ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

‘Volenterosi’ a rischio bancarotta e Ue bluffano col riarmo

‘Volenterosi’ a rischio bancarotta e Ue bluffano col riarmo

Politica Estera

15/09/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

Francia, Germania, Uk: i giganti del riarmo hanno i piedi d’argilla. Un debito pubblico in crescita, un’economia stagnante, la pressione a incrementare la spesa militare. Con piccole variazioni inseguono Germania e Gran Bretagna. Problema Von der Leyen ai vertici Ue, e la dimensione reale della rincorsa al riarmo.

Francia campione all’incontrario

La ricetta più classica delle crisi politiche che oggi vive la Francia: ‘tagliare la spesa senza spegnere una crescita che già oggi sfiora lo zero’. Ma la crisi francese non è isolata. In Germania, l’esecutivo Cdu-Spd ha raddoppiato la spesa militare e nelle infrastrutture, ma a costo di un deficit a 126 miliardi nel 2029, con i sondaggi che danno l’estrema destra di AfD quasi alla pari con i cristiano-democratici. Oltremanica, il Labour di Keir Starmer se la passa quasi peggio. Dalla vittoria larghissima di un anno fa è crollato ai minimi storici per popolarità, e la sinistra interna medita rivolte (o di andarsene col neopartito di Jeremy Corbyn). Con un debito pari al 103% del PIL, il governo ha tentato di ridurre il Welfare per finanziare la difesa per la sua partecipazione alla Coalizione dei Volenterosi in Ucraina. E ora il Reform Party di Nigel Farage, l’uomo della Brexit dato più volte per morto, è in testa ai sondaggi.

Giganti dai piedi d’argilla

La frattura tra le promesse di riarmo e la realtà economica e sociale il comune denominatore in tutti questi ‘giganti dai piedi d’argilla’, come li chiama il politologo Lorenzo Castellani su InsideOver. E i partiti radicali, sia a destra sia a sinistra, contestano l’aumento delle spese militari e chiedono di concentrarsi sui problemi interni, dall’immigrazione al degrado della vita civile, avverte Paolo Mussetti. «Per Washington, si tratta di scegliere lo scenario più affidabile: non fidarsi troppo delle promesse europee sul riarmo e tenersi stretti gli alleati storici, oppure cavalcare il risentimento delle destre populiste per destabilizzarne i governi?».

Episodi oscuri e pessimi segnali

Ed ecco che anche episodi apparentemente marginali, come il cosiddetto ‘caso bulgaro’ – il presunto disturbo GPS al volo di Ursula von der Leyen, subito attribuito a Mosca ma poi smentito da Sofia – finiscono per riflettere la fragilità inaffidabile della politica europea. La Commissione ha approfittato di quello che si può definire ‘un false flag’ per invocare più difesa comune, ma i governi nazionali alla prese col consenso elettorale restano divisi e l’opinione pubblica decisamente scettica. La Polonia, antirussa storica, non vuole Kyiv nella Nato, e il governo tedesco ha rimproverato la connazionale presidente Ue di ‘straparlare’ di peacekeeping europeo in Ucraina.

Retorica spaccona ed emarginazione geopolitica

«L’Europa Von der Leyen oggi si trova sospesa fra retorica geopolitica spaccona e una sostanziale emarginazione geopolitica, con austerità e populismi in crescita proprio come dieci anni fa». Ed ecco che si svelano le bugie: altro che ‘Eurocrisi superata’, come ci si augurava con Joe Biden. «Di diverso, rispetto alla crisi dei debiti sovrani, c’è solo il boom di spese militari. Una condizione che rischia di minarne credibilità e stabilità. Mentre il possibile collasso dell’Ucraina richiederebbe coesione e risorse. I cui frutti potrebbero finire nelle mani dei partiti anti-sistema che si credevano sepolti dal Covid e dalla guerra».

Ue all’ombra di Trump, inarrestabile tramonto

Intanto il Sud globale regola i conti con l’egemonia occidentale mentre l’Europa con il riarmo e le sole promesse, insidiata dai nazionalismi, vive il tramonto dei diritti acquisiti e delle garanzie democratiche. «Il suo tramonto», sottolinea Marco Bascetta sul manifesto. «Sul tramonto dell’Occidente ci si angustia e si dibatte da più di un secolo, ciononostante l’Europa si presenta del tutto impreparata di fronte alle circostanze del suo prosaico accadere. La frattura tra le due sponde dell’Atlantico è approfondita e incrudelita da Trump, ma è ben radicata nei fattori di crisi che hanno logorato la potenza americana».

