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«Vogliamo lavorare», il grido degli operai di Genova

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Lavoro

05/12/2025

da Il manifesto

Laura Nicastro

Ex Ilva Le tute blu di Cornigliano in sciopero. Occupata Brignole, prefettura zona rossa. La polizia si scaglia contro i manifestanti. La sindaca Salis e il governatore Bucci tra i lavoratori

La rabbia e la frustrazione per un futuro fosco sono racchiuse in una frase urlata contro le grate e gli alari della polizia: «Ci dovete arrestare tutti. Noi vogliamo lavorare». Parole arrivate nel momento più teso del corteo dei lavoratori dell’ex Ilva di Genova Cornigliano che, nel giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici, si sono scontrati con la polizia davanti alla Prefettura. Prima i caschetti gialli sbattuti contro le grate messe a protezione del palazzo del governo, poi il lancio di fumogeni, a cui gli agenti hanno risposto con i lacrimogeni uno dei quali ha colpito in testa un operaio. Poi gli alari sfondati con una sorta di muletto, per finire con l’occupazione di due banchine della stazione Brignole.

ALLA QUARTA GIORNATA di agitazione nel capoluogo ligure, che ha visto nei giorni scorsi l’occupazione dell’aeroporto Colombo e il corteo in autostrada fin sul ponte San Giorgio costruito dopo il crollo del Morandi, la tensione è alta.

SONO PIÙ DI CINQUEMILA i lavoratori in strada secondo i sindacati, quattro mila per la Digos. La città è blindata, la Prefettura zona rossa. Ad aprire la manifestazione lo striscione: «Genova lotta per l’industria». Dietro, le bandiere della Fiom, della Fim Cisl. «In questo momento stiamo lavorando davvero poco – dice rassegnato un addetto al ciclo latta, in servizio dal 1998 – anche se siamo quelli che in teoria dovremmo lavorare un po’ di più». Tra le tute blu che sfilano c’è l’amarezza di essere arrivati a un punto «così basso come non mai per la presentazione di un piano che di fatto vuole chiudere le verticalizzazioni che sono le lavorazioni dopo la creazione del rotolo a Taranto», spiega un altro lavoratore con la felpa della Fiom.

LA MATTINATA VIENE scandita dagli slogan «Genova è l’Ilva, l’Ilva è Genova». La protesta di certo non finisce qui, come conferma Matteo alla guida di un “dito”, il muletto industriale usato per spostare ralle di acciaio: «Andremo ancora avanti finché non ci daranno una risposta». Da Cornigliano al centro di Genova tutto scorre liscio. Ma quando i manifestanti arrivano davanti allo schieramento delle forze dell’ordine la tensione esplode: «Vergogna!», «Fate schifo!» e poi cori contro il governo e il ministro Adolfo Urso.

Subito dopo gli scontri arriva la denuncia della Cgil. «Siamo allibiti e preoccupati da quanto accaduto oggi a Genova e chiediamo al prefetto di rendere conto non solo ai manifestanti ma a tutta la città di cosa sia accaduto, perché è stato impedito l’arrivo in Prefettura e perché i manifestanti sono stati raggiunti da lacrimogeni lanciati ad altezza uomo. Esacerbare gli animi in un momento così critico per il lavoro e nei confronti di operai che chiedono di mantenere il loro posto di lavoro è un atto gravissimo».

LE RAGIONI DELLA PROTESTA le illustra Armando Palombo, della Fiom Cgil, in corteo anche lui in mezzo ai lavoratori. «La filiera produttiva tra Taranto e Genova non va interrotta. Perché questa sarebbe la morte dell’industria siderurgica italiana».

A SFILARE CON I LAVORATORI anche la sindaca Silvia Salis, da giorni al fianco degli operai. Una presenza che lei stessa definisce doverosa e indispensabile. «Domani (oggi, ndr) andiamo a Roma a chiedere non solo le 45 mila tonnellate che ci hanno promesso per arrivare fino a fine febbraio, ma soprattutto chiederemo che la vertenza passi a un tavolo superiore. C’è bisogno di risposte, soprattutto sul futuro. Lo Stato deve entrare in questa gara affinché, se dovesse andare deserta, ci sia una continuità produttiva che permetta di far rimanere attrattivi questi stabilimenti. E non diventi poi una guerra tra poli del Nord e di Taranto. Se non c’è un piano del governo ci chiediamo cosa succederà ai nostri lavoratori ex Ilva? Cosa si produrrà a Genova? Stiamo dando via un altro pezzo d’industria, uno degli ultimi italiani? Noi vogliamo solo delle risposte. Le risposte del ministro Urso non sono state quelle che ci aspettavamo».

IN STAZIONE ARRIVA anche il presidente della Regione, Marco Bucci: «Continuiamo a lavorare affinché l’acciaio venga prodotto in Italia, quello che si fa a Genova è quello che si fa per l’Italia. Continueremo a lottare affinché l’acciaio speciale venga prodotto a Genova, questo è l’obiettivo». Oggi anche lui sarà a Roma, ma mette un po’ le mani avanti: «Non posso dirvi che tornerò vincitore, però vi dico che tutti i giorni lavoriamo per questo obiettivo. Lavoriamo con Taranto affinché il materiale arrivi a Genova ma dobbiamo cominciare a lavorare anche con altri produttori per avere qui altre forniture di acciaio che possano essere trasformate in latta e zincato».

INTANTO URSO IERI, in videocollegamento con le istituzioni territoriali piemontesi, ha rassicurato che «non vi è alcun piano di chiusura semmai di rilancio e ripresa produttiva». Lo capiranno meglio i lavoratori che da ieri pomeriggio sono tornati a Cornigliano e dove rimarranno in attesa della riunione di Roma.

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