25/11/2025
da Remocontro
Ucraina e il suo presidente su un vulcano che brontola. Campi di battaglia traballanti, e corruzione verso i vertici dello Stato. E la montagna di soldi occidentali si fa sempre più sofferta. ‘Cultura cleptocratica ucraina che risale all’era sovietica’, per rovesciare le colpe. E l’Europa ‘donatrice’ forzata? Piero Orteca senza sconti: «dietro la strategia di delirante riarmo del Vecchio continente c’è solo il business». Una prova inappellabile? Appena si sono rafforzate le prospettive di pace, il complesso militare-industriale è uscito con le ossa rotte dai mercati azionari.

Alla bocca del vulcano
Non solo la combattiva Ucraina, ma anche il suo ostinato Presidente, Volodymyr Zelensky, sono sull’orlo di un vulcano in ebollizione che potrebbe esplodere in qualsiasi momento. Perché il problema della nazione non è solo quello legato ai campi di battaglia del Donbass, dove le linee di difesa di Kiev sono sempre più traballanti e in pericolo di crollare. No, alla difficile situazione operativa militare si unisce la crisi del fronte interno. Con una vecchia minaccia che torna clamorosamente alla ribalta e colpisce al cuore lo stesso governo Zelensky: la corruzione. Una deriva devastante, specie per un Paese che riceve un gigantesco ammontare di aiuti finanziari dall’Occidente (e dall’Europa in particolare) e che avrebbe dunque l’obbligo di una trasparenza contabile assoluta. Anche perché i fondi che arrivano a Kiev sono pure frutto del lavoro di tutti i contribuenti del Vecchio continente. Ai quali prima o dopo, gli elettori chiederanno le dovute spiegazioni, esprimendo poi un giudizio inappellabile.
Zelensky e la corruzione
Dunque, «L’inchiesta sulla corruzione in Ucraina si avvicina sempre di più a Zelensky» titola seccamente (e in modo inquietante) il Wall Street Journal. «L’indagine ha raggiunto livelli più alti in Ucraina e più vicini al Presidente stesso rispetto a qualsiasi altra durante il suo mandato», scrivono in un articolo mai così violento Ian Lovett e Nikita Nikolaienko. «Circa 70 residenze in tutta l’Ucraina sono state perquisite – dice il WSJ – nell’ambito dell’indagine penale in cui sono state arrestate cinque persone. Tymur Mindich, ex socio in affari del Presidente Volodymyr Zelensky e uno degli accusati ufficialmente, è ancora latitante fuori dall’Ucraina». Il problema, si chiedono negli Stati Uniti (i principali finanziatori dell’Ucraina assieme all’Europa) è di capire se qualcuno lo abbia avvertito, dicendogli che stava per essere arrestato. Secondo il WSJ è quanto sostiene Semen Kryvonos, direttore dell’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina, l’agenzia indipendente di polizia che ha condotto l’operazione, in un’intervista video ai media ucraini. «Questo fatto deve essere indagato», ha commentato, facendo sorgere ulteriori sospetti. «Le accuse di corruzione – prosegue l’articolo del WSJ – hanno irritato gli ucraini che stanno affrontando le difficoltà della guerra e ora rappresentano la minaccia più evidente alla leadership di Zelensky dai tempi del fallito tentativo della Russia di conquistare Kiev all’inizio del 2022. L’indagine ha raggiunto i livelli di governo più alti – e più vicini allo stesso Zelensky – di qualsiasi altra da quando ha assunto l’incarico. Gli attivisti anticorruzione affermano che l’operazione fa parte di una lotta generazionale per smantellare la cultura cleptocratica ucraina che risale all’era sovietica. Sebbene Zelensky sia salito al potere con la promessa di porre fine alla corruzione endemica, gli attivisti ora si chiedono se sia ancora convinto di questa idea».
Tangenti e business dell’energia
Ma le notizie più esplosive arrivano direttamente da un giornale ucraino, il Kiev Indipendent, che si è sempre distinto per la sua autonomia dal potere centrale. E che spesso dà una narrazione più realistica dei fatti, senza farsi invischiare in una sterile retorica nazionalistica. Il Kiev Indipendent scrive delle cose che talvolta possono non piacere all’attuale governo ucraino, ma che vanno tollerate (a denti stretti), perché se il Paese si autodefinisce ‘democratico’ è obbligato a rispettare la libertà di stampa. Premesso ciò, non stupisce che anche l’Indipendent snoccioli fatti e nomi da restare a bocca aperta. «L’ex Ministro della Giustizia Herman Halushchenko – scrive il giornale – è stato interrogato dall’Ufficio nazionale anticorruzione il 21 novembre, ha riferito una fonte delle forze dell’ordine. Halushchenko è indagato dalla NABU nell’ambito di un caso che coinvolge la società nucleare statale Energoatom, la più grande indagine per corruzione durante la presidenza di Volodymyr Zelensky. Otto sospettati sono stati incriminati e Tymur Mindych, stretto collaboratore di Zelensky, ne sarebbe il presunto capo. Il 19 novembre, il Parlamento ucraino ha approvato le dimissioni di Halushchenko dall’incarico di Ministro della Giustizia a seguito dello scandalo di corruzione. Lo stesso giorno è stata licenziata anche la Ministra dell’Energia Svitlana Hrynchuk, presumibilmente implicata nel caso. Halushchenko è stato Ministro dell’Energia dal 2021 al 2025 e a luglio è stato nominato Ministro della Giustizia».
Gli ucraini sono furiosi
«Secondo gli investigatori della NABU – chiarisce il WSJ – invece Mindich, che aveva co-fondato una società di produzione con Zelensky prima di diventare Presidente, era il capo di un'organizzazione criminale” che sottraeva 100 milioni di dollari attraverso la società statale ucraina per l’energia nucleare, Energoatom. Zelensky non è stato nominato nell’inchiesta per corruzione e non è stato accusato di alcun illecito. Quando gli investigatori hanno reso pubblici i dettagli delle indagini, come la fuga notturna di Mindich e le registrazioni audio dei sospettati che discutevano su come trasportare al meglio grandi quantità di denaro contante, gli ucraini sono diventati furiosi. Durante la guerra – conclude il WSJ – i cittadini della classe media e operaia hanno donato per aiutare le unità militari ad acquistare droni o veicoli. Ora, molti sospettano che i loro leader si stessero arricchendo mentre i poveri ucraini facevano sacrifici».
La prova del nove
- E allora? Noi abbiamo ragione e i sedicenti ‘patrioti europei’ hanno sfacciatamente torto (forse in malafede). Dietro la strategia di delirante riarmo del Vecchio continente c’è solo il business. Una prova inappellabile? Ieri, non appena si sono rafforzate le prospettive di pace in Ucraina perché la situazione sul campo di battaglia, per Zelensky, sta diventando insostenibile, è successo ciò che andiamo vaticinando da anni: il complesso militare-industriale è uscito con le ossa rotte dai mercati azionari. «Le azioni delle aziende europee della difesa e i prezzi del gas crollano dopo che Stati Uniti e Ucraina hanno discusso il piano di pace» ha titolato tranchant il britannico Guardian. «Le azioni delle aziende europee del settore della difesa sono crollate all’inizio delle contrattazioni – ha scritto il giornale – e anche i prezzi all’ingrosso del gas sono scesi, dopo che funzionari di Washington e Kiev hanno tenuto colloqui nel fine settimana a Ginevra su come porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia»

