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A Gaza è strage di futuro- oltre le 23mila vittime lo sviluppo nel mondo

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Effetti collaterali della guerra di Gaza, colpita anche la ripresa economica mondiale, avverte il apporto semestrale della World Bank. E se il conflitto dovesse allargarsi a tutto il Medio Oriente, allora il sistema economico globale andrebbe in piana crisi, con effetti potenzialmente devastanti.
Mentre la missione diplomatica di Blinken si avvia verso l’ennesimo fallimento, con tutti gli interlocutori a chiedere un cessate il fuoco seguito da negoziati e al rilancio della soluzione a due stati, Israele -sempre col sostegno Usa- insiste sulla «distruzione di Hamas». Costi quello che costi. 
E costerà molto caro, a tutti. Nuovo bilancio al 95esimo giorno di guerra, 23.210 palestinesi uccisi e 59.167 feriti.

Bilancio tragico di vite e di futuro

Il Global Economic Prospect della Banca Mondiale, che due volte l’anno sintetizza lo stato di salute del pianeta, ha dovuto basare le sue considerazioni 2024, partendo dai nuovi scenari apocalittici mediorientali. Fino al punto di far titolare al New York Times: «La Banca mondiale avverte di un aumento dei prezzi dell’energia, se si dovesse diffondere la guerra in Medio Oriente». Dalla tragedia umana, al futuro di chi resta, che lega elementi strettamente finanziari a fattori più squisitamente geopolitici e strategici.

Il decennio delle occasioni perdute

«Il decennio delle occasioni perdute», come lo definiscono gli esperti della World Bank, nel quale il pianeta è rimasto, praticamente, quasi fermo a livello di crescita. Allo stato attuale delle cose, il Pil globale dovrebbe scendere da uno stimato 2,6% a un 2,4%. L’economia mondiale è stata stretta nella morsa di una tempesta perfetta, che le ha impedito di svilupparsi, di produrre ricchezza e di redistribuirla. Dopo i colpi della pandemia e i contraccolpi dovuti alla interruzione della catena degli approvvigionamenti produttivi, quelli dell’inflazione e quelli relativi agli alti tassi di interesse, adesso si fatica ancora a uscire dal vortice delle crisi.

«Sebbene l’economia globale sia stata sorprendentemente resiliente – scrive il New York Times – il rapporto avverte che le sue previsioni sono soggette a una maggiore incertezza a causa delle due guerre (Ucraina e Gaza), della debolezza dell’economia cinese e dei crescenti rischi di disastri naturali causati da riscaldamento globale».

Medio Oriente e Ucraina

«Il recente conflitto in Medio Oriente, che si è aggiunto all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa – si legge nel rapporto WB – ha aumentato i rischi geopolitici. L’escalation potrebbe portare a un aumento dei prezzi dell’energia, con implicazioni più ampie per l’attività globale e l’inflazione». Sebbene siano stati fatti dei progressi nel contenimento dell’inflazione, nuovi pericoli minacciano ora la ripresa di tutto il pianeta, ma soprattutto dei sistemi più fragili. Come sempre i Paesi più a rischio quelli del Terzo mondo, «con costi di finanziamento elevati e volumi commerciali anemici che gravano sulle loro economie»

Rotte dell’energia e commercio internazionale

Quando la Banca Mondiale parla di rischi geopolitici, si riferisce anche a scenari di crisi ipotizzabili, che potrebbero coinvolgere le principali rotte di navigazione. Nel caso specifico ci si riferisce allo Stretto di Hormuz, che dà accesso al Golfo Persico, e a quello di Bab-el-Mandeb, che dal Golfo di Aden porta al Mar Rosso, fino al Canale di Suez. Si tratta di due ‘colli di bottiglia’ di fondamentale importanza per il pianeta, da cui passano notevoli rifornimenti energetici e di materie prime. In queste ultime settimane, in particolare, è stata la navigazione nel Mar Rosso a essere messa a rischio dai guerriglieri yemeniti Houthi, sostenuti dall’Iran.

Il mondo globalizzato in un’unica crisi

«Gli attacchi a due dozzine di navi da novembre, stanno costringendo le compagnie di navigazione a capire se e quando saltare il Canale di Suez – scrive il NYT – e inviare navi in viaggi più lunghi intorno all’Africa». È chiaro che una soluzione di questo tipo, già scelta da diversi armatori, fa salire i costi dei trasporti, dei premi per i rischi assicurativi e dilata a dismisura i tempi di consegna di materie prime e semilavorati per l’industria europea. Come ha dichiarato al New York Times Marco Forgione (dell’Istituto per l’esportazione e il commercio internazionale), siamo ormai nell’era in cui anche la catena di approvvigionamento globale diventa un’arma strategica.

Gli stretti geografici e le strette della piccola politica

Il mancato controllo dei due Stretti di cui parlavamo prima, può consentire anche a gruppi ostili di mettere in ginocchio il commercio mondiale e di fare impennare i prezzi finali dei beni. Penalizzando i consumatori che vivono a migliaia di chilometri dall’area di crisi considerata. E, siccome le disgrazie non arrivano mai da sole, anche il Financial Times, ieri, nel suo articolo dedicato al Rapporto della Banca Mondiale, ha voluto ricordare che pure le previsioni del Fondo Monetario Internazionale erano già cupe prima della guerra di Gaza.

Adesso, però, vista la fallimentare diplomazia contemporanea, quasi impotente, il quadro economico tende addirittura a farsi decisamente più buio.

10/01/2024

da Remocontro

Piero Orteca