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Vigilia di corte di giustizia per Israele che attacca Rafah e spara all’Onu

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La mano armata di Israele su Rafah, la Corte internazionale di giustizia domani a valutare se Tel Aviv ha rispettato le sue disposizioni umanitarie, e un’auto Onu bersaglio di carro armato israeliano con ufficiale di nazionalità indiana ucciso. Guai internazionali in vista per il governo Netanyahu. E guai politici interni.

Vigilia di esame importante

Vigilia di valutazioni importanti, che dovranno essere prese dal massimo organo di giustizia dell’Onu, chiamato a giudicare sulle accuse di genocidio sollevate dal Sudafrica contro lo Stato ebraico. Che coincide con l’ennesima ‘miscalculation’ israeliana, con assassinio. Il colonnello indiano ucciso e il suo assistente si stavano recando all’ospedale europeo di Rafah, quando sono stati intercettati dal fuoco israeliano. Cronaca BBC: «Nessun dubbio Onu che i tiri di un carro armato israeliano abbiano colpito il retro dell’auto, che era chiaramente contrassegnata come veicolo delle Nazioni Unite».

Il Dipartimento di Protezione e Sicurezza delle Nazioni Unite, ha istituito un suo gruppo autonomo d’inchiesta, per appurare come mai sia stato preso di mira un veicolo ampiamente riconoscibile.

L’atto d’accusa tv

Di fondamentale importanza è la testimonianza offerta dallo stesso network televisivo britannico: «I filmati pubblicati sui social media e verificati – dice la BBC – mostrano un veicolo delle Nazioni Unite segnato da molteplici buchi di proiettile, fuori dall’ospedale». L’Esercito israeliano prova a sostenere che il veicolo era stato colpito in una zona di ‘combattimento attivo’, e che non era stato informato del suo percorso. «L’Onu ha invece dichiarato che il veicolo era chiaramente segnalato e che i suoi spostamenti previsti erano stati annunciati in anticipo altre autorità israeliane», smentisce la Tv britannica.

Catena di comando e civili in guerra

Si tratta, quasi sicuramente, della stessa catastrofica ‘liquefazione’ della catena di comando dell’Esercito israeliano, alla quale abbiamo già assistito in altre occasioni. E cioè di iniziative solitarie, individuali, o di marchiani difetti di trasmissione di ordini e soprattutto, di regole d’ingaggio travisate. Che portano, come risultato finale, ad aprire il fuoco, indiscriminatamente, su tutto ciò che si muove. Senza fare un’accurata selezione dei bersagli. E questo è specialmente vero per i reparti composti da ‘riservisti’, cioè dai civili che si ritrovano, da un giorno all’altro, in guerra.

Corte Internazionale di Giustizia

Problemi di giustizia internazionale, di bersagli sbagliati sul campo di battaglia, e problemi politici interni allo stesso vertice israeliano. L’ala destra nazional-religiosa del governo Netanyahu, quella rappresentata da Otsma Yeudith (Potere Ebraico), di Itamar Ben-Gvir; e da Tzionut Datit (Partito Sionista Religioso) di Bezalel Smotrivh, in particolare non fa altro che evocare strategie radicali contro i palestinesi, a cominciare dalla loro ‘ricollocazione’. Termine ambiguo che puzza di pulizia etnica, mal mascherata. Ciò che sta avvenendo a Gaza, ma anche quello che si verifica, quasi sotto silenzio, quotidianamente in Cisgiordania.

Degenerazioni politiche, che a parere di molti violano le clausole di comportamento imposte a Israele dalla Corte Internazionale di Giustizia, si dovranno esprimere i giudici dell’Aja: preliminare significativo sul percorso del giudizio finale.

Accuse sempre più gravi

All’attenzione della Corte internazionale una nuova petizione del Sudafrica che chiede «misure provvisorie aggiuntive e la modifica di quelle già prescritte dalla Corte». Una strategia giuridica mirata: sgretolare, a colpi di ‘prescrizioni aggiuntive’ imposte da magistrati internazionali e super partes, la linea di difesa politica di Israele. Più ‘prescrizioni aggiuntive’ si sommano e più scomoda si fa la posizione dello Stato ebraico. Perché, questo potrebbe significare non solo che le accuse hanno credibilità, ma anche che le direttive della Corte, costretta a reiterarle, non vengono rispettate.

In definitiva, il Sudafrica sta tenendo il fiato sul collo alla Corte, presentando continuamente richieste di ‘prescrizioni aggiuntive’ (è già la terza volta). E le giustifica con la catastrofica situazione sul campo, che è sotto gli occhi di tutto il pianeta. O qualcuno pensa il contrario?

 

16/05/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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