In un Paese serio, il Parlamento si sarebbe già mobilitato, e il ministro Tajani avrebbe almeno chiesto chiarimenti agli “alleati” americani. Invece no: silenzio, sottomissione, ignavia. Eppure Francesca Albanese non è una militante, ma una giurista di altissimo profilo nominata dalle Nazioni Unite
Nel giro di pochi giorni Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, è diventata il bersaglio ufficiale della macchina del fango israeliana e della rappresaglia diplomatica statunitense. E mentre Tel Aviv paga Google Ads per manipolare le ricerche online con pagine diffamatorie, e Washington impone sanzioni personali contro una cittadina italiana colpevole solo di aver denunciato crimini di guerra e il “business del genocidio”, il governo Meloni tace. Vigliaccamente.
Non una parola dal ministro degli Esteri, non un appoggio ufficiale, non un richiamo alle responsabilità verso una propria concittadina investita di un mandato internazionale. E dire che basterebbe leggere il rapporto che ha provocato l’ira della Casa Bianca: Albanese vi elenca con rigore giuridico i nomi delle aziende – tra cui Amazon, Alphabet, Palantir – che traggono profitto dall’economia di guerra israeliana. Nomi troppo influenti, evidentemente, perché qualcuno in Italia trovi il coraggio di difenderla.
Israele, da parte sua, ha alzato il livello della propaganda. Non solo accuse infondate di legami con Hamas, ma vere e proprie operazioni di disinformazione pianificate: video falsi creati con l’intelligenza artificiale, campagne su YouTube, pagine sponsorizzate che oscurano ogni traccia neutra di informazione. E Francesca Albanese diventa così il capro espiatorio perfetto: donna, italiana, e troppo libera per essere controllabile.
In un Paese serio, il Parlamento si sarebbe già mobilitato, e il ministro Tajani avrebbe almeno chiesto chiarimenti agli “alleati” americani.
Invece no: silenzio, sottomissione, ignavia.
Eppure Francesca Albanese non è una militante, ma una giurista di altissimo profilo nominata dalle Nazioni Unite. La sua unica colpa è fare ciò che la comunità internazionale dovrebbe fare da tempo: chiamare le cose con il loro nome. Anche quando il prezzo è l’isolamento. Anche quando il governo del proprio Paese si gira dall’altra parte.
11/07/2025
da Left
Giulio Cavalli