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Giulio Marcon
28/03/2020
da Sbilanciamoci
Il sistema industriale ha praticamente chiuso e rimangono in piedi le attività economiche e produttive necessarie e indispensabili. E tra queste - secondo il governo- ci sono le fabbriche delle armi: cacciabombardieri F35, bazooka, carri armati. I lavoratori ci stanno ad ammalarsi per curare i malati negli ospedali, per garantire le pulizie delle strade, per guidare i mezzi pubblici, ma vale la pena rischiare di ammalarsi per montare la fusoliera di un cacciabombardiere o la torretta di un cingolato?
Dopo l’ultimo decreto del 23 marzo i ministri della Difesa Lorenzo Guerini e dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli hanno scritto una lettera all’AIAD (una sorta di confindustria dell’industria militare) riconoscendo la strategicità, “l’apicale importanza” delle produzioni che il governo ha voluto salvaguardare, “tutelando appieno” l’operatività di queste imprese, tra cui quelle militari. Poi, in modo pilatesco, i due ministri si appellano alle industrie federate all’AIAD per valutare se concentrare “l’operatività sulle linee produttive ritenute maggiormente essenziali e strategiche, e di contro, rallentare per quanto possibile l’attività produttiva e commerciale con riferimento a tutto ciò che non sia ritenuto, del pari, analogamente essenziale”.
Fantastico. Lasciamo decidere a voi, dice il governo. E questo è inaccettabile: alle altre imprese, ai cittadini si si impongono obblighi stringenti. Alle industrie delle armi si dà la massima libertà di decidere quello che gli fa più comodo. Tra l’altro nella lettera dei due i ministri si auspica che comunque ogni decisione delle imprese coinvolte venga presa con le rappresentanze sindacali territoriali. Si auspica, proprio così.
Le campagne Sbilanciamoci, Rete Disarmo e Rete della Pace hanno protestato e chiedono di bloccare subito queste produzioni. Ci si può ammalare per produrre mascherine e ventilatori per la terapia intensiva, ma per un F35 e un mitragliatore, proprio no. Ma gli armieri di fronte al business non si fermano.
Cosa c’è di strategico, di necessario, di urgente in tutto questo? Per i cittadini, i lavoratori, per il paese proprio niente.