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Bonus e sussidi a tempo non fermano la povertà

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RAPPORTO ISTAT SULLA POVERTÀ. I «poveri assoluti» erano 5,6 milioni nel 2022, come prima del «reddito di cittadinanza» istituito nel 2019. Le decisioni del governo Meloni che ha tagliato e rinominato il sussidio peggioreranno la situazione. E' urgente fare un bilancio di una misura che non ha fermato la povertà e ha funzionato molto meno per il lavoro povero. Serve una misura incondizionata all'interno di una generale trasformazione del Welfare.

Dopo la pandemia, e con l’inflazione alle stelle, nel 2022 l’aumento della povertà è stato contenuto da una serie disorganica ed emergenziale di misure-tampone come i bonus gas ed elettricità che si sono aggiunti al «reddito di cittadinanza» e all’assegno unico universale per i figli. Di certo però non hanno fermato la «povertà assoluta», cioè la condizione di chi non può permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. Secondo l’Istat, che ieri ha pubblicato l’atteso report sulla povertà, questo indicatore ha registrato una crescita rispetto al 2021 (dal 9,1% al 9,7%) per un totale di 2,18 milioni di famiglie e di 5,6 milioni di persone. Resta invece stabile l’incidenza della «povertà relativa» (al 10,9%, nel 2021 era all’11%): riguarda 8,6 milioni di persone, 2,8 milioni di famiglie che lavorano ma sono povere e non hanno una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso. Il «lavoro povero» è cresciuto anche tra le famiglie in «povertà assoluta». Per l’Istat caratterizza un numero crescente di persone che svolgono un lavoro operaio, o «assimilato»: nel 2022 il 14,7%, nel 2021 era al 13,8%. Insomma, un lavoro non basta per uscire dalla povertà.

In «povertà assoluta» ci sono soprattutto le famiglie numerose con tre o più figli, quelle che non hanno la cittadinanza italiana e vivono in affitto. Inquieta anche la condizione degli under 18 tra i quali l’incidenza della povertà, non solo economica ma anche educativa, colpisce 1,2 milioni di bambini e ragazzi. In questi casi la povertà non è solo ereditaria, ma spezza la possibilità di avere un futuro. «Servono provvedimenti immediati – ha detto Raffaella Milano di Save The Children – come ad esempio la gratuità delle mense scolastiche».

Il peggioramento della condizione di «povertà assoluta» è «imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione» ha spiegato l’Istat. I primi segnali in questo senso erano già evidenti nel 2022, nel passaggio temporale tra la crisi pandemica e quella inflattiva. Oltre alla Caritas lo ha raccontato ieri Rosario Valatro, presidente della Croce Rossa Italiana, secondo il quale sono quasi raddoppiati gli aiuti alimentari: sono stati oltre 400 mila i pacchi alimentari consegnati nel 2022, il doppio rispetto al 2022.

Questo significa che l’aumento dei prezzi ha colpito di più la maggioranza dei poveri e le misure di compensazione degli aumenti dei prezzi, insieme ai sussidi esistenti, non hanno frenato e nemmeno fermato l’esclusione sociale. Senza contare il fatto che il totale dei «poveri assoluti», cioè 5,6 milioni di persone, è lo stesso di quello calcolato nel 2019 quando è entrato in vigore il «reddito di cittadinanza» istituito dal governo pentaleghista «Conte 1». Ciò attesta che, in termini statistici, questa misura assai condizionata dal punto di vista fiscale, patrimoniale e temporale ha tutt’al più giocato un ruolo di contenimento della povertà, senza intaccarne le cause e non è servita a diminuire il numero delle persone che versano ufficialmente in questa condizione.

Una simile evidenza è stata occultata nel dibattito pubblico da una stima desunta da una valutazione dell’Istat secondo la quale il «reddito di cittadinanza» avrebbe evitato l’aumento di un milione di poveri in più. Considerando il triennio in cui è stato in vigore questo strumento tutt’altro che «universale» non è servito a diminuire la povertà assoluta già registrata. E non perché fosse sbagliato, ma perché era molto lontano dall’essere incondizionato e perché non è stato accompagnato da una riforma del Welfare, dai servizi pubblici, dagli investimenti sul diritto all’abitare, nella scuola, sulle tutele e sulle garanzie sociali. «Non saranno un buono o uno sconto saltuari a intaccare la piaga della povertà» ha detto Barbara Rosina, presidente del consiglio dell’ordine degli assistenti sociali. «In affitto ci sono 983 mila famiglie in povertà assoluta – sostiene la segretaria di Unione inquilini Silvia Paoluzzi – Occorre incrementare l’edilizia residenziale pubblica attraverso il riutilizzo degli immobili pubblici e privati in abbandono».

L’espulsione dal beneficio del «reddito di cittadinanza» delle persone ritenute «occupabili», decisa dal governo Meloni che lo ha ridimensionato e rinominato in «assegno di inclusione» e «sussidio per la formazione e il lavoro», peggiorerà la situazione. «Certamente non sono i pochi euro della Carta acquisti “Dedicata a te” lo strumento in grado di migliorare le sempre più insostenibili condizioni economiche di troppe famiglie – sostiene Daniela Barbaresi (Cgil) -il governo cerca consenso sull’intolleranza, sull’odio, e colpevolizza i più deboli».

27/10/2023

da Il Manifesto

Roberto Ciccarelli