Unione europea e Stati Uniti

Dopo il 1945 l’Europa non è riuscita ad immaginarsi che all’interno di un Occidente a guida statunitense. Oggi peggio, con la chiusura di ogni possibile interlocuzione con la Russia: «il grande vicino dell’Est senza il quale, pur attraverso vicende conflittuali, la storia europea non avrebbe il suo passato e nemmeno il suo futuro, vieta all’Unione europea di conseguire un peso rilevante su uno scacchiere globale in rapido movimento». L’alleanza con l’America costa cara, e peggio, «garantisce sempre di meno ed impedisce di attraversare in piena libertà i rapporti globali, di guardarsi intorno alla ricerca di nuove opportunità».

America e democrazia?

L’ideologia Maga e Trump spingono gli Stati Uniti verso forme sempre più autoritarie, sulla scia di Cina, India e Russia, storicamente ‘svincolate da obblighi democratici’. Con l’Europa che si atteggia a bastione della democrazia, ma senza offendere Trump (‘chiamandolo per quello che effettivamente è’). Mentre pesa sempre di più il dilagare di forze reazionarie e nazionaliste in quasi tutto il continente. ‘E l’Europa priva di identità politica comune cerca ora di supplire con mastodontici programmi di riarmo, peraltro perseguiti su base nazionale’, denuncia ancora Marco Bascetta.

L’Ue Von der Leyen in crisi

Il cosiddetto Sud globale con al suo centro la Cina di Xi, la seconda potenza nucleare del mondo rappresentata dalla Russia di Putin e paesi del peso dell’India o del Brasile. «Mentre l’Unione europea, con il suo centro franco-tedesco, insidiato dalle destre in costante ascesa, attraversa una fase di estrema instabilità politica. Con la presidente della Commissione sbilanciata a destra mentre, con le sue promesse di rilancio economico e di riscossa geopolitica, l’Europa sta vivendo un suo proprio tramonto dell’Occidente, dei diritti acquisiti e delle garanzie democratiche. E finirà così col rimanere comunque subalterna e impastoiata nel campo imprevedibile, e con buona probabilità perdente, di Donald Trump».

Dazi, bilancio, welfare, monta la protesta

La presidente dei Socialisti e democratici a Strasburgo, García Pérez, contro l’accordo con Trump. «L’accordo verbale tra Bruxelles e Washington è una cosa, metterlo in atto è un’altra», avverte Andrea Valdambrini. La bocciatura dell’accordo sui dazi segue una lunghissima fase di malessere dei socialisti europei: la maggioranza alternativa con le destre con cui il Ppe vota sui ‘temi valoriali’ e smonta il Green deal, la procedura d’urgenza richiesta dalla Commissione per approvare il piano di riarmo, contro cui l’Eurocamera fa ricorso alla Corte di Giustizia. E i piani di bilancio pluriennale aumentano il budget per la difesa a svantaggio delle politiche sociali.

Corsa al riarmo

Rapporto dell’Agenzia Europea per la Difesa: lo scorso anno sono andati in armi 343 miliardi. Nel 2024, la spesa per la difesa dei 27 Stati dell’Ue ha raggiunto i 343 miliardi: un aumento del 19% rispetto al 2023. In autunno il Parlamento europeo tornerà a discutere il «Programma per la prontezza difensiva entro il 2030», un eufemismo per occultare il «piano per riarmare l’Europa da 750 miliardi di euro (di cui 650 a carico degli Stati, cioè dei contribuenti)», al quale è stato cambiato nome per non inquietare le opinioni pubbliche e legittimare i prossimi tagli dello Stato sociale o l’aumento delle tasse, o entrambe le cose.

E la nostra povera Italia?

Per l’Italia l’obiettivo folle del 3,5% del Pil richiesto da Bruxelles e da Washington già a partire dall’anno prossimo. Investimenti in armi, mezzi, munizioni, costi operativi, stipendi e pensioni del personale delle forze armate, missioni internazionali e il sostegno militare all’Ucraina. L’Italia dovrà trovare nuove risorse finanziarie tra i 6-7 miliardi, ogni anno per dieci anni. Un impegno decennale di spesa di quasi 700 miliardi di euro. In 10 anni la spesa militare annua passerà dagli attuali 35 miliardi agli oltre 100 miliardi di euro.

Ursula e Kaja

  • Per fortuna c’è ancora chi denuncia l’idea per cui la politica si fa con le armi, come «l’addetta alla politica estera Ue». L’estone Kaja Kallas avverte che «si stanno mobilitando tutte le leve finanziarie e politiche a disposizione per sostenere gli Stati membri e le aziende europee in questo sforzo». Minaccia finale, «Questa deve essere l’era della difesa europea. Non ci fermeremo qui». ‘Noi chi?’. In conto di chi parla Kallas, con quale mandato e verso quale obiettivo europeo condiviso?  Oltre un verto livello, anche la stupidità diventa un’arma micidiale.
share