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Xi-Putin e la dottrina Kissinger a rovescio

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Alla parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca, l’ospite più importante di Vladimir Putin è il leader cinese Xi Jinping. Una presenza molto significativa, considerato che si celebra l’80º anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale, che Occidente e Russia stanno ricordando in maniera drasticamente separata.

 

Guerra mondiale e mondo in russo e in cinese

La visita di Xi ha un peso notevole, che va molto al di là del semplice galateo diplomatico. Diventa un’occasione per valutare il grado di tenuta (e di possibile allargamento) della partnership strategica tra le due grandi potenze. Entrambi hanno buon gioco a rivendicare, davanti al mondo, il contributo di sangue e di sofferenze offerto nella sconfitta del nazismo tedesco e del militarismo giapponese. Si stima che circa 27 milioni di cittadini sovietici morirono nel corso della guerra, mentre più di 35 milioni di cinesi persero la vita, durante l’invasione giapponese. Ieri, intanto, Putin ha ricevuto Xi al Cremlino e, secondo le notizie comunicate alla stampa sull’incontro, ha sottolineato che oggi i soldati dell’Esercito popolare di liberazione cinese costituiranno il più grande contingente militare straniero che prenderà parte alla parata del Giorno della Vittoria.

Le relazioni russo cinesi

«La fratellanza militare tra i due Paesi, sviluppatasi durante gli anni della guerra, è uno dei fondamenti delle moderne relazioni russo-cinesi. Insieme ai nostri amici cinesi -ha detto il leader russo- custodiamo fermamente la verità storica, proteggiamo la memoria degli eventi degli anni della guerra e contrastiamo le moderne manifestazioni di neonazismo e militarismo». Russia e Cina oggi, per Putin debbono «rafforzare l’amicizia ed espandere la cooperazione formulata da Russia e Cina sulla base di un’interazione strategica che non è contro nessuno». Un tentativo di rassicurare Trump su eventuali secondi fini antiamericani? Forse, visto che le parole di Xi Jinping, invece, hanno lasciato trasparire una forte vena di irritazione contro quello che viene percepito come il suprematismo di Washington.

Difficile triangolo Russia-Cina-Trump

«Oggi, di fronte ai flussi unilateralisti e agli atti di politica di potenza e di intimidazione sulla scena internazionale -ha detto Xi Jinping- la Cina si unirà alla Russia nell’assumersi le speciali responsabilità di Paesi importanti e membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Non solo. Come riporta il South China Morning Post di Hong Kong, Xi non poteva non parlare dei dazi doganali, anche se non ha affrontato il tema in modo diretto. «La Cina è disposta a collaborare con la Russia per assumersi le speciali responsabilità che questo momento le affida e per mantener la stabilità e il buon funzionamento del sistema commerciale multilaterale globale, delle catene industriali e delle catene di approvvigionamento». La risposta di Putin ha riguardato la ‘dedollarizzazione’, cioè il tentativo di togliere dalle mani degli americani una delle chiavi del loro monopolio commerciale. «I legami economici tra le due nazioni -scrive il Post- si sono approfonditi anche grazie ai pagamenti effettuati in valute nazionali. Ciò, ha affermato Putin, ha reso possibile un sistema di commercio protetto in modo affidabile dall’influenza dei Paesi terzi e dalle tendenze negative dei mercati mondiali».

Priorità diverse ma strategia comune

Dunque, oltre tutte le possibili ‘cointeressenze’ strategiche tra la Russia e la Cina contemporanee, le priorità, in questo momento, sembrano diverse. Putin ha particolarmente sottolineato la collaborazione militare. E per ovvii motivi. Il respiro particolare dato dal leader cinese alla sua visione delle moderne relazioni internazionali, invece, sta nel rilancio della globalizzazione, non solo in senso economico, ma anche e soprattutto nella sfera geopolitica. «Difenderemo con risolutezza – ha promesso  Xi – i diritti e gli interessi della Cina, della Russia e del vasto numero di Paesi in via di sviluppo e lavoreremo fianco a fianco per promuovere un mondo multipolare, equo e ordinato e una globalizzazione economica universalmente vantaggiosa e inclusiva». Si tratta di un vero e proprio appello al Sud del pianeta, visto come sponda ideale per rispondere alle politiche di ‘containment’ dell’Occidente.

Staccare la Russia dalla Cina o la Cina dall’Europa?

In quest’ottica, allora, come può essere interpretato lo sviluppo della partnership tra le due grandi potenze euroasiatiche, che hanno molti interessi in comune, ma anche molta polvere nascosta sotto i tappeti? Il consiglio è quello di evitare letture affrettate, che potrebbero far pensare a un ‘effetto rebound’, rimbalzo nelle relazioni sino-russe dell’attuale filosofia strategica della Casa Bianca. In sostanza, molti analisti vedono nell’acquiescenza politica di Trump verso Mosca, una sorta di riedizione della dottrina Kissinger, elaborata però al contrario. Questa volta cioè, il tentativo di Washington sarebbe quello di isolare Pechino. Per questo, Trump e la sua squadra di ‘arrabbiati anti-cinesi’, sono pronti a sacrificare non solo l’Ucraina, ma anche i rapporti privilegiati fin qui avuti con l’Europa. In questa finestra di opportunità, potrebbero cercare di infilarsi i nipotini di Confucio, per rimodellare il quadro delle intese commerciali internazionali.

Per esempio: se Donald Trump vuole staccare la Russia dalla Cina, pensano a Pechino, perché non tentare di fare lo stesso con l’Europa, e ‘aiutarla’ a raffreddare i suoi rapporti con l’America del protezionismo più sconclusionato? 

09/05/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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