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L’Italia scende in piazza anche a Times Square- scarpe rosse sul tricolore

L’Italia scende in piazza anche a Times Square- scarpe rosse sul tricolore

INGOVERNABILI. La protesta organizzata a New York: «Sono contenta di vedere qui tutte queste donne che avevano bisogno di stare insieme»

L’eco delle manifestazioni in Italia è risuonato anche a New York, dove alle 11 del mattino una parte della comunità italiana si è radunata a Times Square, facendosi spazio fra i turisti e sfidando il freddo gelido, per aggiungere la propria voce.

L’iniziativa è partita dall’imprenditrice Giada Bardelli che, insieme a Giulia Michieli e Cornelia Pop, fondatrice della community Italian Women Usa, ha lanciato l’idea online. Così a fianco alla famosa scalinata rossa dove chi viene a Times Square si fa un selfie in quella che è una delle piazze più iconiche del mondo, è stato steso un lenzuolo bianco e su di esso una bandiera italiana e delle scarpe rosse.

Davanti a una piccola folla, composta non solo da donne, sono stato letti i nomi delle donne uccise in Italia dall’inizio dell’anno.
«È stato organizzato tutto in tempo record, letteralmente cinque giorni – spiega Bardelli – e sono contenta di vedere qua l’espressione di tutte queste donne che avevano bisogno di stare insieme. Per me questo è un tema importante, e mi tocca personalmente, perché io stessa sono passata attraverso questa esperienza, e ora sono molto fiera di me per essere riuscita a tirare fuori la mia voce e per aver cercato di fare qualcosa per risolvere questo problema. Ci tenevo particolarmente che degli uomini fossero parte di questa manifestazione, in quanto abbiamo bisogno che siano con noi in questa lotta per eliminare il patriarcato tossico che c’è nel nostro paese».

Negli Usa vedi una situazione diversa?, chiediamo. «Vedo più attenzione alla prevenzione – risponde Claudia, expat italiana che vive a Manhattan – Almeno qua a New York si cerca di fare sensibilizzazione e prevenzione, si comincia dalle scuole che sono un luogo importante, si parte dai gender studies per arrivare a parlare delle violenza di genere. Si continua con il linguaggio evitando di vittimizzare le donne che non vengono chiamate “vittime” ma “sopravvissute”. Questo dibattito purtroppo non lo vedo ancora in Italia. Eppure tutti conosciamo qualcuno che ha vissuto queste esperienze terribili, non è propriamente un fenomeno raro».

«Ho deciso di venire all’ultimo momento – spiega Rita – perché mi ha chiamata una mia amica. Vedo quello che sta succedendo in Italia, quanta gente è scesa in piazza. Forse faccio un salto troppo grande, ma mi sembra un “momento George Floyd”, quell’omicidio di troppo dopo il quale non si può più stare a guardare. Per me è importante far sapere in Italia che anche qua, da italiani, sappiamo che c’è un problema che è mondiale ma particolarmente grave in Italia. E sempre come ho imparato qui con il movimento Black Lives Matter, è ora che gli uomini usino i loro privilegi per combattere il patriarcato».

Gli uomini presenti a Time Square ne sono consapevoli, come dice Tommaso, collaboratore di Bardelli che ha aiutato ad organizzare la manifestazione «perché ho avuto la fortuna di essere cresciuto in una famiglia dove gli uomini avevano rispetto per le donne». Anche per altri uomini italiani presenti alla manifestazione il non essere diventati loro stessi vittime della cultura patriarcale è stata una fortuna riconducibile alle loro storie personali. «In Italia servirebbe costruire una società diversa – dice Francesco -, e questo non può essere fatto senza l’aiuto della scuola, dove le ragazze e i ragazzi passano gran parte del loro tempo. Servirebbe questo apporto educativo oltre a quello della famiglia».

Il femminicidio di Giulia Cecchettin e le mobilitazioni che si sono svolte in Italia sono arrivate negli Usa attraverso gli articoli dell’Associated Press, del New York Times, ne ha parlato la Abc. «Anche per i media Usa è facile romanticizzare il vostro paese e perdonargli tutto – dice Andy, avvocata americana sposata con un’italiana – per alcuni sarà uno shock, ma l’Italia è tante belle cose e poi è anche questo: una cultura patriarcale così integrata nel sistema da diventare il sistema stesso, e per liberarsene ci sarà bisogno di manifestazioni e di leggi».