla crescita. Ne hanno risentito, in particolare, i mutui e i costi delle case e degli affitti. «La persistente carenza di alloggi in Germania è stata aggravata negli ultimi anni dal calo dell’attività edilizia – secondo il FT -, dal desiderio dei cittadini di avere appartamenti e case più grandi e dalla crescente pressione esercitata dal numero di migranti che si stabiliscono nel Paese. Il problema è particolarmente acuto nelle città più grandi, dove Scholz non riesce a mantenere la promessa di costruire 400 mila appartamenti all’anno».

Mercato del lavoro e ‘Spred’ all’italiana

L’opposizione (ma anche molti economisti) ha poi messo il Cancelliere sotto un fuoco incrociato di critiche per le sue politiche di sussidi alla disoccupazione. Cervellotici, fuori mercato e un potente disincentivo alla ricerca di un lavoro stabile. Nel 2024, i senza lavoro avevano diritto a 563 euro al mese, il 12 per cento in più dell’anno precedente, più le spese ‘adeguate’ per l’alloggio e fino a 471 euro per figlio. Un trattamento che, per molti analisti, avrebbe finito per allargare la platea del ‘lavoro nero’.
Un ultimo segnale di cui Scholz, e gli altri politici, ma anche i sondaggisti, dovranno tener conto arriva dai mercati. Ieri lo spread tra i nostri BTP e i Bund tedeschi è precipitato al minimo di quattro anni, fino a 104 e decimali.

19/02/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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