ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Università di Medicina, via il numero chiuso? Lo sbarramento è dopo sei mesi. Dalla mancanza di aule al rischio disoccupati: le falle del decreto

Università di Medicina, via il numero chiuso? Lo sbarramento è dopo sei mesi. Dalla mancanza di aule al rischio disoccupati: le falle del decreto

Per le associazioni di categoria e sindacati, la riforma di Bernini non comporterà alcun beneficio per gli studenti. Bensì aumenterà stress, costi, disuguaglianze e incertezze. Anaao: "Un progetto senza visione o prospettiva"

La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, aveva dichiarato di avere tutto pronto per far sì che la riforma del test d’ingresso a medicina venisse messa in pratica già a partire dal prossimo anno accademico. Aveva annunciato di avere il “decreto legislativo in canna” già la scorsa settimana, ospite alla trasmissione televisiva Che tempo che fa. E il 28 marzo il primo provvedimento necessario all’attuazione della legge delega è arrivato in consiglio dei ministri. Composto da 11 articoli, il decreto conferma le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, e con loro anche le paure di sindacati e addetti ai lavori. Per le associazioni di categoria, la riforma non comporterà alcun beneficio per gli studenti. Bensì aumenterà stress, costi, disuguaglianze e incertezze. È ormai certo che la misura non abolirà il numero chiuso, come annunciato in un primo momento, né eliminerà definitivamente lo sbarramento iniziale. Piuttosto posticiperà di sei mesi – e anche di più – il momento in cui gli aspiranti medici scopriranno cosa ne sarà del loro futuro. Un futuro che, denunciano le associazioni, a causa dell’aumento dei posti disponibili nel corso di laurea, gli riserverà gravi problemi di occupazione.

La riforma, contenuta nella legge delega 26/2025 – approvata in via definitiva l’11 marzo scorso -, introduce importanti cambiamenti nelle modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria, protesi dentaria e veterinaria. Il governo avrà ora 12 mesi di tempo per adottare tutti decreti necessari alla concreta applicazione della misura. Il consiglio dei ministri del 28 marzo, infatti, è solo un primo passo. Il decreto legislativo dovrà passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle commissioni parlamentari competenti, che avranno trenta giorni per esprimere il loro parere. Solo dopo potrà tornare a Palazzo Chigi per l’ok definitivo, dando il via ai 60 giorni previsti per l’emanazione dei decreti ministeriali.

Tra le principali novità previste dalla legge delega c’è l’abolizione del test d’ingresso per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 25 anni, sostituito da un primo semestre aperto a tutti, pensato come fase di filtro. Questo semestre non avrà l’obbligo di frequenza e sarà ripetibile fino a tre volte. L’unica soluzione possibile per ovviare al problema delle risorse e degli spazi limitati nelle facoltà, che non sono attrezzate per accogliere oltre 70mila aspiranti medici ogni anno. In questi sei mesi, i ragazzi frequenteranno tre corsi comuni all’area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria, per prepararsi all’esame di sbarramento. Al termine di questo periodo, infatti, proseguirà con il secondo semestre solo chi riuscirà a posizionarsi nella graduatoria nazionale, superando l’esame sulle tre materie fondamentali.

Quali siano le materie, nonché le modalità di questo esame, è ancora da definire. E anche sulle tempistiche rimangono molti dubbi. Se, come sembra, la prova dovrà essere svolta entro dicembre, ci troveremo di fronte allo strano caso di un semestre che dura solo tre o quattro mesi. In ogni caso, sono tutti aspetti che dovranno essere chiariti da successivi decreti ministeriali. È già certo, invece, che chi non dovesse ottenere un posto nel corso di laurea di medicina potrà ripiegare su un’altra facoltà affine, conservando i 18 crediti formativi ottenuti nel semestre filtro. In sede di iscrizione, ai ragazzi verrà chiesto di indicare il loro corso di ripiego. Oltreché l’università in cui svolgere il semestre aperto e le sedi preferite (almeno cinque) nelle quali continuare a studiare medicina, nel caso venissero ammessi. Altra cosa già assodata è che per il momento la riforma interesserà solo gli atenei pubblici che offrono corsi di medicina in lingua italiana. Quelli non statali e quelli che propongono lezioni in inglese possono continuare a selezionare i loro studenti con le vecchie modalità.

Dunque, il numero chiuso resta. I posti a disposizione saranno decretati dal ministero dell’Università, in collaborazione con quello della Salute e le Regioni. Ma Bernini parla di oltre 30mila ingressi in più in sei anni. Un incremento che, secondo le associazioni di categoria, non avrà alcun impatto sulla drammatica carenza di personale che oggi osserviamo negli ospedali italiani. E che invece, nel giro di qualche anno, condurrà a una pletora medica: l’aumento del numero totale degli studenti porterà, a partire dal 2032, ad avere circa 60mila medici in esubero rispetto al fabbisogno del Sistema sanitario nazionale.

Il timore di sindacati e associazioni – come Anaao Assomed, Associazione Liberi Specializzandi e Giovani Medici per l’Italia – è che la pletora medica spiani la strada al “discount” delle prestazioni mediche della sanità privata. I tanti disoccupati saranno costretti ad accettare contratti al ribasso, con il conseguente crollo della qualità delle prestazioni. Un provvedimento di “pura demagogia” per Anaao che, attraverso il suo segretario, Pierino Di Silverio, definisce la misura un progetto “senza visione e senza prospettiva”, “un disegno per distruggere le competenze di una professione già in crisi”. Il sindacato sottolinea inoltre l’aumento di spese per gli studenti: invece che la quota di partecipazione a un concorso, di circa 60 euro, le famiglie dei ragazzi si troveranno a dover pagare la tassa di iscrizione universitaria. Milioni di euro di spese aggiuntive, riscosse dal Mur. A questo si aggiunge la pressione emotiva indotta dall’ipercompetitività del semestre filtro. Un approccio che in Francia, Paese dove è applicato un modello simile, ha già dimostrato di portare all’insorgenza negli studenti di malattie psichiatriche, come burnout e depressione.

Infine, preoccupa molto la scelta del metodo di valutazione dell’esame di sbarramento. Resta sullo sfondo, infatti, la possibilità che la graduatoria possa essere redatta anche sulla base della media voti ottenuta dal singolo studente durante il semestre filtro. Se questo venisse confermato, il voto assegnato dal singolo professore acquisirebbe un peso enorme, mettendo nelle mani dei docenti, con il loro personale metro di valutazione, il futuro dei ragazzi. Chi avrà il professore più largo di manica potrà fare il medico. Al contrario, chi si troverà di fronte un esaminatore molto esigente dovrà rinunciare al suo sogno. Questo senza contare l’incubo raccomandazioni, che un metodo come questo lascia facilmente intravedere sullo sfondo.

31/03/2025

da Il Fatto Quotidiano

 Francesco Lo Torto

share