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Crimini di guerra figli di ordini e di comandanti indegni

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La ‘Intelligenza artificiale’, su cui scaricare parte dell’eccidio di Gaza: crimini di guerra figli sempre della crudeltà umana. A sei mesi esatti dal 7 ottobre, oggi riparte il dialogo indiretto tra Hamas e Israele, ma la distanza è enorme. Mentre Gaza tocca quota 33.137 uccisi, a Tel Aviv a migliaia manifestano contro Netanyahu: un’auto di sostenitori del premier investe cinque manifestanti, uno è grave. A Gaza sei mesi di «umanità tradita». E dal negoziato poche speranze.
Martin Griffiths, il capo di Ocha (l’agenzia Onu per gli affari umanitari) li ha chiamati un «tradimento dell’umanità» i sei mesi in cui Gaza è stata cancellata. Ha parlato di oltraggio globale a cui, però, non pare esserci fine. A sei mesi esatti dal 7 ottobre, dall’attacco di Hamas e l’inizio dell’offensiva su Gaza, sono ridotte al lumicino le speranze che oggi al Cairo i negoziati indiretti tra Hamas e Israele conducano a una via d’uscita. Il leader politico del movimento palestinese Ismail Haniyeh ha detto che aderirà alla «posizione presentata il 14 marzo al consiglio di Sicurezza Onu: ‘cessate il fuoco completo…’

                                                 

Il famigerato ‘ordine dei commissari’

Il 6 maggio 1941, prima dell’attacco all’Unione Sovietica, da parte dell’alto comando dell’esercito tedesco fu emanato l’ordine segreto 44822/41 in base al quale i commissari politici dell’Armata Rossa, se catturati, non avrebbero dovuto seguire in prigionia gli altri soldati sovietici nel timore che potessero suscitare rivolte nei campi di concentramento od organizzare evasioni, o più semplicemente che continuassero ad esercitare una qualsiasi influenza sui prigionieri in mano ai tedeschi. In pratica ne fu autorizzata l’eliminazione diretta in assenza di processo.
Dopo i processi di Norimberga non si parlò più diffusamente delle atrocità del fronte orientale, ma solo nel 1995 – quando fu allestita in Germania una mostra itinerante dedicata ai crimini di guerra della Wehrmacht – se ne riprese a discutere ampiamente.

Italiani brava gente, ma non troppo. «Qui non si fucila abbastanza!»

Dopo l’occupazione della Jugoslavia nell’aprile 1941 da parte delle forze dell’Asse, il paese fu diviso in aree di occupazione: agli italiani toccarono la parte sud-occidentale della Slovenia (Lubiana), un allargamento delle province di Zara e Fiume e le Bocche di Cattaro, mentre il Montenegro – che pure fu occupato – divenne un protettorato italiano. Ben presto però, soprattutto dopo l’attacco all’Unione Sovietica, nelle zone occupate si sviluppò un forte movimento di resistenza.
Le prime azioni militari di contrasto cominciarono nell’autunno dello stesso anno: nel corso di rastrellamenti o rappresaglie si ebbero circa un centinaio di vittime civili. La situazione peggiorò nel corso dell’inverno: alla fine di febbraio del 1942 l’intera città di Lubiana fu circondata da una rete di filo spinato e in questo periodo furono fucilati ancora oltre cento civili, tra i quali anche semplici sospetti. Per combattere la resistenza furono impartiti poi ordini severissimi; il 1° marzo 1942 il generale Mario Roatta, comandante della 2a Armata italiana, scrisse testualmente: «Alle offese dell’avversario si deve reagire prontamente e nella forma più decisa e massiccia possibile. Il trattamento da fare ai partigiani non deve essere sintetizzato nella formula ‘dente per dente’ ma bensì da quella di ‘testa per dente».
Stesso concetto poi ribadito dal generale Mario Robotti che in agosto scrisse: «Qui si ammazza troppo poco». Dopo la guerra, nonostante una richiesta jugoslava di estradizione per crimini di guerra nei confronti dei due generali, non furono mai consegnati: Roatta fuggì in Spagna e Robotti rimase indisturbato a casa sua.

Gli Einsatzgruppen

Diversa la controversa questione dei cosiddetti ‘Einsatzgruppen’ (gruppi operativi) che operarono in Polonia a partire dal 1939 e nei paesi baltici, in Bielorussia e Ucraina dal 1941. Di fatto non era stato emanato alcun ordine specifico sulla loro attività, né era stata ancora avviata ufficialmente la cosiddetta ‘soluzione finale’ della questione ebraica decisa nella conferenza di Wannsee (nei pressi di Berlino) a gennaio 1942. Compito degli Einsatzgruppen, mai dichiarato ufficialmente se non durante il processo di Norimberga, era l’eliminazione fisica di ebrei, zingari o altri avversari politici (primi fra tutti i quadri del partito comunista o i resistenti) mediante fucilazioni di massa, rudimentali camere a gas mobili o anche suscitando nelle popolazioni locali violenti pogrom ‘spontanei’ come avvenne in Polonia.
L’esistenza o meno di un ordine di sterminio è comunque una questione di lana caprina, perché l’addestramento generale impartito parlava di ‘eliminazione’ degli elementi ostili, il che aveva un unico significato. In Lituania, nella foresta di Paneriai, a una dozzina di chilometri da Vilnius, con l’aiuto di collaborazionisti locali, furono eliminate decine di migliaia di persone nella stragrande maggioranza ebrei lituani, ma anche docenti universitari, professionisti od oppositori del nazismo. I corpi delle vittime furono interrati in enorme fosse comuni, ma all’avvicinarsi dell’Armata rossa, furono riesumati, cremati e risepolti mescolando le ceneri alla sabbia. A tutt’oggi la cifra delle vittime è incerta e varia dalle cinquantamila alle settantamila persone.

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