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‘Uranio Impoverito’, le vecchie inchieste di ‘Remocontro’

‘Uranio Impoverito’, le vecchie inchieste di ‘Remocontro’

Si torna a parlare di Uranio Impoverito, dopo decennali silenzi attorno alla morte di centinaia di militari italiani uccisi da leucemie causate –diagnosi mediche reiterate- dalla esposizione agli effetti dell’uso di quei proiettili. Remocontro se n’è occupato a lungo, dai primi sospetti di inquinamento ambientale, con una attenzione e una presenza costante nelle aree contaminate per più di dieci anni.
I primi proiettili all’Uranio Impoverito esplosi in Europa sono stato usati dagli Stati Uniti nella breve campagna aerea in Bosnia, attorno a Sarajevo, fine 1995. 6.780 i proiettili all’uranio impoverito utilizzati nei territori di Han Pijesak e Hadžići, aree serbo bosniache attorno a Sarajevo.
Ma le zone di guerra più colpite dai bombardamenti con uranio impoverito sono state Serbia e Kosovo, primavera 1999, nei tre mesi di bombardamenti Nato. Risultano sparati più di 31mila colpi di munizioni (13 tonnellate di materiale radioattivo), solo nella guerra in Kosovo. I siti bombardati con ordigni all’uranio impoverito furono 112, di cui 85 in Kosovo, 10 in Serbia, 1 in Montenegro.

Remocontro, come eravamo, giugno 2019

Uranio Impoverito, la cacca diventa oro, ma chi tocca muore!

Scusate la volgarità della espressione, ma questo è il segreto inconfessabile che si nasconde dietro la vergogna Uranio Impoverito. Uno scarto dell’arricchimento dell’uranio per bombe atomiche o centrali nucleari che ti costava un occhio della testa immagazzinare e proteggere come dovuto. Poi negli Usa scoprono che un po’ di quella porcheria, rende i proiettili come dei fulmini di Giove, in grado di fondere corazze d’acciaio senza bisogno di tanto esplosivo per frantumarle.

  • Ordigni all’uranio impoverito usati per la prima volta in Iraq, esclusiva Usa, e in Europa e come armamento Nato, sulla Bosnia, 1995, contro i serbo bosniaci di Karadzic, e poi, senza risparmi, contro l’esercito jugoslavo di Milosevic nella campagna per il Kosovo 1999.
  • Soldati italiani operativi nell’aerea senza alcun avvertimento di rischio né indicazioni di prudenza, mentre ad esempio in Kosovo, altri militari Nato si muovevano tra i relitti dei blindati serbi colpiti, usando tute e mascherine. Loro sapevano cose a noi ignote?
  • Sospetti immediati di scienziati serbi, tra loro uno strano suicidio, il professor Predrag Polić, affogato nelle acque del Danubio sul cui avvelenamento radioattivo stava indagando.
  • Terre presumibilmente contaminare raccolte nascostamente e altrettanto segretamente portate in Italia senbnza dirvi come e da chi, le prima analisi sempre ufficiose, i dati di radioattività da paura con la prima denuncia pubblica, allora in una sala del Senato.
  • Poi le prime morti per leucemia tra quei soldati italiani inconsapevoli comandati alla morte da industrie di armamenti assassine, e successivamente da ufficiali (alti comandi che dovevano sapere) incapaci o irresponsabili.
  • Questo è contributo diretto di Remocontro, (Ennio Remondino se serve per qualche querela), perché dietro quella sporca storia noi abbiamo lavorato per anni e da subito e siamo in grado di provare.
  • Eravamo la, sotto le bombe, e dopo. Con quei primi scienziati serbi che indagavano anche contro Milosevic, e l’amico Predrag ‘suicidato’, il mio personale sospetto. A cercare un po’ di verità quando ancora non si poteva immaginare certo la dimensione del dramma che avrebbe colpito anche in casa nostra.

Ora la cronaca di altri

«Uranio impoverito e militari colpiti da tumori, qualcosa si muove», titola l’Avvenire con la cronaca di Luca Liverani venerdì 31 maggio.
«L’uranio impoverito uccide ancora», il titolo secco del manifesto di martedì 28 a firma di Nicole Corritore, citando ‘OBC Transeuropa’, il vecchio e noto Osservatorio Balcani e Caucaso.
Nicole parte con i numeri. «366 i militari italiani morti. Allarme tumori in Serbia colpita dalle bombe Nato nel 1999: sono 7.500 i nostri soldati che si sono ammalati dopo le missioni in Bosnia (1995) e in Kosovo (1999), ma è silenzio sui civili contaminati nelle zone bombardate. Sempre più evidente la correlazione tra questo componente dei proiettili e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra. E anche tra la popolazione civile».
Poche righe, detto tutto, salvo dettagli da raccapriccio, da indignazione. Prendiamo un po’ dall’uno e dall’altra.

Metalli pesanti nel midollo osseo

«Il militare italiano morto suicida a ottobre, che era stato in Serbia nel 1999, aveva nel midollo osseo metalli pesanti. Come la popolazione civile serba che ha vissuto sotto i bombardamenti Nato a Belgrado». Ennesima conferma, sostiene Domenico Leggiero del comitato Osservatorio Militare, della correlazione tra l’uranio impoverito dei proiettili e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra. Ad oggi 366 i decessi – afferma l’Osservatorio – e 7.500 i malati. Correlazione finora negata dalle Forze Armate, nei processi per richieste di risarcimento. «Già 130 le sentenze che riconoscono il nesso di causalità», afferma l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale di molti dei militari colpiti.
«A soli due giorni dalla morte di Daniele Nuzzi un altro militare ci lascia…». È Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare ad annunciarlo sulla pagina Facebook «Vittime dell’uranio impoverito» il 18 aprile scorso. È la 366esima vittima per uranio impoverito tra i militari italiani, la cosiddetta «Sindrome dei Balcani». […] Daniele Nuzzi, deceduto il 15 aprile a 48 anni, aveva prestato servizio in diverse missioni in territori bombardati con il DU e al rientro in Italia si era ammalato. Come dichiarato dall’Osservatorio Militare nel giorno del suo decesso, «gli era stato negato dall’amministrazione militare il riconoscimento di vittime del dovere, ottenuto solo dopo qualche anno».

