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«Mille euro al mese agli anziani». Ma è solo propaganda di governo

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BALLE DI PALAZZO. L'assegno andrà «solo a poche migliaia dei 3,3 milioni di persone non autosufficienti», denuncia lo Spi Cgil. Meloni parla di «oltre un miliardo» di risorse. Sono la metà e vengono da fondi già esistenti 

«Mille euro al mese in più agli anziani». La notizia ha campeggiato ieri dall’ora di pranzo fino a sera su tutti gli organi di informazione. Ed è basata sulle dichiarazioni dei ministri e del comunicato di palazzo Chigi post Consiglio dei ministri. È stata seguita dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni che si è detta «orgogliosa per il Patto sulla terza età» e per «più di 1 miliardo di euro in due anni e l’avvio della sperimentazione di una prestazione universale che consentirà di aumentare di oltre il 200% l’assegno di accompagnamento degli anziani più fragili e bisognosi: diamo finalmente risposte concrete ai bisogni dei nostri oltre 14 milioni di anziani, ai non autosufficienti e alle loro famiglie».

Fin qui la propaganda del governo Meloni. La realtà è molto diversa. Ciò che il consiglio dei ministri ha varato ieri è il primo Decreto legislativo della legge nazionale sulla non autosufficienza. La norma quadro è stata approvata il 3 marzo 2023 (legge 33) dopo una lunghissima gestazione ed è figlia della battaglia decennale dei sindacati dei pensionati che chiedevano tutele ed assistenza per i 3,3 milioni di persone non autosufficienti e le loro famiglie. Come tutte le «leggi quadro» è una cornice a cui mancano risorse e norme attuative.

In questo primo decreto viene previsto questo strumento, definito erroneamente «prestazione universale». Si tratta di un «assegno di assistenza» «finalizzata a remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, svolto da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona» «o l’acquisto di servizi destinati al lavoro di cura e assistenza e forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale».

I BENEFICIARI SONO SPECIFICATI nell’articolo precedente, il 35. I paletti sono molto stretti: «un’età anagrafica di almeno 80 anni; un livello di bisogno assistenziale gravissimo, un valore Isee non superiore a euro 6.000».

La definizione di «gravissimo» sarà in capo all’Inps che valuterà cartelle cliniche e pareri medici.

QUANTI DEI 3,3 MILIONI di persone non autosufficienti potranno usufruirne? «Non più di qualche migliaio», stima Stefano Cecconi dello Spi Cgil. Si tratta dello 0,3% del totale. Anche raffrontando i 342 mila pazienti delle strutture socio-assistenziali la percentuale si alza solo fino al 3%.

Ma non è finita qui. Per capire la sproporzione della propaganda di governo va sottolineato che la misura partirà solo dal 2025 e durerà, «in forma sperimentale», solo fino al 2026.
Passando all’«oltre un miliardo» dichiarato da Meloni, per confutarlo basta leggere l’articolo 40 del decreto stesso. Nelle «Disposizioni finanziarie» si legge: «per la sperimentazione della prestazione universale, quantificati in 500 milioni di euro, di cui 300 milioni di euro per l’anno 2025 e 200 milioni di euro per l’anno 2026, si provvede a valere su: Fonfo nazionale per le non autosufficienza (Fna) per 150 milioni di euro; 250 milioni di euro Piano nazionale inclusione e lotta alla povertà 2021-2027; 100 milioni di euro residui a valere sulla Missione 5, Componente 2, Riforma 2.2, Investimenti 1.1, 1.2 e 1.3 del Pnrr».

DUNQUE SI TRATTA SOLO DI 500 milioni, la metà di quanto dichiarato dalla presidente del consiglio, e, ancor più grave, si tratta di fondi sottratti ad altri capitoli di spesa e Pnrr. E assolutamente non aggiuntivi, come invece sostiene il governo.

«Si tratta di una operazione propagandistica senza precedenti – denuncia il segretario nazionale dello Spi Cgil Stefano Cecconi – . Pur di rispettare la scadenza prevista dalla legge quadro di presentare i decreti attuativi entro il 31 gennaio, hanno fatto le cose in fretta e in un decreto omnibus senza risorse».
In questo modo la legge rimane una scatola vuota senza risorse, esattamente quanto chiedevano di evitare i sindacati. «Mancano poi i decreti previsti sulla facilitazione all’accesso ai servizi del territorio e, soprattutto, la riforma delle Rsa, che durante il Covid hanno dimostrato di necessitare di un radicale cambiamento», continua Cecconi.

«FINALMENTE IL GOVERNO ha presentato il primo decreto legislativo di attuazione della legge 33. Ora si avvia l’iter che prevede l’intesa in Conferenza unificata (Regioni e Comuni) e il parere del Parlamento. Ma certo non sono accettabili annunci e promesse sui finanziamenti per attuare la legge. Occorre un progressivo e consistente incremento dei fondi, sociali e sanitario, per la non autosufficienza. Sappiamo bene che per fronteggiare seriamente l’invecchiamento della popolazione è fondamentale aumentare anche le risorse: le attuali non sono assolutamente proporzionate ai bisogni. Milioni di persone non possono più aspettare», dichiarano unitariamente Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp

26/01/2024

da Il Manifesto

Massimo Franchi