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Un mondo sempre più imprevedibile

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Ieri la nuova ‘geoeconomia’, oggi la vecchia ‘geopolitica’ rivoluzionata che ci aspetta. «Il mondo che verrà» sarà sicuramente più imprevedibile di quello che finora siamo stati abituati a vedere. E, quindi, avremo davanti un sistema globale decisamente più ingovernabile. Questo alimenterà nuovi conflitti e “salderà” vecchie crisi, creando altre “macro-aree di confronto”.

I tre punti caldi planetari

I tre “hot-spots”, i punti caldi planetari esistenti, cioè Ucraina, Medio Oriente e Mar Cinese meridionale, saranno influenzati dall’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Certo, per quanto il nuovo Presidente americano possa cercare di mutare a modo suo il corso degli affari internazionali, va osservato che la campagna elettorale è già finita da un pezzo. Dalla propaganda alla dura realtà diplomatica, la sola “trattativa persuasiva” non basterà.

Ucraina primo ‘istant test’

L’Ucraina è il primo “instant test” al quale Trump verrà sottoposto. Il piano preparato dalla sua squadra e che sembra avere già discusso con Zelensky, prevede una soluzione di tipo “coreano”. I rumors parlano di un armistizio “sine die” che rispetti l’attuale linea di cessate il fuoco, lungo il Donbass e la Crimea. I territori già conquistati resterebbero in mani russe. A quanto pare, nelle segrete stanze, per ora si sta trattando sullo scoglio principale, che non sono i chilometri quadrati persi dall’Ucraina, ma bensì le garanzie di sicurezza, con cui blindare il futuro di Kiev. I segnali indicano, in questo momento, la volontà comune, di tutti gli attori coinvolti, di trattare. Anche se non mancano le perplessità e soprattutto i nemici di una soluzione di questo tipo.

Il partito trasversale della guerra

Alcuni analisti hanno addirittura ipotizzato l’esistenza di un “partito trasversale della guerra”, che soffiando sul fuoco della tensione mira a un aumento generalizzato ed esponenziale delle spese per la difesa. Con le relative commesse che ingrasserebbero il chiacchierato complesso “militare-industriale”. Solo complottismo? Forse si e forse no, perché, detto tra di noi, gli indizi ci sono tutti. Basti solo pensare che la soluzione diplomatica, ipotizzata ora, è la stessa di quella di cui si discuteva a Minsk quasi tre anni e mezzo milione di morti fa.

Medio Oriente e Golfo Persico

Ancora più incarognita è la situazione in Medio Oriente e nel Golfo Persico. Dopo il disastro della ritirata afghana, a Gaza e in Cisgiordania, il Dipartimento di Stato Usa ha dato il peggio di sé. Non ha saputo impedire che, in seguito ai massacri di Hamas del 7 ottobre, la risposta israeliana di “autodifesa” si trasformasse in una rappresaglia senza freni inibitori. La lobby ebraica americana ha pesantemente influenzato le scelte di Biden. E ora, con Trump, sarà pure peggio. Il problema è chiaro a tutti gli studiosi di politica internazionale: Israele è un Paese con una democrazia traballante, guidato da un premier estremista (Netanyahu), nelle mani di alcuni partitini messianico-nazionalistici. Il prezzo di una tale aberrazione politica lo stanno pagando i palestinesi, perché gli americani, semplicemente, tengono bordone alle strategie di pulizia etnica adottate dallo Stato ebraico a Gaza e Cisgiordania. Come, d’altronde, certificato dalle pronunce della Corte internazionale dell’Aja.

L’obiettivo attuale del Likud al potere, nel lungo periodo, è quello di costruire il “Grande Israele”, annettendosi Gaza e i Territori, aree del Sud del Libano e la fascia siriana ai piedi del Golan, verso Quneitra. Inoltre, l’obiettivo finale, irrinunciabile, resta quello di bombardare i siti nucleari iraniani.

Taiwan e l’unica Cina

Il terzo ‘punto caldo’ è lo Stretto di Taiwan, un’area cruciale per la navigazione nell’Indo-Pacifico, ma soprattutto una linea di confronto rovente tra Cina e Stati Uniti. Il motivo ufficiale della contesa riguarda la sovranità sull’isola di Formosa. Non è solo un problema di ‘bandiera’, ma soprattutto di sostanza: la Cina nazionalista, alleata degli Usa, è infatti la prima produttrice mondiale di microchip. Insomma, gratta gratta sotto la vernice del patriottismo spuntano sempre i dollari. Il guaio è che la contrapposizione sino-americana si sta allargando, toccando tutti i Paesi della regione, costretti, loro malgrado, a schierarsi.

Così anche chi non c’entra niente, come le Filippine, il Vietnam o la Malesia è obbligato a guardarsi le spalle, perché, come recita un antico proverbio indiano, “quando due elefanti combattono, è sempre l’erba a restare schiacciata”.

02/01/2024

da Remocontro

Piero Ortega

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