Dal 2001 è una vera battaglia

Battaglia per la vita dei circa 7500 militari malato della stessa malattia, chiamiamolo cancro del sangue, per semplificare, 366 sconfitte, soldato morti, e battaglia legale tra chi nega l’esistenza di una correlazione tra esposizione al DU e lamalattia, e chi sostiene il contrario con numeri di morti e malati alla mano e sentenze di condanna a carico del ministero della Difesa. 119 sentenze di condanna a carico della Difesa e 352 quelle in corso di giudizio, ma ancora non si riconosce l’evidenza.
Nel 2000 la Commissione Mandelli e tra il 2005 e il 2018, ben quattro Commissioni parlamentari sull’utilizzo del DU nelle missioni all’estero e nei poligoni e nelle installazioni militari in Italia. Relazione finale dell’ultima Commissione, 15 febbraio 2018, ribadito il «nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari».
La novità, rispetto al passato, è che la relazione è stata consegnata a marzo 2018 da Gian Piero Scanu, presidente dell’ultima Commissione, a Darko Laketic, presidente della neonata Commissione di indagine sulle conseguenze del bombardamento Nato del 1999 sui cittadini della Serbia. La messa a conoscenza delle indagini parlamentari italiane ha spinto poi la Serbia a istituire una commissione.

Sulla parte balcanica Nicole Corritore

«Secondo le dichiarazioni di Laketic alla Rtv (le televisione pubblica serba) lo scorso 19 marzo, la commissione ha già realizzato un’indagine medico-scientifica con la collaborazione dell’Istituto ‘Milan Jovanovic Batut’ di Belgrado, centrata sui soggetti nati dopo il 1999 in Serbia centrale: ‘Dai primi risultati, emerge che nella fascia d’età 5-9 anni si ha una maggiore e significativa percentuale di malati rispetto ad altre fasce di età, oltre a una maggiore disposizione a contrarre nel tempo malattie tumorali maligne del sangue’».

Guerra chimica su Belgrado con Pancevo che bruciava

«Sappiamo inoltre che sull’insorgere delle neoplasia ha influito un fattore tossico, ma non sappiamo quale dei tanti (…). Nel dibattito pubblico è dominante l’uranio impoverito, ma devo ricordare che il DU rappresenta solo la punta dell’iceberg. A causa del bombardamento sono state rilasciate nell’ambiente molte e diverse sostanze cancerogene».

Depleted Uranium e allarme chimico

Dai dati Nato, senza possibilità di riscontro, risultano essere 112 i siti colpiti con DU, di cui 1 in Montenegro, 10 in Serbia e 85 in Kosovo. Tra questi, le città di Pancevo e Kragujevac. Pancevo, il cui distretto industriale comprende anche un petrolchimico e una raffineria, è stata bombardata a partire dal 24 marzo, dal primo giornbo all’ultimo, quando ormai non c’era più nulla da distruggere, salvo voler far volare per aria diossine e scaricare veleni nel Danubio e su Belgrado.

Notizia di Remocontro, allarme attacco chimico

A Belgrado suona per la prima e unica volta l’allarme attacco chimico. Per aria una nube unica, non si respirava. La radio di Stato che consiglia, «chiudetevi in casa e fazzoletti bagnati alla bocca». Con la bomba Pancevo e irrorarci di veleni alle porte della capitale, evacuazione di Belgrado e resa di fatto? Esempio classico di quando la vittima diventa complice di chi la colpisce. Da allora, mai più un allarme di attacco chimico, tutti a respirare veleni, per gli altri tre mesi di bombardamenti che dovevano ancora venire. Tutto questo fu denunciato in diretta tv allora, ma scopro un mondo di distretti.

Zastava, bandiera, automobili e armi

Kragujevac è stata colpita tra il 9 e il 12 aprile. La fabbrica automobilistica ‘Zastava’ di Kragujevac e il nascosto settore militare, kalashnikov e armi leggere – colpita anche con proiettili al DU – è stata subito ripulita da decine di operai della fabbrica per ripartire prima possibile con la produzione. Neoplasie maligne e molti operai deceduti negli anni successivi. 1500 operai della Zastava definiti «casi a rischio». Solo il 17 aprile scorso la commissione di Laketic ha incontrato a Kragujevac una rappresentanza degli operai coinvolti nella bonifica dai quali si è fatta consegnare documentazione medica.
Prima della Serbia la Bosnia, la parte serba alle porte di Sarajevo, ad esempio, dove aveano la loro caserme le forze armate di Karadzic. Bombardamenti pesanti all’uranio impoverito, ma poi, popolazione serba in fuga da pulizia etnica volontaria, e nessuna statistica medica possibile.
Torniamo a Nicole Corritore: «Come mai in Bosnia Erzegovina, a seguito di indagine governativa nel 2004, i cui risultati non sono stati poi resi pubblici, vige il silenzio? Perché non si parla dei civili in Kosovo, bombardato con 25mila dei 31mila proiettili usati nel 1999? Ed infine: viste le conferme scientifiche delle devastanti conseguenze su popolazioni e ambiente, perché non viene bandito l’uso di questi proiettili? Uno scandalo, vergognosamente attuale».

02/05/2024

da Remocontro

Remocontro

 

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