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Un altro naufragio al largo della Libia: ci sono 42 dispersi

Un altro naufragio al largo della Libia: ci sono 42 dispersi

Attualità 

12/11/2025

da Avvenire

Daniela Fassini

Secondo le testimonianze raccolte dall'Oim l'imbarcazione si è capovolta: solo 7 persone sono state salvate

Un altro naufragio "fantasma" di cui si ha notizia solo giorni dopo che è avvenuto.  L'ennesima tragedia del mare lungo la rotta del mediterraneo centrale, la più letale al mondo,  dove almeno 42 migranti hanno perso la vita in un naufragio avvenuto l’8 novembre al largo della Libia, nei pressi del campo petrolifero di Al Buri. Lo conferma l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, che ha raccolto le testimonianze dei sopravvissuti, almeno 7. Il gommone – con a bordo 49 persone, tra cui 47 uomini e due donne – era partito da Zuwara il 3 novembre alle tre del mattino. Dopo circa sei ore di navigazione, il mare agitato e un guasto al motore hanno provocato il capovolgimento dell’imbarcazione, gettando tutti i migranti in acqua. Solo sette uomini – quattro originari del Sudan, due della Nigeria e uno del Camerun – sono stati tratti in salvo dopo essere rimasti in mare in balia delle onde per sei lunghi giorni. Gli altri 42 risultano dispersi e sono presumibilmente morti: tra loro, 29 sudanesi, otto somali, tre camerunesi e due nigeriani. All’arrivo a terra, l’Oim ha fornito ai sopravvissuti assistenza medica di emergenza, acqua e cibo, in coordinamento con le autorità libiche. Solo martedì era giunta la notizia di un naufragio nell'Egeo. La guardia costiera greca ha confermato che l’incidente é avvenuto con venti quasi di burrasca vicino alla piccola isola di Gavdos, a sud di Creta, soprannominata la "Lampedusa dell'Egeo". Una nave dell’agenzia Frontex dell’Unione Europea ha salvato 56 persone «la cui barca apparentemente si é capovolta e ha trovato tre corpi». Si cercano altre persone. Gavdos si trova su una rotta migratoria utilizzata dai trafficanti che operano dai porti libici. Lunedì un’altra imbarcazione con 28 persone a bordo é stata intercettata nella zona.

Da gennaio 1.948 migranti morti in mare 

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) stima che quest’anno oltre 1.900 persone (per l’esattezza 1.948) siano morte o disperse sulle rotte migratorie del Mediterraneo e dell’Africa occidentale atlantica. La rotta del Mediterraneo, in particolare quella centrale, è una delle rotte migratorie più letali al mondo. Solo in questo tratto di mare 1.088 migranti sono morti da gennaio. A seguire la rotta dell’Atlantico e dell’Africa occidentale con 400 decessi. Si tratta sempre di barconi e gommoni stracarichi, fatiscenti e con la totale assenza di giubbotti salvagente che mettono a rischio chi intraprende il viaggio, pagando migliaia di euro, per raggiungere l’Europa. Il numero reale di vittime è probabilmente molto più alto di quanto registrato, dato che molti naufragi non lasciano superstiti né vengono documentati.  Il naufragio al largo dlla Libia arriva a poche settimane da altri incidenti mortali avvenuti al largo di Surman e di Lampedusa. Secondo i dati del Missing Migrants Project dell’Oim, oltre 33mila persone hanno già perso la vita lungo questa rotta negli ultimi dieci anni. Con quest’ultimo disastro, il bilancio cresce ulteriormente, evidenziando l’urgenza di rafforzare la cooperazione regionale, ampliare canali di migrazione sicuri e regolari e potenziare le operazioni di ricerca e soccorso per evitare nuove perdite di vite umane.

Ue: Italia sotto pressione, ma rispetti il Regolamento di Dublino

Bruxelles riconosce il "livello sproporzionato di arrivi registrato nell'ultimo anno". L'Italia - insieme a Grecia, Cipro e Spagna - sottolinea la Commissione, pubblicando il primo rapporto sull'asilo e la migrazione, «é sottoposta a una pressione migratoria a causa di livello sproporzionato di arrivi e per questo potrà accedere al Solidarity Pool, lo strumento di solidarietà obbligatoria dell'Ue, quando il Patto per le migrazioni e l'asilo entrerà in vigore a metà del 2026». Un primo passo per stabilire i ricollocamenti ma anche l'occasione per ribadire al Belpaese di rispettare il Regolamento di Dublino secondo cui uno Stato membro dell'Unione Europea è competente per l'esame di una domanda di asilo, basandosi in primo luogo sul principio del primo Paese di ingresso nell'Ue.   

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