25/11/2025
da Il manifesto
La mobilitazione. Sabato sindacati di base in piazza con il movimento per la Palestina. Presidi e cortei, a Roma e a Milano, per contrastare l’attacco ai diritti sociali, l’austerità della legge di bilancio, l’aumento della spesa militare e l’economia del genocidio. Venerdì sciopero dei giornalisti contro la Fieg e per il contratto
Venerdì prossimo, 28 novembre, ci sarà il primo sciopero generale contro la legge di bilancio del governo Meloni. È stato organizzato dai sindacati di base: Cub, Sgb, Cobas, Clap, Usb, Usi e altri. Il secondo della Cgil sarà il 12 dicembre, in coincidenza con l’anniversario della strage di piazza fontana a Milano.
La mobilitazione del 28 connetterà la questione economico-sociale, a cominciare dalla crisi salariale e la «finanziaria di guerra» con la solidarietà internazionalista con il popolo palestinese. Anche per questa ragione il giorno successivo, sabato 29 novembre, chi avrà partecipato allo sciopero potrà confluire nella manifestazione nazionale che si terrà a Roma (Porta San Paolo alle 14 con la rete «No King’s» che partirà dal vicino parco Schuster) e in un corteo a Milano (Piazza XXIV Maggio, alle 14). Un interessante «week-end lungo» di protesta che non mancherà di produrre qualche attacco ideologico della destra al governo.
I sindacati di base considerano la legge di bilancio 2026 come un’adesione al «piano Re-Arm Eu» perché prepara un aumento della spesa per la difesa fino a 22 miliardi di euro in tre anni. A questa critica interna si affianca una netta condanna della politica estera. I sindacati accusano il governo e l’Unione Europea di «complicità nel genocidio del popolo palestinese» e chiedono sanzioni adeguate e l’interruzione immediata dell’«economia del genocidio» alimentata dalle relazioni istituzionali, economiche, scientifiche e politiche con lo Stato di Israele. La protesta include la scelta autoritaria in materia di leggi repressive e di contrasto al dissenso. Per ribadire queste ragioni Usb ha invitato il 28 ad andare a un presidio in Piazza Montecitorio dalle 11, criticando che l’azione avvenga «nel giorno in cui i parlamentari non lavorano, come tutti i venerdì dell’anno».
Contestualmente allo sciopero generale, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) sciopererà per l’intera giornata di venerdì 28 novembre. L’adesione di fatto bloccherà l’uscita di giornali e la messa in onda di notiziari Tv. La protesta dei giornalisti è mirata al mancato rinnovo del contratto nazionale Fnsi-Fieg, scaduto da oltre dieci anni. La categoria chiede un nuovo accordo che recuperi la perdita del potere d’acquisto degli stipendi, che favorisca l’ingresso di giovani e che garantisca diritti e retribuzioni adeguate alle migliaia di collaboratori e corrispondenti, spesso precari.
Allo sciopero generale dei sindacati di base aderirà il personale di Italo e quello del Gruppo FS, Trenitalia, Trenitalia Tper e Trenord. Lo stop è previsto dalle 21 di giovedì 27 novembre fino alle 21 di venerdì 28 novembre. Per i treni, i servizi saranno garantiti nelle fasce orarie 6-9 e 18-21. Per i voli, le fasce di garanzia saranno attive tra le 7-10 e le 18-21. Il trasporto pubblico locale garantirà il servizio da inizio servizio alle 8:29 e dalle 17 alle 19:59.
Lo sciopero entrerà anche nella scuola. Le richieste principali includono aumenti salariali del 30% per docenti e Ata per recuperare il potere d’acquisto perso nell’ultimo ventennio, a fronte di un recente contratto che ha concesso solo il 6% di aumento contro un’inflazione triennale del 14,5%. L’opposizione è anche alla «riforma a pezzi» di Valditara (che include riforme su tecnici, professionali, tutor e orientatore) e per ribadire l’opposizione alle «indicazioni nazionali» e all’autonomia differenziata.
In questo panorama non mancano le polemiche sulle divisioni sindacali a sinistra. Piero Bernocchi dei Cobas ieri ha ribadito la critica della scelta della Cgil di convocare il proprio sciopero il 12 dicembre, «contrapponendosi a quello già fissato dai sindacati di base per il 28 novembre». Bernocchi ha sottolineato che il 12 dicembre è «fuori tempo massimo rispetto all’iter della finanziaria» e ritiene che questa mossa abbia «diviso colpevolmente quello che lo sciopero del 3 ottobre aveva unito». A suo parere, la rottura dell’unità sindacale, che in precedenza aveva portato “circa due milioni in piazza”, rappresenta un “passo indietro” ingiustificato. Bernocchi sostiene «l’importanza dell’azione unitaria» ed è convinto che alla protesta di venerdì parteciperanno anche «tanti iscritti alla Cgil sia varie strutture sociali e di movimento».

