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UK, crisi di bilancio tra debiti, cannoni e soldi che mancano

UK, crisi di bilancio tra debiti, cannoni e soldi che mancano

Politica estera

04/09/2025

da Remocontro

Piero Orteca

L’Europa ha diversi grandi malati e il Regno Unito è uno di questi. Tanto che il Primo ministro, Sir Keir Starmer, ha dovuto abbozzare un mini-rimpasto di governo. Non solo una congiuntura, ma una vera e propria crisi di sistema, che tocca all’improvviso diversi altri grossi calibri, come Francia e Germania.

Non solo destra-sinistra ma ‘sistema’

A Londra, il salto politico dai tories ai laburisti, avvenuto lo scorso anno a furor di popolo, non ha cambiato di molto le cose. Anzi, la politica economica del governo ha quasi subito inacidito la luna di miele con l’elettorato, che aveva massicciamente sostenuto la svolta socialdemocratica. Risultato? L’ultimo sondaggio ‘YouGov’, riportato dal Telegraph, mostra cifre da lasciare tramortiti anche i più pessimisti: solo un misero 11% della popolazione approva l’operato del governo, mentre un massiccio 70% boccia senza appello le politiche di Downing Street. Il resto non si è espresso, ma quelli che hanno parlato bastano e avanzano. Il Regno Unito è rimasto invischiato nella crisi economica che sta attraversando tutto l’Occidente, ma con l’aggravante di avere fatto scelte di finanza pubblica sbagliate. Intendiamoci, il buco l’hanno creato i conservatori, ma poi Starmer e la sua ministra del Tesoro, Rachel Reeves, hanno persino peggiorato le cose. Con molte dichiarazioni contraddittorie e troppe promesse non mantenute. Ora, in vista della presentazione del bilancio autunnale a Westminster, i nodi sono venuti al pettine e ci si è accorti che, dalle casse pubbliche, mancano ben 41 miliardi di sterline. Veramente, lo si sapeva pure prima, ma si sussurrava tutto a mezza voce, per non sollevare deprecabili reazioni popolari.

‘Volenterosi’ d’azzardo

Perché? Beh, dal momento che Sir Keir Starmer è diventato il capofila dei ‘volenterosi’ per l’Ucraina e la migliore sponda europea di Trump per l’aumento della spesa militare (il Regno Unito è stato uno dei primi Paesi a varare un vasto e costoso piano di riarmo), era difficile proporre un aumento delle tasse per far quadrare i conti. Però i numeri sono numeri. E la Reeves, che aveva annunciato un piano per contenere il debito pubblico, attraverso tagli e tasse, ha dovuto rimangiarsi tutto. O, almeno, cercare di riscrivere la proposta di documento contabile per arrangiare le cose. La verità è che Starmer, detto senza mezzi termini, si crede Churchill ai tempi gloriosi dell’Impero britannico (che fu), mentre in patria, per finanziare le sue paturnie in politica estera, lesina i soldi agli invalidi e ai pensionati. Naturalmente, i mercati non sono fessi e, come sanno anche i non addetti ai lavori, si muovono sulle ‘aspettative’. Quello che li deprime, in definitiva, è l’incertezza. Proprio ciò che sta capitando in questo periodo al sistema finanziario del Regno Unito, che sbanda influenzato dall’ambiguità politica del governo.

