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Sull’auto il governo non sa che fare, Meloni in un vicolo cieco. Urso attacca l’azienda e Giorgetti stronca la partecipazione pubblica “Meglio in Ferrari”

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Sull’auto il governo non sa che fare, Meloni in un vicolo cieco. Urso attacca l’azienda e Giorgetti stronca la partecipazione pubblica 

Rimane sempre alta, altissima la tensione tra il governo e Stellantis. “Se a dicembre la Volkswagen ha superato nelle vendita in Italia Stellantis, se i cittadini italiani hanno preferito acquistare un’auto prodotta all’estero, piuttosto che una fatta in Italia, a fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo ma dell’azienda”, ha detto ieri il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Sarà un problema di marketing? Di modelli appetibili? Ma è un problema dell’azienda che evidentemente ha bisogno di rivedere le proprie politiche. Lo facessero”, ha aggiunto.

PROVOCAZIONE

Intanto perde quota l’ipotesi che lo Stato possa entrare nell’azionariato del gruppo. Che quella di Urso – ovvero la disponibilità offerta agli Agnelli di una partecipazione pubblica – fosse una provocazione perché il governo non avrebbe alcuna intenzione di entrare davvero nell’azionariato di Stellantis, ma, d’altra parte, neppure da parte di Exor è stata mai ventilata l’ipotesi di cedere quote (oggi la holding degli Agnelli è il principale azionista della casa italo francese con il 14,2%), ce lo fa capire bene il ministro dell’Economia.

“Lo stato in Stellantis? Io entrerei in Ferrari”, dice Giancarlo Giorgetti buttandola in caciara. Mentre una nota ufficiale della Lega avverte: “Le aziende che per anni hanno incassato miliardi non si permettano di minacciare o ricattare”. Mentre Forza Italia con la deputata Chiara Tenerini, responsabile dipartimento lavoro, fa sapere che la vera sfida è sulle garanzie dei livelli occupazionali più che l’ingresso dello Stato.

STRADA DIFFICILE

Se il governo peraltro volesse oggi acquisire una quota pari al 6,1% – uguale a quella che il governo francese detiene attraverso Bpi, l’equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti – dovrebbe pagare ai valori di Borsa attuali 4,1 miliardi di euro. Nel frattempo Bpi, che come Exor e Peugeot è azionista di lungo corso di Stellantis, dopo tre anni di possesso della quota, ha chiesto e ottenuto di aumentare i diritti di voto in assemblea. Quindi oggi il governo francese ha un peso pari al 9,6%. Con lo stesso meccanismo Exor è salita al 23,13% e Peugeot all’11,1%.

Questo vuol dire che se anche acquisisse il 6,1% spendendo 4,1 miliardi il governo italiano non avrebbe lo stesso peso del governo francese. Per raggiungere il 9,6% il governo italiano dovrebbe sborsare, come ha calcolato Repubblica, 6,4 miliardi di euro. L’ipotesi piace però tanto al Pd di Elly Schlein quanto al M5S di Giuseppe Conte. “Si studi concretamente la strada della partecipazione pubblica per incidere sulla strategia aziendale”, ha ribadito la leader dem ieri. “Se l’Italia deve continuare a sentirsi imporre da Stellantis aiuti e contributi vari, è chiaro che una presenza dello Stato nel capitale della società si rende necessario”, ha affermato il vicepresidente del M5S, Mario Turco.

L’idea seduce anche la Cgil. “Chiediamo a Meloni in persona di scendere in campo convocando un incontro con Stellantis e i sindacati a Palazzo Chigi: gli incentivi di per sé non risolvono e c’è bisogno di una logica di intervento più forte. In Francia è presente lo Stato. Torniamo a chiedere che anche lo Stato italiano entri”, dice il leader Maurizio Landini. Per il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, “il governo ha poche idee e confuse sulla politica industriale. Come si fa a pensare che vendiamo un pezzo di Poste, un pezzo di Eni e poi compriamo un pezzo di Stellantis. Servono coerenza, chiarezza e scelte strategiche”. Il leader Cisl, Luigi Sbarra, ricorda a Stellantis che “gli incentivi sono risorse pubbliche e non regalìe”.

04/02/2024

da La Notizia