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«Vicini all’accordo», ma le distanze restano

«Vicini all’accordo», ma le distanze restano

Politica estera

17/12/2025  

da Il manifesto

Sabato Angieri

Russia/Ucraina Malgrado le aperture, ucraini e russi continuano a scontrarsi sugli argomenti-base del negoziato: territori e garanzie di sicurezza

I protagonisti delle trattative per la fine della guerra in Ucraina sono d’accordo sul fatto che siamo a un passo dalla definizione dell’accordo. Quanto sia lungo questo passo e quanto tempo ci vorrà per compierlo resta, tuttavia, il vero interrogativo. A ogni scontro diplomatico si ha l’impressione che il tavolo possa saltare del tutto. Gli Stati uniti fanno sapere che la loro proposta «non durerà in eterno», che se dovesse fallire anche questa mediazione si ritireranno. Russi e ucraini arrivano sempre agli stessi due punti: territori e garanzie di sicurezza.

VOLODYMYR ZELENSKY raccoglie i primi frutti dei suoi recenti viaggi in giro per il Vecchio continente. A quanto si apprende da diverse fonti diplomatiche e stampa, gli Usa avrebbero aperto alla possibilità dell’intervento di una forza multinazionale europea sul suolo ucraino dopo la firma dell’accordo. «Molti Paesi sono davvero pronti ad aiutare» ha dichiarato Zelensky durante una conferenza stampa a L’Aja, dove si trovava per l’inaugurazione della Commissione internazionale per il risarcimento dei danni di guerra all’Ucraina (che si occuperà di quantificare e vagliare i danni causati dall’invasione russa). Non solo soldati, ma anche «logistica, intelligence e forniture», c’è posto per tutti.

DA MOSCA il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, fa sapere che la proposta è stata vista solo sui media, «ma non risponderemo, non abbiamo visto ancora alcun testo. La nostra posizione è ben nota ed è chiara agli americani e agli ucraini». In cosa consista questa risolutezza lo spiega il viceministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov: «Non sottoscriveremo, accetteremo o saremo nemmeno soddisfatti di alcuna presenza di truppe Nato sul territorio ucraino», anche se fossero parte di una garanzia di sicurezza o come membri della Coalizione dei volenterosi. Ryabkov ha inoltre ribadito che sulle regioni occupate (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e Crimea) non sarà accettato «alcun compromesso». Singolare che lo stesso funzionario si sia poi lasciato andare a uno slancio di ottimismo: «Sono molto fiducioso e abbastanza certo che siamo sul punto di risolvere questa terribile crisi».

ANCHE L’ALTRO PUNTO focale delle garanzie di sicurezza, l’impegno degli Usa in caso di nuova aggressione russa, sembra a una svolta. Secondo Politico, durante i negoziati a Berlino la Casa bianca avrebbe offerto a Kiev garanzie di sicurezza «simili a quelle che riceverebbe se facesse parte della Nato», ovvero l’intervento diretto degli alleati in caso di attacco subito. La stampa l’ha già definite le garanzie di sicurezza «simil-Articolo 5 della Nato».

Per la prima volta ho sentito dai negoziatori Usa che garantiranno la sicurezza dell’Ucraina con una risposta militare se i russi attaccheranno

Donald Tusk

La rivista statunitense spiega che si tratta della promessa «più forte ed esplicita che l’amministrazione Trump abbia mai avanzato per l’Ucraina» ma che è stata formulata per essere accettata in fretta. In caso contrario potrebbe essere ritirata. Il primo ministro polacco Donald Tusk, citato dal New York Times, afferma che «Per la prima volta ho sentito dalla bocca dei negoziatori americani che gli Stati uniti avrebbero garantito la sicurezza dell’Ucraina in modo tale che i russi non avrebbero avuto alcun dubbio sul fatto che la risposta americana sarebbe stata militare se avessero attaccato nuovamente».

ZELENSKY, che oggi parteciperà in video-conferenza al Consiglio europeo dove si dovrebbe decidere sull’uso degli asset russi congelati per il suo Paese, ha chiarito che tali proposte saranno finalizzate «entro pochi giorni» prima di essere consegnate alla parte russa dagli inviati di Trump. Intanto il Cremlino ha fatto sapere che dal 16 ottobre il presidente Usa e il suo omologo russo non si sono più parlati al telefono, probabilmente in attesa di sviluppi significativi.

Il che riflette in parte l’atteggiamento dei funzionari russi durante gli ultimi giorni: poche dichiarazioni, il più delle volte di elogio a Trump o per ammonire i nemici di una linea rossa sulle trattative. Per Zelensky, tuttavia, la posizione negoziale russa non è ancora cambiata: «Vogliono il nostro Donbass. E noi non vogliamo cederlo». Al massimo a Kiev potrebbero valutare la cosiddetta «zona economica libera», proposta dagli Usa. «E lo sottolineo ancora una volta» insiste il leader ucraino, «zona economica libera´ non significa sotto la guida della Federazione Russa. Né de jure né de facto riconosceremo il Donbass come russo, ovvero la parte temporaneamente occupata».

MA SE PER I RUSSI l’ottenimento delle regioni occupate è una condizione indispensabile per la fine delle ostilità, è difficile capire come ciò possa conciliarsi con la posizione ucraina. La quale, tra l’altro, non ha trovato «alcun consenso su questo tema» con Washington e ciononostante dichiara di essere «nel mezzo dei negoziati di pace più intensi e mirati dall’inizio di questa guerra».

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