Campanello d’allarme

Siamo già al campanello d’allarme, abbondantemente raccolto dalla stampa: «I costi di indebitamento a lungo termine della Gran Bretagna – scrive il Guardian –  hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi 27 anni, intensificando la pressione sul Cancelliere dello Scacchiere (Ministro del Tesoro), Rachel Reeves, in vista del bilancio autunnale. Il rendimento, o tasso di interesse, sul debito pubblico britannico a 30 anni ha raggiunto il 5,680% martedì mattina. Si tratta del livello più alto dal 1998, a indicare che per il Regno Unito sarà più costoso indebitarsi sui mercati, al di sopra del precedente massimo degli ultimi 27 anni del 5,649%, raggiunto ad aprile». Crescono i tassi, diminuisce la fiducia, aumenta il servizio del debito e la sentenza che danno i mercati dei titoli è quella di un prevedibile rialzo dell’inflazione. E non sbagliano, perché in questo momento Sir Keir Starmer detiene il poco invidiabile record di guidare il Paese con l’inflazione più alta d’Europa: il 3,8%, a superare tutti gli altri. Per non parlare della bilancia dei conti correnti al -3% (altro primato, dopo la Grecia), che segnala una sofferenza acuta dell’interscambio con l’estero. Il deficit su Pil del -4,9%, inoltre, dimostra con chiarezza i rimedi che dovrebbero essere invalicabili già raggiunti dalla spesa pubblica.

Armiamoci ad ogni costo

Eppure, a fronte di una tale emergenza finanziaria, che rischia di avere severe ripercussioni sulla soddisfazione dei bisogni primari dei cittadini, il complesso militare-industriale britannico continua a prosperare col decisivo sostegno dello Stato. Anche se non c’è ancora una vera emergenza-lavoro (il tasso di disoccupazione è fermo al 4,7%). Eppure, Starmer tra burro e cannoni, preferisce senz’altro i secondi. Non perché sia guerrafondaio, per carità, ma per il semplice motivo che ‘rendono’ di più. E la BBC è prodiga di notizie che mettono assieme, patria, medaglie e tanto denaro. «Il Regno Unito si aggiudica un accordo da 10 miliardi di sterline per la fornitura di navi da guerra alla Norvegia», titolo il network televisivo britannico. E spiega che il contratto prevede la fornitura di cinque fregate di tipo 26 e sarà «il più grande accordo di esportazione di navi da guerra in termini di valore del Regno Unito, come ha affermato il Ministero della Difesa. Downing Street ha manifestato tutta la sua soddisfazione, parlando della creazione di 4 mila posti di lavoro fino al 2030».

Sogni d’Impero

Starmer, dal canto suo, ha sostenuto che l’accordo stimolerà la crescita e proteggerà la sicurezza nazionale dei lavoratori. «Questo successo – ha affermato – è la testimonianza delle migliaia di persone in tutto il Paese che non solo stanno fornendo queste capacità di nuova generazione alle nostre forze armate, ma anche alla sicurezza nazionale del Regno Unito, dei nostri partner norvegesi e della Nato per gli anni a venire». Secondo il Ministero della Difesa – riporta la BBC – l’accordo dovrebbe inoltre sostenere più di 400 aziende britanniche, di cui 103 in Scozia. «L’accordo – sottolinea orgogliosamente la Tv inglese – rappresenta una vittoria per il governo britannico e l’industria della difesa su Francia, Germania e Stati Uniti, che erano stati presi in considerazione anche dalla Norvegia come possibili fornitori». Attualmente, presso i cantieri navali BAE Systems di Glasgow, sono in costruzione otto fregate di Tipo 26 per la Royal Navy, destinate a sostituire le vecchie fregate di Tipo 23. La BAE ha inoltre concesso in licenza il progetto del Tipo 26 al Canada e sta costruendo le navi da guerra in Australia su contratto.

Arsenale Regno Unito e ‘mercato Ucraina’

  • Intanto, è stata inaugurata a Sheffield una nuova fabbrica di artiglieria da 25 milioni di sterline. Lo stabilimento sarà specializzato in competenze di artiglieria e vedrà la città delle Midlands come base per la produzione di obici nel Regno Unito. Il nuovo impianto interesserà una filiera di oltre 60 aziende. Di questo passo, Sir Starmer, forse il suo governo riuscirà a rianimare l’economia britannica. Deve solo sperare che non finisca la guerra in Ucraina… se no, i suoi sofisticati e costosi arsenali, segneranno anche la sua sconfitta politica.
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