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Uno squarcio di verità sul 7 ottobre

Uno squarcio di verità sul 7 ottobre

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26/11/2025

da La Notizia

Giulio Cavalli

A Gaza ieri non pioveva: crollava il cielo. Le prime immagini sono arrivate all’alba: tende allagate, cumuli di fango che diventano muri, bambini che trascinano secchi più grandi di loro per liberare lo spazio in cui dormono.

È una scena che in qualsiasi altro luogo chiameremmo “emergenza climatica”; qui è la conseguenza aritmetica della distruzione. Senza case, senza strade, senza drenaggi, basta un temporale di un’ora per creare un nuovo esodo dentro l’esodo. La pioggia si infiltra ovunque: nelle coperta bagnate, nelle scatolette di cibo rimaste aperte, nella paura.

Mentre il fango inghiotte le tende, arrivano le notizie da Khan Younis: un uomo ucciso dalle forze israeliane nelle zone ancora controllate dai militari. Da Bani Suheila ne arriva un altro. Da Nablus arrivano i video delle ambulanze respinte e dei giornalisti allontanati durante un’operazione notturna. Da Silwad, la casa devastata dai coloni registrata in diretta. Non c’è tregua che tenga: la guerra procede come un’unica linea continua, da una parte all’altra del muro.

E intanto, a centinaia di chilometri da quel fango, Israele discute di responsabilità. Un esponente della maggioranza ha ammesso che serve una commissione d’inchiesta sul 7 ottobre. È un punto di svolta: se anche nella coalizione c’è chi riconosce la necessità di un’indagine ufficiale, significa che la versione monolitica del governo sta cedendo. Significa dire ad alta voce che qualcosa non ha funzionato, che qualcuno potrebbe dover rispondere. È la prima silhouette di una verità che prova a farsi largo.

Ma a Gaza queste crepe politiche non arrivano. Qui arriva solo l’acqua. Arriva il freddo. Arriva il rumore delle ambulanze bloccate, delle tende che cedono, dei bambini che affondano fino alle caviglie.
E in questo rumore, ogni promessa di tregua si scioglie come fango.

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