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Revelli: “Strizza l’occhio ai pacifisti. Ma la Lega è schierata con Putin”

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Revelli: nel Carroccio si tifa per una delle parti in guerra. "Mentre i media silenziano chi critica la deriva bellicista".

In un mondo sempre più in guerra, la corsa agli armamenti diventa anche un tema elettorale in vista del voto delle europee di giugno. Marco Revelli, storico e politologo, c’è una corsa elettorale per ottenere i voti dei pacifisti?
“Purtroppo temo di no, temo che il pacifismo che è molto diffuso nell’opinione pubblica non abbia dei grandi sponsor politici. Sicuramente non tra le forze politiche più consistenti. L’unica lista che a me sembra sinceramente pacifista, e che ha nel proprio nome e nel proprio certificato di nascita l’obiettivo di combattere l’ondata bellicista che dilaga, sia quella di Santoro, con un buon gruppo di figure che indiscutibilmente si sono battute fin dall’inizio contro le armi e per la pace”.PACE TERRA DIGNITA'

Invece i grandi partiti? Lo fanno anche solo a livello elettorale?
“No, sinceramente non lo vedo, se non per qualche furbesca strizzata d’occhio. Lo vedo poco. Il partito che meno degli altri si è accodato all’ondata bellicista è stato il Movimento 5 Stelle, che ogni tanto ha puntato un poco i piedi, ma più a parole che nei fatti. Perché poi le politiche sono passate con un consenso trasversale, molto ampio. Non lo fa sicuramente il Pd che è zeppo di bellicisti: la stessa proposta di candidare una figura limpida come Tarquinio ha incontrato resistenze”.

La Lega e Salvini invece stanno puntando su quest’onda pacifista a fini elettorali?
“No, perché la Lega non sta per la pace, sta per una delle due parti in guerra. Credo che nessuno caschi in questo equivoco secondo il quale Salvini oggi sia un uomo di pace, è un uomo di Putin”.

Quella di Salvini è speculazione?
“Le tattiche furbesche appartengono al profilo dell’uomo, di Matteo Salvini, che da sempre strizza l’occhio nel modo più impudico, a cominciare dai rosari sbandierati per qualche voto a queste finte posizioni per la pace che in realtà sono per una parte in guerra”.

C’è poi, per esempio, la contraddizione di cercare i voti pacifisti ma allo stesso tempo tentando di candidare alle europee un generale come Vannacci…
“È una contraddizione in termini così plateale da dimostrare che dei valori non gliene importa assolutamente nulla, anzi è un grande cultore dei disvalori. Poi se riesce a raccattare qualche voto da qualche ingenuo lui ci prova”.

Poi c’è il Pd, diviso tra pacifisti e un’area molto ampia che è vicina alle posizioni del governo sulle armi: è una contraddizione che avrà un prezzo alto da pagare?
“Ma non c’è dubbio che il Pd viene da una storia non encomiabile, in particolare la fase renziana non è stata una semplice parentesi. Dalla fuoriuscita di Renzi il Pd non è uscito immacolato. Un partito che, per un periodo non piccolo della sua vita, si è consegnato mente e cuore a una figura come quella di Matteo Renzi è un partito che era malato prima e non è uscito risanato dall’esodo renziano, perché buona parte di quelle scorie gli sono rimaste dentro. Non sono solo quelle più contrarie a una politica di pace, sono anche il partito degli affari, sono anche la pratica furbesca, la spregiudicatezza politica, l’inaffidabilità rispetto alle promesse fatte, sono una quantità di vizi che hanno caratterizzato il profilo renziano e che sono rimasti in grandissima parte dentro il Pd. E sono quelli che oggi hanno le posizioni più oltranziste sul tema degli armamenti, sull’accettazione piena di quella guerra che contrasta con il nostro articolo 11 della Costituzione. Non dimentichiamo che non soltanto la componente Margherita, ma anche la stessa componente ex Pci ha una vocazione per le armi sconcertante. Una volta veniva considerata una componente infetta del panorama industriale la parte dei mercanti d’armi, se noi guardiamo gli organigrammi dell’industria degli armamenti oggi, invece, c’è finito un bel pezzo di ex Pci. Non sono casi isolati. Questa è una degenerazione di una cultura politica che pesa, gli elettori non sono stupidi e nemmeno disinformati”.

C’è da dire, però, che il tema della pace da solo non basta. Per esempio Santoro e Avs sono le liste più gradite dai pacifisti, ma poi non li voteranno alle europee. Gli elettori decidono il loro voto puntando su tematiche che ritengono più vicine?
“Sì e fanno male, perché quale tema ci riguarda più in prima persona della nostra sopravvivenza fisica? Questa deriva autodistruttiva che attraversa i vertici della politica occidentale, a cominciare dall’Europa, questo vento di follia che tira a Bruxelles senza un minimo di riflessione su cosa è stato il fondamento dell’Europa, nata per mettere a bando la guerra e una politica basata sugli armamenti. E oggi i leader europei mettono da parte il green deal per sostenere un war deal. Un corso basato sulla corsa agli armamenti, proclamata senza una minima consapevolezza di ciò che questo comporta, cioè una brutale mutazione del Dna di questo continente, ne segna l’inevitabile declino. Peraltro è una pretesa velleitaria, perché non riusciremo mai a stare a quello che gli Stati Uniti ci chiedono. Fanno malissimo gli elettori a non mettere questo fattore della guerra, delle armi, al primo posto delle loro scelte, prima ancora delle pensioni o del reddito e dell’inflazione. Se il conflitto esce di controllo non ci saranno più pensioni né inflazione”.

Una campagna elettorale per conquistare questi elettori pacifisti pagherebbe?
“Se venisse condotta in termini chiari, netti, non ambigui, non da strizzatina d’occhio per poi fare scelte opposte, se fosse fatta con chiarezza, pagherebbe. Come sono sicuro che pagherebbe una politica come quella fatta da Michele Santoro se fosse conosciuta, ma sono silenziati, sono tenuti a margine della gara da un sistema dei media che li esclude”.

In queste indicazioni di voto, secondo lei gli elettori si fanno influenzare dai partiti e dai leader e diventano pacifisti?
“Sono elettori di buon senso, perché non è necessario essere degli strateghi politici per capire che questo è il primo fattore di una scelta elettorale, non vengono influenzati dai leader politici perché nessuno li influenza e sono elettori orfani perché nessuno, tra gli attori in gioco, risponde al loro progetto di pace. C’è solo il Papa, credo che se si candidasse otterrebbe molti voti”.

16/04/2024

da La Notizia

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