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‘Vizietto’ Usa in America latina. Da Panama al Venezuela

‘Vizietto’ Usa in America latina. Da Panama al Venezuela

Politica estera

13/12/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

‘L’ultima volta che gli Stati Uniti deposero un governo in America Latina’ il titolo serio del Post. Col seguito di una domanda maliziosa: «Nel 1989 invasero Panama dopo anni di ostilità crescenti, per rimuovere un dittatore: vi ricorda qualcosa?». Gli Stati Uniti aumentano le pressioni sul Venezuela contro il presidente Maduro per cercare di rovesciarlo. In effetti l’ultima volta che gli Stati Uniti deposero un governo dell’America Latina le cose andarono più o meno così. Quel paese era Panama, e l’invasione iniziò alla fine del 1989.

Prima del Venezuela fu Panama

Maduro accusa l’amministrazione di Donald Trump di creare le condizioni per un possibile incidente, la scusa per invadere il paese e destituirlo. Senza neppure inventarsi qualcosa di nuovo. «Alla fine del 1989 gli Stati Uniti avevano accusato il dittatore panamense Manuel Noriega di essere coinvolto nel traffico di cocaina negli Stati Uniti, come ora accusano Maduro di essere a capo di un cartello del narcotraffico. Avevano approvato sanzioni contro Panama, aumentato le pressioni su Noriega e la presenza militare nel paese, in particolare per proteggere il Canale di Panama, che gli Stati Uniti amministrarono fino al 1999. A Panama gli Stati Uniti avevano anche diverse basi militari per assicurare il loro controllo sul canale».

Noriega prima e più di Maduro

Sempre dal Post. Noriega era un militare che guidò l’esercito panamense dal 1983 al 1989, di fatto, l’uomo più potente del paese. Molto vicino al governo degli Stati Uniti, ma le cose cambiarono nel giugno del 1987, quando un suo ex collaboratore lo accusò di vari crimini, tra cui la pianificazione di omicidi politici e del traffico di cocaina verso gli Stati Uniti. In quel momento il governo di Panama era formalmente guidato da Eric Arturo Delvalle, ma era Noriega a esercitare vero il potere. Le accuse nei confronti di Noriega causarono grosso imbarazzo per il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, visti i legami che aveva con lui. Negli anni Ottanta il governo statunitense aveva approvato misure aggressive contro il narcotraffico, riassunte nell’espressione “Guerra alle droghe” (The war on drugs). Allora il crack, una droga a base di cocaina, al posto dell’attuale fentanyl.

La giustizia Usa

Nel 1988 il dipartimento di Giustizia statunitense incriminò Noriega per traffico di droga. Anche Maduro nel 2020 è stato incriminato negli Stati Uniti per traffico internazionale di droga, e come capo di una presunta organizzazione terroristica, il ‘Cártel de los Soles’, accusata del traffico di cocaina negli Stati Uniti (sull’esistenza di questo cartello in realtà ci sono parecchi dubbi). Nell’aprile del 1988 Reagan impose sanzioni economiche contro Panama, fine di ogni aiuto e il congelamento dei beni posseduti dai cittadini panamensi negli Stati Uniti. L’idea era che le peggiori condizioni di vita dei panamensi avrebbero spinto alla ribellione. Ed iniziarono a inviare più soldati nelle loro basi di Panama. Per mesi però gli Stati Uniti evitarono un impegno militare diretto, sperando che il cambiamento di governo potesse avvenire in altri modi.

Colpi di Stato a Panama

Nel marzo del 1988 ci fu un primo colpo di stato contro Noriega, che fallì. Alle elezioni presidenziali del maggio del 1989 vinse il candidato dell’opposizione, Guillermo Endara Galimany. Noriega però annullò le elezioni. L’opposizione organizzò alcune proteste, che vennero represse con violenza. A ottobre ci fu un secondo tentativo di colpo di stato da parte di altri militari che si erano ribellati a Noriega, ma nemmeno questo ebbe successo. Il 15 dicembre Noriega si fece nominare capo esecutivo del governo, e fece approvare dal parlamento lo stato di guerra con gli Stati Uniti. Stati Uniti con posizioni sempre più dure nei confronti del regime panamense, ma erano ancora restii a intervenire: il golpe dell’ottobre del 1989 era fallito anche perché l’esercito statunitense non aveva aiutato gli oppositori.

