16.08.25 - New York City, USA
da Pressena
Le recenti sparatorie a Manhattan due settimane fa e a Brooklyn questa settimana hanno riacceso il familiare dibattito su “legge e l’ordine” nella politica newyorkese. Com’era prevedibile, le voci dell’establishment – il sindaco Eric Adams, l’ex governatore Andrew Cuomo e i loro alleati nei grandi media – si sono affrettate a presentare queste tragedie come una giustificazione per espandere i poteri della polizia. Il messaggio è vecchio quanto la politica americana stessa: in tempi di disordini sociali, gli elettori devono voltare le spalle ai riformatori e schierarsi con il pugno di ferro dello Stato di polizia.
Per i progressisti come Zohran Mamdani, che ha coraggiosamente chiesto di ripensare il ruolo e il finanziamento della polizia di New York, questa narrativa rappresenta sia una sfida immediata che un’opportunità.
L’establishment non perderà l’occasione di strumentalizzare la paura. Sosterrà che un “principiante” come Mamdani non è adatto al ruolo di sindaco in un momento di crescente violenza. Insisterà che ridurre il budget gonfiato della polizia di New York è un invito al caos e non affronterà mai le vere cause sistemiche della violenza: il facile accesso alle armi, l’aggravarsi delle disuguaglianze, la disperazione economica, l’insicurezza abitativa e l’alienazione dei giovani. La sua “ricetta” resterà la stessa: più potere alla polizia, più sorveglianza, più prigioni, più miliardi sottratti alle scuole, alla sanità, all’edilizia popolare e all’occupazione.
Questo copione è ben collaudato. Ogni volta che i candidati dell’establishment si sentono con le spalle al muro, agitano lo spettro del disordine pubblico per respingere gli sfidanti progressisti. Lo abbiamo visto negli anni ’90, quando “tolleranza zero” è diventato lo slogan vincente. Lo abbiamo visto dopo l’11 settembre con il Patriot Act, una legge che ha sostanzialmente distrutto le libertà civili degli americani. E lo vediamo ora, con un budget della polizia di New York superiore a quello militare di molti Paesi, mentre le scuole pubbliche lottano per ottenere risorse e la crisi degli alloggi peggiora. L’establishment prospera sulla paura, perché la paura disorienta gli elettori e li spinge verso la falsa promessa di una sicurezza autoritaria.
Per Mamdani la posta in gioco è alta. Non è solo un candidato, è anche il simbolo di una visione diversa per New York, una visione in cui le comunità non sono criminalizzate ma responsabilizzate, in cui i soldi pubblici sono investiti nelle persone invece che nella militarizzazione della polizia. Per sopravvivere e vincere, la sua campagna deve contrastare preventivamente la narrativa dell’ordine pubblico dell’establishment prima che questa attecchisca completamente. È una questione urgente.
In primo luogo, Mamdani deve affrontare direttamente le sparatorie con empatia, chiarezza e convinzione. Deve riconoscere il dolore delle vittime e delle loro famiglie, insistendo sul fatto che la soluzione non può essere semplicemente “più polizia”. Deve ribadire con forza che la presenza della polizia non ha impedito queste sparatorie a Manhattan o a Brooklyn. Ciò che impedirà la prossima tragedia è frenare il flusso di armi a New York, affrontare la povertà e la disoccupazione e costruire programmi di prevenzione della violenza basati sulla comunità.
In secondo luogo, la sua campagna dovrebbe evidenziare esempi in cui l’eccessiva presenza della polizia non è riuscita a garantire la sicurezza e contrapporli a iniziative guidate dalla comunità che hanno avuto successo. Ad esempio, i programmi Cure Violence, il tutoraggio dei giovani, i progetti di edilizia popolare e i servizi di salute mentale hanno tutti dimostrato una riduzione misurabile della violenza, senza i cicli di brutalità e sfiducia generati dalla politica del pugno di ferro.
In terzo luogo, Mamdani deve rivendicare il linguaggio della sicurezza. Troppo spesso i progressisti cedono questo argomento ai conservatori, ma la sicurezza non è semplicemente l’assenza di criminalità; è la presenza di stabilità, opportunità e dignità. I quartieri sicuri sono quelli in cui i giovani hanno programmi doposcuola, i genitori hanno un lavoro stabile e le famiglie possono contare sull’assistenza sanitaria e sulla sicurezza abitativa. Riformulando il dibattito, Mamdani può dimostrare che la sua visione non è “morbida con la criminalità”, ma genuinamente dura con le cause profonde della violenza, spiegando alla gente che è così che funzionano oggi i Paesi avanzati di tutto il mondo.
Infine, la sua campagna dovrebbe mobilitare gli alleati e le voci della comunità per parlare con coraggio di questo tema. I sopravvissuti, le organizzazioni di base, i leader degli immigrati e i newyorkesi comuni devono essere in prima linea e dire: “Vogliamo sicurezza reale, non esibizioni poliziesche”. Questa coalizione può smorzare la narrativa dell’establishment e ricordare agli elettori che lo status quo li ha più volte delusi.
Le prossime settimane metteranno alla prova la campagna di Mamdani. L’establishment ha dalla sua parte il denaro, i media e la paura, ma Mamdani ha la gente, i principi e una visione di giustizia. Se la sua campagna riuscirà a trasformare questo momento di paura in una conversazione sulle soluzioni reali, potrebbe cambiare il dibattito non solo nel suo distretto, ma nella politica newyorkese in generale.
E questo avrà un enorme impatto positivo in tutta l’America.