Alle prime luci dell’alba del 23 agosto 1944, reparti dell’esercito tedesco (la Wermacht, non le SS) irruppero nelle misere case coloniche e nelle ancor più misere capanne in cui si era rifugiata la popolazione delle zone limitrofe al Padule di Fucecchio per fuggire a insidie e pericoli del fronte fermo sulle rive d’Arno.
Quel giorno, quei soldati tedeschi (insistiamo nel ricordare che erano soldati della Wermacht non SS) aiutati notoriamente da collaborazionisti repubblichini locali, fecero la guerra, sì, ma ai civili. Il risultato: 174 vittime, tutte civili, quasi tutte donne, vecchi, bambini (la vittima più piccola di 5 mesi, la più vecchia di 93 anni, una donna semi-cieca uccisa con una bomba a mano lasciata nel grembiule).
Delle 174 persone uccise, 62 erano donne e 112 uomini, 25 avevano meno di 14 anni, 26 ne avevano più di 60. Da un punto di vista sociale, erano quasi tutti contadini e mezzadri residenti nell’area palustre o negli immediati dintorni; le vittime residenti in provincia di Pistoia furono 141, quelle residenti in provincia di Firenze 21, mentre altre 12 erano sfollati provenienti da Grosseto, Lucca, Massa e Carrara, Livorno, Pisa, Verona, Palermo, Nuoro.
Il più alto tributo fu quello pagato da Cintolese, nel comune di Monsummano T., con 84 morti; 23 erano i trucidati di Castelmartini nel comune di Larciano, 19 di Ponte Buggianese, 13 di Stabbia, comune di Cerreto Guidi.
Ed è la forza dei numeri a ricordarci quanti affetti sono stati strappati, lacerati, distrutti: 31 persone furono uccise insieme ai loro genitori; dei 174 morti, ben 87 erano parenti tra loro; 134 delle vittime furono uccise davanti o dentro la propria abitazione, nella propria aia, nel proprio podere.
Erano tutti partigiani? No. I partigiani, usavano il Padule come area di transito per un motivo semplice: perché non c’erano posti dove poter nascondere un “banda” partigiana se non di numeri modestissimi. Inoltre, tutti sapevano che in alcuni paesi c’erano spie e fascisti (Massarella, Ponte Buggianese) che il Padule lo conoscevano bene e non era il caso di coinvolgere le centinaia di sfollati che in gronda al Padule stesso cercavano di sfuggire agli orrori della guerra.
Tanto che, appunto, il Padule – che sfociava sulle rive dell’Arno – serviva proprio per trasporti di armi e viveri da spostare a nord, sulle colline dell’alta Valdinievole e la montagna pistoiese. Quindi, non c’è mai stata un’ipotetica esagerazione di una risposta ad atti di guerriglia. Fu scientemente un’azione di guerra ai civili, di annientamento fisico e morale di un’intera popolazione.
Fu una scelta disumana, gestita dai vertici militari tedeschi con la collaborazione di qualche collaborazionista fascista locale mai portato davanti a un Tribunale. Fu sterminio. Nel corso di questi 79 anni, ci sono stati ricercatori e storici locali che individualmente prima e con il supporto dell’Istituto Storico della Resistenza poi, hanno lavorato alla ricostruzione dei fatti. A partire dal lavoro fondamentale di Riccardo Cardellicchio, uscito nel 1974 e seguito poi da lavori di Vasco Ferretti, Metello Bonanno e altri. Ma è giusto segnalare che la famosa giustizia militare fece finire nell’”armadio della vergogna” anche fascicoli dedicati a questa strage. Giustizia non è mai stata fatta! Perchè a distanza di 79 anni e su pagine social noi comunisti vogliamo ricordare questa strage? Intanto – come segnalato poc’anzi – le guerre le subiscono i proletari, ieri come oggi, e in realtà intorno a questa strage degli innocenti ci sono ancora pagine mai aperte, inchieste mai svelate pubblicamente, nomi e cognomi mai rivelati, ruoli mai disvelati.
E non è affatto rispettoso per quelle vittime! Ma siamo anche convinti che esercitare il diritto alla memoria è necessario per evitare il ritorno della barbarie. Senza odio ma anche con la memoria collettiva ben ferma su ciò che è successo in questo territorio e che faremo di tutto per ritorni inaccettabili.
23.08.2023