Soldato sacrificale e ‘just cause’

Ma il 16 dicembre l’esercito di Panama uccise un soldato statunitense, che non indossava l’uniforme e aveva forzato un posto di blocco. I militari panamensi avevano ferito un altro militare statunitense, e ne avevano arrestato un terzo insieme alla moglie: erano stati entrambi interrogati e avevano subito maltrattamenti. A quel punto il nuovo presidente statunitense George W. Bush decise di iniziare un’operazione militare. Operazione Just Cause, ‘giusta causa’. La reazione necessaria dopo tante posizioni dure, che il non intervenire sarebbe apparso come un segnale di debolezza per Bush. «That was enough» («adesso basta»), disse Bush riferendosi all’uccisione del militare statunitense.

Invasione, ma il Venezuela non è Panama

Gli Stati Uniti schierarono circa 25mila militari e l’invasione durò poche settimane: Noriega venne catturato e portato negli Stati Uniti, dove venne processato e rimase in carcere fino al 2007. È stato giudicato colpevole di diversi reati, tra cui traffico di droga, riciclaggio di denaro e associazione a delinquere. Nell’invasione morirono 23 soldati statunitensi e alcune centinaia di soldati panamensi. Ma la situazione in Venezuela è più complessa. Innanzitutto perché il paese è grande 12 volte Panama e ha risorse superiori. In Venezuela gli Stati Uniti non hanno basi militari, e intervenire più complicato (stanno ammassando le proprie forze in mare). Inoltre Maduro fin dall’inizio di questa crisi è stato molto attento a non provocare incidenti con gli Stati Uniti, con messaggi pacifisti e cercando anche di stabilire un canale di comunicazione diretto con Trump, con cui ha parlato al telefono la scorsa settimana.

Tra spaccio e pirateria

Ma Trump è ‘creativo’: «Spazio aereo da considerarsi chiuso», e i marines all’arrembaggio della nave ‘Skipper’ in un video pubblicato su X dalla procuratrice generale Pam Bondi. Pirateria in diretta, con militari calati sulla nave da un elicottero e poi muoversi sul ponte con le armi puntate: immagini spettacolari dell’assalto a una petroliera – «la più grande mai sequestrata», ha sottolineato Trump – al largo delle coste venezuelane. Ragione ufficiale «eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio proveniente da Venezuela e Iran». E le provocazioni si allargano, anche se la procuratrice Bondi, precisa che il sequestro, «avvenuto in acque internazionali, sarebbe stato condotto ‘in modo sicuro e protetto’, senza fare vittime», riposta il manifesto.

Replica facile di Maduro e il Nobel dubbio

«La dimostrazione di quali siano le «vere ragioni della prolungata aggressione contro il Venezuela. Non è la migrazione. Non è il narcotraffico. Non è la democrazia. Non sono i diritti umani. Si è sempre trattato delle nostre ricchezze naturali, del nostro petrolio, della nostra energia, delle risorse che appartengono al popolo venezuelano». I poi l’immagine: «Clamoroso fallimento dello spettacolo politico messo in scena a Oslo»: per quanto le contestazioni all’assegnazione del Nobel per la Pace alla leader dell’opposizione María Corina Machado. Alla domanda su un suo appoggio a un intervento militare statunitense, più volte dichiarato, la Nobel ha questa volta evitato di rispondere in maniera diretta: il Venezuela «è già stato invaso», ha detto, accusando il governo Maduro di lasciar operare in tutta libertà agenti russi e iraniani, gruppi terroristi, guerriglia colombiana, cartelli della droga e chi più ne ha più ne metta.

Escalation di minacce verso cosa?

  • Ma se il cerchio si stringe sempre più attorno a Maduro, le minacce di Trump superano anche i confini del Venezuela. Nel mirino è finito pure il presidente Gustavo Petro, con il quale, del resto, i rapporti sono sempre stati tra il male e il pessimo: «La Colombia – ha affermato mercoledì il tycoon – produce molta droga, quindi è meglio che si faccia furbo, altrimenti sarà il prossimo. Spero che stia ascoltando: sarà il prossimo».
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